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QS Edizioni - sabato 15 marzo 2025

Regioni e Asl

Veneto. Prestazioni aggiuntive, incertezza sul riconoscimento

di Endrius Salvalaggio 
immagine 28 gennaio - I sindacati, sostenuti anche dal consigliere Boron (Fi), alzano la voce contro il mancato pagamento delle risorse aggiuntive: “Non si può lasciare chi ha lavorato in un limbo di incertezza; è un grosso limite e genera ulteriore malcontento”. Boron: “Inverosimile non poter contrattualizzare con il personale della sanità ore di lavoro e premialità, mentre si può farlo con il personale esterno, pagandolo anche molto di più”.
Le linee generali di indirizzo sulle materie individuate dall’articolo 7 del CCNL dell’Area Sanità, 2019-2021, sono state estese, fra le parti sociali e la Regione del Veneto, per il triennio 2024-2026 (vedi la Delibera di Giunta), con una tariffa oraria di 100,00 euro per il personale medico. La firma del recente protocollo sottoscritto lo scorso marzo prevede 35,5 milioni di euro, da cui attingere per adeguare le tariffe dei medici di pronto soccorso, orari percepiti dagli specialisti ospedalieri, per l’esecuzione delle prestazioni aggiuntive utili a smaltire le liste d’attesa.

“Da una ricognizione sindacale, alcune Aziende: AULSS 2 di Marca Trevigiana, AULSS 5 Polesana, AULSS 6 Euganea e AULSS 7 Pedemontana – spiega Sonia Todesco, segretaria veneta della Cgil Fp – hanno continuato a far svolgere ai medici le ore aggiuntive, anche se il budget dei fondi messi a disposizione erano esauriti. Ora, mancano i soldi per pagare le ore svolte e, non si è arrivati ancora ad una soluzione concreta”.

“Tutto questo, stride, a maggior ragione, in considerazione del fatto che la stessa Regione Veneto – continua Todesco – riconosce, da ben dieci anni, tariffe per le prestazioni specialistiche ambulatoriali agli enti privati accreditati, ben maggiori di quelle che prevede il tariffario nazionale. Regalando a queste strutture oltre 73 milioni di euro per non avere mai adeguato il tariffario sanitario regionale a quello nazionale”.

La questione tocca da vicino anche i medici di emergenza - urgenza. A farsi portavoce del problema è il sindacato di Aaroi-Emac Veneto, con il presidente Massimiliano Dalsasso. “Senza gli adeguati stanziamenti – sottolinea Dalsasso – e senza proporzionate retribuzioni, una regolarità e uniformità dei compensi, il disagio e la disaffezione del personale sanitario sono il motivo principale delle dimissioni che, in aggiunta, alla carenza di specialisti, ha portato al reimpiego dei pensionati e all’esplosione del fenomeno dei gettonisti con i relativi esorbitanti costi. Pare che ancora oggi tutto ciò non abbia insegnato nulla”.

Sulla questione interviene anche il segretario di Cimo Veneto, Giovanni Leoni, che da medico e sindacalista quale è, invita la Regione Veneto a risolvere la questione al più presto con qualche ritocco. “Non solo è opportuno che venga risolta la questione con nuove risorse regionali, come mi auguro al più presto – dice Leoni – ma sarebbe cosa buona ed utile che la stessa amministrazione regionale incrementasse il fondo delle risorse aggiuntive se si vuole ridurre le liste di attesa nell’interesse di tutti i cittadini”.

“La Regione Veneto non può difendersi eccependo la questione come una questione burocratica di fondi– spiega l’ex Presidente della V Commissione salute, Fabrizio Boron (FI) – , quando paradossalmente viene pagato di più il personale esterno tramite cooperative, liberi professionisti ecc, piuttosto di valorizzare il personale interno. Questa diventa una stortura talmente assurda che il personale medico, infermieristico e tutte quelle figure che lavorano e contribuiscono per la sanità veneta, ne prendono atto e, al momento giusto, rassegnano le dimissioni per rivolgersi ad altre realtà più remunerative”.

Endrius Salvalaggio
28 gennaio 2025
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