La ciambella senza buco

La ciambella senza buco

La ciambella senza buco

Gentile Direttore,
non abbiamo soldi. Bisogna riformare e ricostruire la Sanità Pubblica e questo è diventato il proclama elettorale dei soliti noti e la risposta che passa, un po’ sottovoce, è che non abbiamo soldi. Allora si ricorre a quello che dice la nonna: fai il dolce con gli ingredienti che hai e gli ingredienti che ci sono rimasti in dispensa sono: la sanità privata e il controllo della spesa sanitaria. Non verrà fuori una Sant’Honorè ma un ciambellone per la colazione verrà fuori. Il problema è che la Costituzione non prevedeva una colazione così parsimoniosa e, per la verità, nemmeno andare al bar per sfondarsi di cornetti a pagamento per pochi fortunati. Una Legge illuminata voleva una sobria e nutriente colazione per tutti, pagata con le tasse di tutti.

L’altro ingrediente della dispensa è il taglio dei costi. Così dopo aver preso a piene mani dalle casse della Sanità Pubblica oltre 30 miliardi in dieci anni ad opera di tutti quei premier che predicavano il bene della salute pubblica e in realtà ne alleggerivano le sostanze, adesso si propone la mancetta ai medici di base per convincere i pazienti che per la bua basta soffiarci sopra e tutto passa. Basta con questa mania degli esami e basta con i prazoli: con un po’ di bicarbonato puoi digerire anche tua suocera. In Sanità con questa faccenda dei tagli, è finita come quel falegname cadorino che volendo scolpire un angelo a suon di scalpello si ritrovò con uno “stropol”, cioè un tappo di bottiglia, commentando: taja, taja, massa curto.

Ora, capisco che i pazienti non devono entrare in ambulatorio con l’idea di essere in un supermarket, avendo visto in TV o su internet la mirabolante pubblicità del campare cent’anni, tuttavia le aziende sanitarie continuano a ignorare che una buona metà delle prescrizioni dei medici di base sono indotte. Sono richieste redatte dai colleghi ospedalieri che giocando in difesa o non avendo alcun controllo di spesa ti compilano la Stele di Rosetta che tu devi trascrivere fedelmente apponendo il tuo timbro e la tua firma, pena: l’occhio torvo, sanguinolento e minaccioso del tuo assistito che “sennò cambio medico”. E se il medico di base osa mettere in discussione la stele di rosetta del luminare, scatta subito il risolino e la condanna al girone dei presuntuosi: ma cosa vuole capirne lei che compila solo ricette. E così che le aziende fanno il pelo e contropelo agli sherpa del servizio sanitario pubblico, i medici di base, da una parte ti do la mancetta per il gelato se fai il bravo, dall’altra ti condanno ad una colonscopia verbale se continui a spendere denaro pubblico.

Non abbiamo soldi. Cosa c’è ancora da capire? Intanto, dicevano i vecchi ben informati sui fatti e non sulle chiacchiere, che quando la nave affonda, i topi scappano. E sappiamo benissimo di quanti stanno scappando, in pensione anticipata, nel privato, a gettone, all’estero. Si salvi chi può. E il cittadino? Forse bisognerebbe dirgli, con coraggio e rischiando le elezioni, che non è vero che la sanità e il suo prodotto specifico, la salute, siano così importanti a garanzia del diritto democratico dell’uguaglianza di diritti. Bisognerebbe spiegargli che la salute è diventata un vero affare per i leoni del guadagno a tutti i costi e che il superfluo è un lusso per pochi e per l’essenziale bisogna mettersi in coda e aspettare che qualche anima buona ti soffi sulla bua.

Quello che è sconcertante è l’ampio dibattito quotidiano sulle 4370 soluzioni per salvare il servizio sanitario pubblico: barocche disquisizioni e tecnicismi da triplo salto mortale carpiato per i mille volti della medicina, perdendo di vista due concetti fondanti, uno: la medicina è cura per tutti ed è dedizione, solidarietà e impegno sociale e umano. Due: Lo Stato non lo sa e, francamente se ne infischia. Così, abbiamo già perso.
Non abbiamo soldi.

Dott. Enzo Bozza
medico di base a Vodo e Borca di Cadore

Enzo Bozza

18 Settembre 2023

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