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Melazzini blocca le nomine dei docenti universitari. “In attesa del nuovo protocollo”. Ma le AOU in Lombardia non esistono

La Regione, attraverso il direttore generale del Welfare, ferma le nuove convenzioni con i docenti universitari per le funzioni assistenziali, in attesa della ridefinizione del protocollo con le Università. Tuttavia, la PEC inviata lo scorso aprile si scontra con un paradosso normativo: in Lombardia non risultano formalmente costituite Aziende Ospedaliere Universitarie, necessarie per legittimare tali incarichi. La questione riaccende il dibattito sui rapporti tra Ssn e Università

30 MAG -

La Regione Lombardia tenta di portare a casa la regia di tutta la sanità in tutte le sue forme. Con una recente Pec, il direttore generale del dipartimento regionale del welfare, Mario Melazzini, ha comunicato ai manager delle aziende erogative di Lea ospedalieri un cambio dello spartito organizzativo e procedurale. Ha infatti scritto che, a fare data dal 14 aprile non verranno autorizzate nuove convenzioni per l'affidamento di funzioni assistenziali a personale universitario in attesa della ridefinizione del protocollo d'intesa tra Regione Lombardia e le università lombarde sedi delle facoltà di medicina e chirurgia.

Una attenzione particolare va opposta alle violazioni istituzionali
Con questo, il superdirigente plenipotenziario meneghino ha, nel concreto, impedito alle università di nominare, di fatto e per via indiretta, autonomamente e liberamente i già primari, cui affidare funzioni assistenziali nei presidi di spedalità pubblica. Tutto va fatto “secondo regola”, ed è giusto che sia così, senza contare tuttavia che il giudizio preventivo sulle singole nomine non è previsto in alcuna legge. La nomina dei medesimi, oggi direttori di unità operative complesse, nelle aziende ospedaliere universitarie (AOU) è difatti di competenza dei Direttori Generali delle stesse, nominati dalla Regione, ovviamente d'intesa con il Rettore delle Università coinvolte, attraverso una procedura selettiva che prevede una valutazione preliminare da parte di una apposita commissione dei curricula scientifici e professionali.

A proposito, dopo due accordi conclusi, il 7 maggio scorso è stata presentata la bozza del terzo in un incontro tra il dirigente deus ex machina del welfare e i rettori lombardi, nei confronti del quale la Regione soddisfa le sue pretese, attribuendo a Mario Melazzini la «negoziazione e della pianificazione degli inserimenti delle figure universitarie all'interno della rete ospedaliera», e il sistema universitario subisce a mala voglia la maggiore rivendicata ingerenza della politica nella scelta del management delle corsie ospedaliere.

Quindi tanta o poca ragione da vendere costituisce l’interrogativo che l’iniziativa suscita, considerando che l’intenzione emergente è quella di riportare a regola politico-procedurale le dette nomine. Il tutto con la secondaria intenzione di evitare atti di “prepotenza” istituzionale delle Università perfezionabili nello scegliere chi e cosa debbano svolgere i professori universitari nell’esercizio dell’assistenza ospedaliera pubblica.

Le novità da sapore di vecchie e irragionevoli pretese

Al riguardo sorge l’arcano, suggestivo di alcune importanti domande da porsi perché funzionali a mettere in sicurezza l’esercizio in generale di alcuni ruoli istituzionali sino ad oggi svolti dalle università tradizionali, oggi messe in difficoltà dalla concorrenza sempre più crescente delle omologhe telematiche, impedite però a svolgere corsi di laurea di medicina e chirurgie e affini

La prima domanda afferisce alla comprensione dei pro e dei contro dell’iniziativa lombarda, esplicitata da uno dei suoi massimi dirigenti, ovviamente ispirato dalla politica governativa milanese che lo ha scelto. Un lavoro difficile da affrontare in quanto sia gli uni che gli altri sono tali e tanti da rendere abbastanza accurata l’analisi delle fonti giuridiche strumentali ad arrivare ad una corretta sintesi delle competenze da esercitare dalle istituzioni pubbliche impegnate al riguardo nell’assistenza sanitaria ospedaliera.

Gli argomenti da approfondire riguardano:

  1. la corretta esistenza delle aziende ospedaliere universitarie;
  2. la sinergia tra il Ssn e il sistema universitario;
  3. le nomine che generano il compito assistenziale unitamente a quello della didattica e della ricerca;
  4. la retribuzione dei professori universitari impegnati nel regime assistenziale;
  5. il sopravvenuto incremento delle UOC a direzione universitaria, a garanzia e maggiore tutela economica delle docenze universitarie;
  6. l’opportunità, infine, di prevedere una loro presenza al di là dell’offerta dei Lea ospedalieri.

Si attenta all’autonomia delle Università ma si dimenticano le regole
Tutto questo, unitamente al recente accaduto in Lombardia, porta preliminarmente ad affrontare un argomento importantissimo afferente allo spessore di autonomia di cui godono le università, già afflitte oggi, in gran parte, da seri problemi di bilancio, destinati difficilmente a risolversi senza adeguate misure legislative ed economico-finanziarie.

Un compito, questo, difficile a tal punto da essere affrontato andando per punti di quelli appena scanditi, fermandoci nell’odierna nota a sviluppare solo il primo dei punti, dal momento che l’approfondimento sulla anzidetta Pec ha portato a ritenere l’inesistenza in Lombardia di AOU, e quindi l’anzidetta nota priva di sostanziale efficacia.

