La commissione Sanità del consiglio regionale della Sardegna ha approvato giovedì pomeriggio l’articolato del testo di legge sul fine vita (Pl. 59 – Deriu e più “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019”).
“Ritengo che prima della pausa estiva – ha detto Carla Fundoni, medico e presidente della VI commissione al termine dell’ultima seduta pomeridiana di audizioni di mercoledì scorso – la Sardegna avrà la sua legge sul fine vita e sarà un provvedimento equilibrato, che terrà conto di tutte le posizioni emerse nel corso di questi lavori preparatori”. Lo si apprende dal resoconto della seduta del parlamentino.
In quella stessa seduta “è stato audito il professor Giuseppe Castello, medico e docente di bioetica della Pontificia facoltà della Sardegna. Per Castello, che in premessa ha voluto “sgomberare il campo dall’idea di una visione laica contrapposta a una visione confessionale”, la questione di fondo è rappresentata dall’impostazione che si dà al fine vita e a una legge che lo regolamenti”.
“Ci sono visioni utilitaristiche e anche personalistiche – ha detto -, che considerano la libertà del singolo il valore assoluto. Io aderisco a una concezione che mette insieme il bene della vita accanto a quello della libertà perché ritengo sia questa la posizione di un Paese democratico, che non si arroga mai il diritto alla morte e per questo non prevede la pena di morte. Peraltro, se il corpo è mio perché oltre ad avere il diritto di morire non dovrei avere il diritto di disporne, vendendo ad esempio un rene? ”.
“Il docente – si rileva sempre dal sommario – che ha definito la sentenza della Corte costituzionale 242 sul fine vita “un segno di imborghesimento”, ha ribadito che “siamo davanti a persone con grandi sofferenze ma è importante accertare se chi chiede di essere aiutato a suicidarsi lo stia facendo a causa della malattia e non per altre questioni del suo vissuto. E soprattutto è necessario garantire davvero a tutti quelli che soffrono, compresi i bambini, le cure palliative che a oggi invece non sempre sono accessibili a tutti in tutta l’Isola”.
Nelle audizioni svoltesi mercoledì mattina, invece, “il primo ad intervenire nel parlamentino della Salute è stato Antonio Brandi dell’associazione “ProVita e Famiglia” che ha espresso netta contrarietà ad una norma che, a suo giudizio, elimina i sofferenti invece delle sofferenze. Brandi ha chiesto piena attuazione della legge n. 38 del 2021 che riconosce il diritto dei cittadini ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore, con l’obiettivo di garantire una migliore qualità della vita e una gestione efficace del dolore per i malati in fase avanzata di malattia, sia di natura oncologica che non oncologica”.
“Brandi – si legge dal resoconto – ha inoltre invitato i commissari a valutare ciò che accade in quegli Stati (13 su 194 nel Mondo) che hanno introdotto il suicidio assistito («in Olanda un suicidio assistito su 5 si pratica senza consenso») ed ha escluso che la sentenza della Corte costituzionale richiamata nella proposta di legge crei un vuoto normativo: Il vuoto normativo va riempito con la vita e non con la morte”.
“Contraria alla proposta di legge anche l’esperta di Bioetica dell’Università del Messico, Giulia Bovassi, secondo la quale la materia è di esclusiva competenza dello Stato ed ha ribadito che la sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019 non stabilisce il diritto alla morte ma che semmai circoscrive le condizioni essenziali nelle quali si ravvisa l’eccezione rispetto alle norme vigenti. A giudizio della professoressa Bovassi la proposta consiliare tende invece ad estendere il concetto, consentendo alla Regione di garantire la necessaria assistenza a tutte le persone che intendono accedere al suicidio medicalmente assistito. L’esperta di bioetica ha inoltre offerto un serie di spunti alla riflessione, ad incominciare dalle condizioni nelle quali si esprime la volontà dell’individuo («l’agire libero in molti casi può essere indirizzato contro se stessi e lo Stato combatte le droghe e i suicidi») e soprattutto alle conseguenze che tale norma potrebbe avere in termini di abusi e pressione sociale sul malato”.
“Non sono mancati i riferimenti a quanto accede nei Paesi che hanno legiferato in materia («si pratica l’eutanasia sui minori, aumentano i casi per i malati psichiatrici e oncologici, di recente si è avuto il caso di una doppia eutanasia moglie-partner») per ribadire che ciò che è più urgente è garantire la piene applicazione della legge sulle cure palliative: «Il problema è l’abbandono terapeutico e non l’accanimento ed ogni paziente può sottrarsi alla terapia ma non alla cura, intesa come prendersi cura di una persona»”.
Il testo, che è stato arricchito tenendo conto anche di alcuni contributi portati durante tutte le varie audizioni che si sono susseguite in fase di discussione della norma, verrà ora inoltrato all’assessorato alla Sanità per le valutazioni tecniche e alla commissione Bilancio per il parere sulla spesa. Dopodiché tornerà nuovamente in commissione Salute per il voto finale, e proseguirà l’iter in Aula per la sua approvazione.
Elisabetta Caredda