Gentile Direttore,
desidero esprimere alcune considerazioni in riferimento ad un recente articolo riguardante i test di ammissione per le professioni sanitarie.
Abbiamo tutte e tutti letto con attenzione i dati che evidenziano un aumento delle domande per il corso di laurea in Fisioterapia, in controtendenza rispetto alla drastica diminuzione osservata per molte altre professioni sanitarie. Tuttavia è necessario chiarire che questa crescita, pur confortante per il nostro specifico ambito, non può e non deve essere letta come un segnale di “appeal” o di vantaggio competitivo tra professioni. Al contrario si inserisce in un contesto preoccupante di impoverimento generale del sistema formativo sanitario, con ricadute drammatiche sull’assistenza ai cittadini. Il dato positivo relativo a Fisioterapia è influenzato anche dalla maggiore possibilità di sbocco nella libera professione, che a differenza di quanto avviene in altri ambiti continua a rappresentare una via percorribile e sostenibile per molti giovani. Ma questo non basta a compensare la crisi più ampia che coinvolge l’intero comparto delle professioni sanitarie.
I numeri parlano chiaro: mancano all’appello oltre 65.000 infermieri. Non si tratta solo di un problema quantitativo, ma sistemico. I bassi stipendi, le scarse possibilità di sviluppo professionale e la persistente organizzazione del lavoro centrata su una logica prestazionale – un vero e proprio “prestazionificio” – rendono il lavoro nelle strutture pubbliche sempre meno attrattivo. Non stupisce, quindi, il crollo delle candidature in aree fondamentali per la tenuta del SSN.
In questo scenario non esistono professioni “vincenti” e professioni “perdenti”, ma un equilibrio fragile che rischia di compromettere l’intera rete di presa in carico, specialmente in un’epoca in cui l’integrazione e la transdisciplinarietà sono elementi imprescindibili. Dove mancano i professionisti non mancano solo figure operative: mancano risposte ai bisogni di salute, mancano diritti garantiti dalla nostra Costituzione.
È evidente quanto sia importante e strategico il ruolo dell’infermiere di famiglia e comunità, riconosciuto oggi tanto nella formazione quanto nell’organizzazione dei servizi territoriali: ma la stessa urgenza vale anche per rilanciare e ridefinire il ruolo del fisioterapista nelle cure primarie e nei percorsi di cronicità, disabilità, fragilità e prevenzione. Una missione che non può essere portata avanti da soli ma solo insieme, in un’alleanza forte e concreta tra tutte le professioni sanitarie, nessuna esclusa. In questo contesto è fondamentale richiamare anche l’attenzione sulle professioni tecnico-sanitarie, della riabilitazione e della prevenzione.
Le recenti dichiarazioni del Presidente della FNO TSRM e PSTRP Diego Catania hanno messo in luce in modo chiaro come questi dati non debbano illudere o distogliere l’attenzione dalla crisi profonda che attraversa molte professioni sanitarie. Si sottolinea con forza la necessità di un cambio di paradigma: serve una programmazione più lungimirante, un’organizzazione del lavoro più attrattiva e una reale valorizzazione delle competenze, affinché tutte le professioni possano contribuire in modo coordinato alla sostenibilità e qualità del SSN.
Non è tempo di celebrare primati, ma di riformare i modelli organizzativi affinché siano davvero capaci di valorizzare tutte le competenze e di renderle attrattive per le nuove generazioni. È tempo che gli Ordini professionali, le Università e le Istituzioni agiscano con coraggio e visione, per rispondere a una sfida che è prima di tutto una questione di equità e di giustizia sociale. Ce lo chiede la Costituzione e ce lo chiedono i cittadini, che hanno diritto a un sistema sanitario pubblico in grado di prendersi cura di loro in modo accessibile, equo e qualificato.
Fabio Bracciantini
Presidente OFI Toscana Centro