C’è un problema nei PS, ma non è colpa del territorio né degli accessi “impropri” 

C’è un problema nei PS, ma non è colpa del territorio né degli accessi “impropri” 

C’è un problema nei PS, ma non è colpa del territorio né degli accessi “impropri” 

Gentile Direttore,
Le scrivo perché vorrei rispondere con alcune riflessioni al suo articolo pubblicato su Quotidiano Sanità il 3 ottobre, dal titolo “Se il territorio non filtra il Pronto soccorso va in affanno. Oltre metà degli accessi riguarda codici verdi e bianchi”. Il tema affrontato attraverso l’analisi dei dati Agenas 2022 è molto delicato, visto che dietro la parola “territorio” che “non filtra” in pratica ci sono i professionisti sanitari che lo presidiano, in primis i medici di medicina generale. E dall’interpretazione di questi numeri emerge una valutazione negativa del lavoro di tanti colleghi da cui mi permetto di dissentire completamente.

Per prima cosa, oggi manca una definizione scientifica chiara di “accesso improprio” al Pronto soccorso. Nella letteratura medica non esiste una definizione univoca. Quella logica dovrebbe essere: accesso improprio = paziente visitato e rimandato a casa senza ulteriori indagini cliniche perché ritenute non necessarie. Ma se all’arrivo del paziente, il medico del Pronto soccorso invece ritiene che il caso vada sottoposto a esami ematici, strumentali o a consulenze specialistiche, allora quell’accesso è appropriato, anche se poi si conclude con una dimissione che sul piano statistico viene derubricata a un codice verde o bianco.

Rispetto al ruolo del medico di medicina generale, innanzitutto va chiarito che non “filtra” tutti i pazienti, poiché alcuni di loro vanno direttamente al Pronto soccorso senza nemmeno consultarlo, in molti casi per saltare le lunghe liste d’attesa delle visite specialistiche. Quando invece arrivano nel reparto perché inviati dal medico di medicina generale c’è sempre un sospetto clinico importante.

Se poi in Pronto soccorso quel sospetto viene escluso solo dopo le indagini dei colleghi ospedalieri, l’accesso di quel paziente resta appropriato e non “improprio”. Considerando inoltre che la percentuale di cittadini che arriva quotidianamente nei Pronto soccorso è minima (<0,1%), la realtà dimostra che il “filtro” garantito dai medici di medicina generale funziona bene e che la maggior parte della popolazione non accede affatto ai Pronto soccorso.

Guardiamo allora anche questa faccia della medaglia: è innegabile che esista un problema strutturale dei Pronto soccorso negli ospedali italiani. Negli anni questi reparti sono stati ridimensionati, e oggi hanno organici ridotti in strutture insufficienti, con il sovraffollamento che non è causato principalmente da accessi impropri, ma dalla carenza di risorse e di spazi.

Quindi, ribadisco: definire “improprio” un accesso al Pronto soccorso solo perché l’iter termina con un codice verde o bianco è una semplificazione errata e fuorviante; non è corretto dire che “manca il filtro territoriale” dei medici di medicina generale, che quotidianamente compiono in media un centinaio di atti medici (visite, prescrizioni e certificati); il vero problema è organizzativo e strutturale: i Pronto soccorso sono pochi, piccoli e sottodimensionati rispetto ai bisogni della popolazione.

In questo quadro, con le risicate risorse economiche destinate al sistema sanitario, è necessario avere il coraggio di affermare con chiarezza che non è possibile garantire ai cittadini un servizio realmente adeguato, efficiente ed efficace. Non si può continuare a chiedere ai professionisti della salute – medici di medicina generale e medici ospedalieri – di sostenere carichi di lavoro via via crescenti a fronte di risorse sempre più limitate.

Oggi la medicina generale è già un “filtro” di straordinaria efficacia sul territorio, che non può essere ulteriormente gravato di compiti senza rischiare di compromettere la sua funzione. Allo stesso modo, non si può pretendere che il numero ridotto di medici impegnati nei Pronto soccorso, spesso sottodimensionati e sotto organico, da solo possa farsi carico delle esigenze di una popolazione sempre più complessa e bisognosa di assistenza.

Se davvero vogliamo preservare un Servizio Sanitario Nazionale equo, accessibile e sostenibile, è indispensabile che gli investimenti siano indirizzati con decisione sia verso la medicina generale sia verso i Pronto soccorso. Solo così, valorizzando e sostenendo l’impegno quotidiano dei professionisti che operano in questi settori, sarà possibile garantire ai cittadini risposte tempestive e appropriate a tutela della loro salute.

Dott. Nicola Arcelli
Vicepresidente OMCeO Piacenza
Presidente SNAMI Piacenza

Nicola Arcelli

06 Ottobre 2025

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