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La continuità assistenziale sul territorio ai tempi del Covid-19

L’attuale situazione sanitaria ha fatto emergere le necessità assistenziali delle persone fragili e con malattie croniche che, per diversi motivi, in molti casi hanno rinunciato alla continuità terapeutica e assistenziale, nonché alla prevenzione primaria e secondaria. La tavola rotonda “La continuità assistenziale sul territorio ai tempi dell’emergenza” ha permesso un dialogo con la Regione Marche su questi temi

02 FEB - Da quasi un anno, l’emergenza Covid-19 ha messo a rischio la continuità terapeutica di importanti malattie croniche. L’impiego di alcune terapie farmacologiche, soprattutto quelle di patologie asintomatiche e preventive (come l’ipertensione o il trattamento del colesterolo) si è ridotto bruscamente.

“Già da marzo, con le prime problematiche associate al Covid si temeva che i pazienti potessero incontrare difficoltà nella continuità terapeutica in modo diretto (non poter uscire) e ricevere visite dall’esterno (dei caregiver)”, osserva Luca Degli Esposti, AD Clicon, nel suo intervento alla tavola rotonda “La continuità assistenziale sul territorio ai tempi dell’emergenza. Dialogo con la Regione Marche”.

Degli Esposti ha presentato il progetto “Fail to Refill”, elaborato dall’istituto di ricerca Clicon, che consiste nell’analizzare le informazioni provenienti da una rete di ASL, distribuite su tutto il territorio nazionale, sull’aderenza alle terapie nei periodi di restrizioni dovute al Covid-19. I dati sono stati confrontati con quelli degli anni precedenti per verificare l’effettivo impatto delle restrizioni sulla continuazione dei trattamenti per le patologie croniche.
 


“La continuità terapeutica è fondamentale per l’efficacia delle terapie. I pazienti che interrompono il farmaco corrono dei rischi”, e questo vale per patologie oncologiche così come per le malattie cardiovascolari e reumatiche, sottolinea Degli Esposti.
Dall’analisi è emerso che i tassi di interruzione delle terapie sono aumentati notevolmente a maggio e, per alcun farmaci anche a giugno. Questo vale per le statine, per i farmaci biologici e per le terapie ipolipemizzanti. Da questi esempi, emerge come la pandemia abbia avuto un impatto sulla prevenzione e la continuità delle cure per le patologie croniche.
Le persone fragili e con malattie croniche in molti casi hanno rinunciato alla continuità terapeutica e assistenziale, nonché alla prevenzione primaria e secondaria.  

Il Servizio Sanitario Nazionale non può essere “ospedalocentrico”
“Dalla terza settimana di febbraio all’ultima di dicembre, l’età media dei decessi per Covid-19 è stata di 80 anni. Il 90% dei deceduti aveva oltre 70 anni. Solo180 deceduti avevano meno di 40 anni e di questi solo 20 non avevano patologie gravi. Gli ottantenni deceduti avevano nel 75% dei casi tre patologie”, ricorda Roberto Bernabei, direttore del dipartimento di geriatria del policlinico Gemelli di Roma e professore ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente di Italia Longeva, nel suo intervento.
 


“Il problema della continuità assistenziale, il problema del territorio e della telemedicina  (o tecno assistenza)”, aggiunge, mostra che “il Servizio Sanitario Nazionale non può essere ospedalocentrico”.  Questo punto di vista è ampiamente condiviso. Nadia Storti, direttrice ASUR Marche, sottolinea come la pandemia abbia messo in luce la necessità di “rendere l’ospedale una struttura per i casi acuti e di portare sul territorio, nelle case, nelle strutture residenziali, lì dove si trova il cittadino l’assistenza e la medicina”.

Antonio Tomassini, Presidente Associazione Parlamentare per la Prevenzione, sottolinea l’importanza dell’aumentare i presidi del Territorio. “Accanto al medico di medicina generale ci sono anche la farmacia e i presidi territoriali”. Oggi abbiamo anche la possibilità di fare monitoraggio da casa.
 


La questione è stata sollevata anche dall’Assessore alla Sanità della Regione Marche, Filippo Saltamartini: “uno dei problemi emersi è la mancanza del 30-35% tra Medici di Famiglia e Pediatri di Libera Scelta: questo impedisce di fare una progettualità sul futuro e ci fa andare incontro alla mancanza di professionalità specifiche”.

Il progetto Access to Chronic Therapies (ACT) promosso da Havas PR e dall’Associazione di Iniziativa Parlamentare e Legislativa per la Salute e la Prevenzione, in collaborazione con alcune associazioni pazienti, quali la Fondazione Italiana per il Cuore, la Fondazione Giovanni Lorenzini, la Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso (FIRMO), l’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR Onlus), intende rivolgersi alle Istituzioni per individuare soluzioni da implementare al più presto per intervenire in una situazione di emergenza che durerà ancora diversi mesi.
L’invito delle associazioni è di non fermarsi qui. Ma anzi di considerare la crisi attuale come occasione per ripensare radicalmente il modello di assistenza e cura alla cronicità.

Le soluzioni più immediate passano per la semplificazione e agevolazione dell’accesso ad alcuni farmaci, che in diverse Regioni sono accessibili solo nelle farmacie ospedaliere, la cosiddetta modalità di distribuzione diretta ospedaliera. Criticità sono costituite dalla presenza di piani terapeutici, registri di monitoraggio, prescrizioni mensili obbligatorie e schede di dispensazione che innalzano una importante barriera per i pazienti in tempi di Covid.

C.d.F.

02 febbraio 2021
© Riproduzione riservata

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