Gentile Direttore,
viviamo una fase cruciale per il Servizio sanitario nazionale, stretto tra l’inverno demografico, la difficoltà di reperire personale sanitario qualificato e l’incertezza generata da provvedimenti come l’abolizione del numero chiuso in medicina: un intervento che, lungi dall’essere risolutivo, sembra disancorato da un’analisi strutturata dei fabbisogni reali. In questo scenario, riemerge con forza la necessità di ridefinire i modelli di presa in carico, superando modelli organizzativi verticali e valorizzando pienamente competenze e autonomie.
Un riferimento utile è il modello del “sistema gerarchico diversificato” (Schönfelder, Nilsen – 2016), che, nei Paesi scandinavi, ha dimostrato di saper coniugare leadership diffusa, ruoli professionali chiari, cooperazione interprofessionale strutturata e governance clinica condivisa. Non è quindi utopia, è benchmarking. In tali contesti, la qualità dell’assistenza e l’efficienza non sono il risultato di gerarchie rigide, ma di alleanze operative e norme chiare che favoriscono l’innovazione e la motivazione dei professionisti. La sanità del futuro, quella che può realmente reggere la sfida dell’invecchiamento della popolazione (l’Italia è il secondo Paese più anziano al mondo) e della sostenibilità dei servizi, a fronte di una spesa pubblica in sanità ferma al 6,3% del PIL, ha bisogno di modelli organizzativi avanzati e resilienti. Ma non solo: necessita di un profondo ripensamento dei confini professionali, di un approccio maturo al task shifting e di una costante attualizzazione delle competenze. Serve il coraggio di riconfigurare le responsabilità, redistribuire i carichi e valorizzare in modo intelligente il capitale umano, in un’ottica interprofessionale che metta davvero al centro il bisogno della persona assistita e non le rigidità delle consuetudini operative.
In Italia, purtroppo, il sistema resta ingessato da disuguaglianze strutturali. La recente firma del contratto collettivo nazionale del comparto sanità pubblica 2022–2024 lo testimonia: un negoziato costretto a muoversi in uno spazio angusto, segnato dalla cronica scarsità di risorse. Una partita difficile, giocata con poche pedine e in uno scacchiere sempre più complesso, dove la valorizzazione delle professioni rischia di rimanere una promessa incompiuta. Ma proprio per questo, la contrattazione dovrebbe ritrovare la sua vocazione originaria: essere non solo luogo di mediazione, ma laboratorio di visione strategica per il lavoro sanitario del futuro.
Due le priorità ineludibili: la piena attuazione delle dirigenze di tutte le aree professionali e la revisione definitiva del vincolo di esclusività. Sul primo fronte, non bastano segnali a macchia di leopardo. Se la Lombardia (Del. XII/892, Mozione 334) e la Campania iniziano a valorizzare anche le aree tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, serve ora una chiara volontà nazionale che assicuri uniformità e riconoscimento ovunque.. Non possono più bastare iniziative isolate, “a macchia di leopardo, spesso forzate, mendicate e rivendicate.
Come Presidente dell’Ordine TSRM e PSTRP di Cagliari e Oristano, posso testimoniare quanto sia complesso tradurre in atti concreti tali principi. In Sardegna, pur in presenza di una Legge Regionale, la 24/2020, e di atti di indirizzo risalenti ormai a diversi anni fa che raccomandano la dirigenza tecnica, la situazione resta disomogenea. Solo alcune aziende (AOU Sassari, ASL Sulcis, Cagliari, Gallura) hanno avviato la nomina di dirigenti per l’area tecnica e, in parte, per la riabilitazione. Nelle restanti sette aziende, tra cui AOU Cagliari, ARNAS Brotzu e ASL Oristano e Medio Campidano del territorio che rappresento, non risultano attivate tali figure, nonostante l’esistenza di graduatorie valide. Questa inerzia ostacola ogni reale evoluzione del sistema.
Quanto al vincolo di esclusività, è grave che l’emendamento 4.0.100 al DDL 1241, che prorogava al 2027 il superamento per le professioni sanitarie, sia stato soppresso dalla V Commissione del Senato. I medici continuano ad avere libertà di scelta e indennità in caso di esclusività; tutti gli altri restano confinati in un limbo normativo instabile e discriminatorio. È inaccettabile. I nuovi emendamenti 5.07, 5.08 e 5.09 (Atto Camera 2365) ripropongono la proroga, ma non basta. Serve una norma definitiva, strutturale, non condizionata da scadenze temporali, che riconosca pari diritti e dignità a tutti i professionisti del SSN.
La transizione che serve non è solo digitale, ma soprattutto culturale e organizzativa. Basta con modelli difensivi, verticali, impermeabili al cambiamento. È tempo di convocare le professioni non come ospiti, ma come co-architetti della sanità che verrà. Perché il futuro non si costruisce con deroghe e contentini, ma con visioni e strutture inclusive e moderne.
Dott. Antonio Attanasio
TSRM U.O.C. Radiologia AOU Cagliari
Presidente Ordine TSRM e PSTRP Cagliari-Oristano