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I bambini ai tempi del Coronavirus

di Gemma Brandi

27 MAR - Gentile Direttore,
cosa ne è dei piccoli italiani chiusi in casa? Vi sono confinati per proteggerli e per proteggere i loro genitori, i loro nonni, i loro insegnanti, i loro amici e fornitori dal rischio di un contagio al quale, per dirla con l’espressione eloquente di una amica spagnola, basta il pensamiento per attaccarci, un virus quindi particolarmente goloso delle nostre cellule polmonari, dei rosei alveoli che ci consentono gli scambi di ossigeno e anidride carbonica, il carico e lo scarico del carburante che tiene in vita gli organismi viventi. In questi anni a subire attacchi senza difese da parte di agenti esterni sono state, in Italia, alcune piante: delle palme ha fatto strage il punteruolo rosso, degli olivi la xylella. Adesso è la volta dell’uomo, come quei poveri alberi esposto all’assalto di un agente assai patogeno e veloce.
 
Intanto occorre distinguere tra i piccoli che hanno una famiglia amorevole e quelli immersi in conflitti domestici soffocanti. Questi ultimi pagheranno un fio altissimo sotto il profilo psicologico, a causa di un confino duraturo e inevitabile. Non potranno godere degli ammortizzatori sociali che talora riescono ad attutire i colpi della vita: la scuola, lo sport, i giochi con i coetanei, la mamma gentile di un amico. Gli insegnanti conoscono le situazioni più fragili e a queste dovrebbero dedicare idee e tempo, magari chiamando gli interessati, parlando con i loro genitori, creando una rete amichevole virtuale intorno agli alunni chiusi in casa.
 
Ci sono poi i piccoli che hanno affetti sani, ma vivono in povertà: povertà di spazi, di giocattoli, di mezzi di comunicazione, addirittura di cibo che diventerebbe scarso senza mense. Per questi andrebbero messi a disposizione fondi che permettano alle loro famiglie di sostentarli in un passaggio altrimenti più che faticoso, disperato. Occorrerebbe includere nel pacchetto di aiuti un tutoraggio di tutti i membri del nucleo, affinché siano educati al movimento possibile in ogni palestra e dunque in tutte le abitazioni. Fare attività motoria con mamma e papà potrebbe rivelarsi addirittura divertente, una scoperta comunicativa e salutare nuova.
 
Il vero danno che rischia di riguardare tutti i bambini discende da facili e diffuse annunciazioni di traumi irrimediabili a loro carico. Di tali profezie di sventura sedicenti esperti cominciano a riempire le pagine. Per essermi occupata a lungo di donne detenute, talora accompagnate da figli in tenera età, mi è dato sostenere, fuori dei luoghi comuni sull’argomento, che quei bambini erano sereni per il fatto di trascorrere tutto il loro tempo, seppure molte ore in cella, con la mamma e talvolta con coetanei che condividevano la medesima sorte. La possibilità sempre più ampia data loro di godere di momenti esterni, in compagnia di volontari, non ha certo nuociuto a quelle creature meno fortunate di altre. A farli soffrire irrimediabilmente, disperatamente era la separazione dalla madre, una volta superata l’età limite per restarle accanto, quando per la donna non fosse arrivato contestualmente il termine del percorso detentivo. La diade mamma-bambino, se funziona, funziona in qualsiasi situazione, anche contro gli effetti deprivanti da coronavirus.
 
Potremmo dire che funziona anche troppo, e così veniamo al secondo danno che potrebbe investire piccoli costretti a lungo in casa, che perdono in tal modo i loro riferimenti esterni, i passi verso la emancipazione dai vincoli originari che cominciano per tutti ben presto: le ore trascorse con parenti o tate in sostituzione dei genitori; le ore trascorse all’asilo o a casa di amici in erba; le ore trascorse in attività sportive più o meno all’aperto; l’incontro con i fiori, i frutti, gli animali. D’improvviso, questo filo rosso che prepara il salto necessario fuori della famiglia, si rompe. Dovrà essere riallacciato o andrà mantenuto attraverso strategie di conservazione tutte da inventare. A tale invenzione dovrebbero dedicarsi educatori ed esperti di infanzia. E anche la disciplina, una organizzazione del tempo che includa l’impegno, anche queste sono preziose acquisizioni da mantenere. L’ozio è il padre dei vizi, e dunque la domanda da porsi è come tesaurizzare un allenamento costato lacrime e sangue -lo sanno bene maestri e genitori- magari trovando forme domestiche di training.
 
Mettere il bambino al centro della costruzione di una nuova routine potrebbe aiutare anche l’adulto a trovare una via di scampo dal potenziale stress odierno: “Mi sono svegliato e ho aperto la finestra. Lascia che questo momento difficile vada via” auspicava Yusuf Atilgan, novelliere turco. Ecco, occorre svegliarsi, aprire la finestra del nostro pensiero e lasciare che le difficoltà di ora sfumino, costruendo una eredità del poi non soltanto negativa. La cosa vale per tutti, bambini e adulti, giovani e vecchi, ricchi e poveri, senza con questo voler dire che i mezzi, non solo finanziari, ma intellettuali, vitali, affettivi, emotivi, siano identici. Il problema è comunque per tutti quello di evitare la disperazione dell’animale chiuso nella sua tana. 
 
Gemma Brandi
Psichiatra psicoanalista
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto


27 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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