In una siffatta logica, è appena il caso di rilevare che, relativamente alle aziende ospedaliere universitarie ovvero aziende ospedaliere integrate con le università esistenti in territorio lombardo, non si ha modo di recuperare alcun elenco delle medesime. Anche nel Report Agenas dell’anagrafica al 2022 delle strutture ospedaliere pubbliche figurano del tutto inesistenti, perché la singola voce tipologica è contraddistinta con il numero 0.

Un risultato apparentemente chiaro risultante dai report ministeriali che recano la totale assenza di Dpcm costitutivi di AOU operanti in Lombardia, tanto da fare considerare sedicente ogni struttura ospedaliera qualificata in tal senso. Di conseguenza, non è dato conoscere l’esistenza giuridico-economica di alcuna AOU - perché da costituirsi esclusivamente a mente dell’art. 8 del decreto legislativo 21 dicembre 1999 nr. 517 - con il temuto verosimile pericolo, che qualora ne risultassero alcune operanti come tali, di dovere considerare nulli tutti gli atti dalle medesime adottati.

Ma tutto questo rende davvero difficile immaginare la correttezza della ratio della PEC a firma del direttore generale al welfare della Regione Lombardia, Mario Melazzini, in quanto – a causa dell’inesistenza nella sua regione di AOU – è difficile comprendere la disposta sospensione delle procedure adottate sino al 13 aprile finalizzate a preporre professori universitari alla direzione di UOC. Ciò in quanto, se concretizzate – prescindendo dal consenso o meno della Regione - sarebbero da ritenersi effettuate al di fuori da ogni corretto parametro giuridico ma anche prive di buon senso.

Il rapporto Ssn con sistema universitario va ripensato, ma nel frattempo rispettato
Una vicenda simile porta, nel suo complesso, ad elaborare una preoccupante riflessione, relativamente ad una brutta consuetudine sviluppatasi nel rapporto tra Ssn e sistema universitario, formativo e di supporto assistenziale all’attività medica ospedaliera. In siffatto ambito sono state largamente eluse le prescrizioni normative dettate – nate nella quasi contemporaneità della consistente integrazione del d.lgs. 502/1992, prodotta dal d.lgs. 229/1999 (cosiddetta riforma ter) – in materia di istituzione e costituzione delle aziende ospedaliere integrate con le università (AOU). Sono più di 25 anni, infatti, che si registrano copiosi inadempimenti in tale senso, con grande trascuratezza della disciplina introdotta da una norma statale impositiva, per il loro riconoscimento istituzionale, della richiesta e del rilascio di un apposito Dpcm. Il sorprendente perdurare, sino ad oggi di quindici governi, del grave inadempimento ha dimostrato addirittura, assurdamente, di ritenere superabile l’obbligo sancito dal legislatore statale (Dpcm) con l’adozione di provvedimenti normativi regionali o, peggio ancora, con atti amministrativi ovvero negoziali.

Un criterio, questo, ben stigmatizzato dalla giurisprudenza amministrativa formatasi in tal senso, ma soprattutto negato dalla Costituzione, che affida alle Regioni solo la potestas della legislazione di dettaglio in materia di tutela della salute sulla base, per l’appunto, dei principi fondamentali cristallizzati in quella statale. Nel caso di specie, dall’art. 8 del d.lgs. 517/1999. Una procedura posta a garanzia di una qualificata erogazione delle prestazioni connesse ai Lea ospedalieri attraverso il ricorso al valore aggiunto assicurato nelle AOU dall’assistenza praticata dai professori universitari, in una alla didattica e alla ricerca applicata. Una metodologia individuata e regolata dal d.lgs. 517/1999 attraverso una importante e imponente procedura “multistrato”, garante di serie valutazione statali del più alto livello istituzionale, attraverso provvedimenti assunti, anche preliminarmente, dai Ministri della Università e della Salute cofirmatari del decreto costitutivo adottato dal Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm).

Oltre a tutto questo, la recente posizione assunta dalla dirigenza della Regione in Lombardia, messa in relazione con il mancato frequente rispetto delle regole costitutive della AOU – con conseguenti regolari costituzioni nel Paese di sole tre aziende ospedaliere universitarie (AOU di Trieste; AOU “S. Maria della Misericordia” di Udine; AOU “S. Giovanni di Dio-Ruggi d’Aragona-Scuola Medica salernitana) su 31 sedicenti e illegittimamente operanti come tali –, fa sorgere un brutto sospetto. Esso riguarda la generazione del dubbio che nel nostro Paese il Ssn non tenga nel debito conto lo spessore dell’apporto professionale del sistema universitario votato alla formazione, alla ricerca e alla didattica destinata agli operatori medici e infermieristici. Le eccezioni rilevate fanno, infatti, sul tema delle opzioni universitarie sulla scelta del management delle seppure sedicenti AOU, presumere l’esistenza di una logica di volere bilanciare i poteri espressi ben oltre le regole ordinamentali vigenti.

Ciò a tal punto di volere subordinare, con la scelta della governance aziendale tradizionale, le aspirazioni universitarie alla espressione fiduciaria della politica. Un difetto funzionale estremamente pericoloso per la tutela della salute, perché una tale avversione tra i due sistemi non risulta favorevole, di certo, al godimento dei risultati della ricerca applicata, della quale il sistema universitario italiano è ovunque riconosciuto apprezzato autore.

Ettore Jorio



30 maggio 2025
© Riproduzione riservata

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