È iniziato in commissione Salute dell’Assemblea legislativa Siciliana il confronto con l’assessore Daniela Faraoni sulla nuova rete ospedaliera regionale. Nessun documento è ancora uscito dalle stanze ufficiali di discussione, ma consiglieri e sindacati hanno espresso chiaramente il loro disappunto, denunciando non solo i tagli dei posti letto e il rischio di abbandono delle aree interne, ma anche la mancanza di un piano complessivo per la sanità siciliana, sottolineando come non sia possibile parlare di una rimodulazione della rete ospedaliera senza una riorganizzazione completa e forte dell’assistenza territoriale. I sindacati contestano anche alla Regione di avere fatto tutto da soli, con il risultato di avere tra le mani un documento tutto (o almeno in gran parte) da rifare.
Lo scorso 21 luglio si è tenuto il previsto incontro, a Palermo, con l’Assessorato Sanità e i sindacati. Rosario Di Carlo, presente per FVM-Fismu, spiega che Faraoni “ha aperto la discussione sulla Bozza della Rete Ospedaliera (anche in funzione della Rete Territoriale, secondo il D.M. 77); ed ha precisato che il progetto è frutto di diversi fattori: intanto l’interlocuzione con il Ministero della Salute che ha chiesto per la Sicilia il riequilibrio fra le Unità di Medicina e di Chirurgia ed ha auspicato la risoluzione del Piano di Rientro, 2) del confronto con i Sindaci come da l. 502/92, 3) dei desiderata dei Direttori Generali delle Aziende Sanitarie. Dopo il turno di confronto con i sindacati, si attende anche quello con i Rettori delle Università Siciliane. Quindi il testo passerà alla VI Commissione. La bozza, sottolineiamo, non ha preso in considerazione la Rete dell’Emergenza-Urgenza e i Punti Nascita: la revisione è prevista in un prossimo futuro”.
FVM-Fismu, anche con il contributo del vice segretario nazionale di FVM-Fismu, Stanislao Bentivegna, ha analizzato un progetto che non sembra “tenere conto dell’offerta assistenziale attuale, complessivamente erogata”. Bentivegna e Di Carlo hanno spiegato: “Così non si riusciranno ad evitare le duplicazioni di reparti simili; non c’è la rimodulazione dei piccoli presidi ospedalieri, che invece continueranno ad esistere (magari con l’ausilio, al bisogno, di équipe di specialisti e/o chirurghi itineranti); dubitiamo che le UOC confermate o ridotte o eliminate siano state valutate secondo volumi di attività ed esiti. Abbiamo espresso preoccupazione, dato il sovraccarico di attività e la carenza cronica degli organici e dei posti letto (p.l.), per pazienti e medici e operatori sanitari. In conclusione, abbiamo detto che non ci potrà mai essere una adeguata Rete Ospedaliera senza una buona Rete Territoriale e abbiamo chiesto un Tavolo permanente di confronto per affrontare il tema”.
Bentivegna e Di Carlo, quindi, hanno preso atto della risposta dell’assessora che “ha chiarito che l’impegno principale di questo Governo Regionale è uscire dal piano di rientro”, e che solo allora “si potrà mettere mano ai tetti di spesa e alle piante organiche”. “Fermo restando che – riportano sempre Di Carlo e Bentivegna – si dovrà tenere conto dei parametri della Balduzzi e che questa rimodulazione sconta la diminuzione della popolazione siciliana, secondo l’ISTAT, da 5.092.080 a 4.779.371: ci saranno 367 p.l. in meno (299 per acuti e 68 per post-acuti). E si rischia di perdere ulteriori 450 p.l. legati alla mobilità passiva (questo parametro per ora è stato ignorato poiché la Balduzzi è oggetto di rivisitazione). Altro dato comunicato: la Sicilia a tutt’oggi non ha attivato 2.200 p.l., possibili già col D.A. n.22 del 19 gennaio 2019”.
I dirigenti di FVM-Fismu hanno infine ricordato che “il dr. La Placa ha tenuto a precisare che ci sono dal 2021 risorse economiche destinate alle risorse Umane della rete Territoriale, insufficienti, ma ci sono”.
Per Cgil Sicilia il piano della rete ospedaliera va sospeso e riscritto dopo confronto vero con parti sociali e territori”. Quello ad oggi, infatti, è per Cgil “un confronto pro forma, su un documento già confezionato vorremmo sapere in che sedi e con quali contributi, e che presenta errori, lacune, un’impostazione sbagliata che ci porta a dire che questo piano regionale della rete ospedaliera va sospeso e riscritto”.
La Cgil ha presentato durante l’incontro un documento che si addentra su quelli che il sindacato giudica gli “errori gravi” della bozza del governo. Peraltro, “non rispettando i parametri del Dm 77 e di fatto violando la norma (il decreto che detta modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale)” si rischia, secondo la Cgil, l’impugnativa da parte dello Stato. La Cgil non si limita alle critiche ma avanza, nel documento proposte precise. “Il fatto che dopo una discussione di poche ore con 21 sigle il testo vada già domattina in commissione- affermano Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia e Francesco Lucchesi, segretario confederale regionale – è inquietante, e la dice lunga sulla considerazione e la funzione che questo governo attribuisce al confronto. Dalla quasi totalità dei sindaci – rilevano- giungono critiche. In quali stanze e con quali soggetti si è redatto il piano- chiedono dunque- visto che i direttori generali territoriali dichiarano che quelle non sono le loro proposte? E con quali obiettivi- chiede la Cgil- visto che è evidente che non va incontro al bisogno di salute dei siciliani? Il governo-affermano Mannino e Lucchesi- deve fare un passo indietro e riscrivere il piano della rete ospedaliera dopo una consultazione vera con le parti sociali e i territori, per la condivisione di obiettivi e percorsi”.
“Ci auguriamo che la nuova rete ospedaliera possa farci uscire dopo 18 anni dal piano di rientro – afferma Carmelo Calvagno, segretario regionale dirigenza medica e sanitaria Fp Cgil- affinché si possano fare le nuove assunzioni, necessarie al funzionamento del sistema sanitario. Attualmente nella bozza del governo manca l’articolazione delle strutture complesse che l’assessore avrebbe fatto bene a presentare- aggiunge- certamente colmare questa lacuna è fondamentale, così come una maggiore collaborazione con i sindacati”.
Nel documento , la Cgil sottolinea “la scarsa attenzione nella bozza alle aree interne, nelle quali si riducono i posti letto”. Inoltre “l’accento sulla lunga degenza, privilegiando dunque l’ospedalizzazione, e non la fase acuta del bisogno, non guardando alla medicina del territorio e alla presa in carico del soggetto”. Vengono dunque indicate tre direttrici lungo le quali secondo il sindacato occorre muoversi: “La medicina territoriale, la rete dell’emergenza urgenza e la rete ospedaliera, l’integrazione socio- sanitaria”. “Tutti ambiti- sottolineano Mannino e Lucchesi- o sottovalutati o su cui si scontano ritardi”. Viene rilevato tra le altre cose, nel testo del sindacato, che non si tiene conto della complementarietà con case e ospedali di comunità, non si potenziano i pronto soccorso e “si continua a non tenere conto di chi lavora nella sanità, incentivandone di fatto la migrazione verso le strutture private, peggiorando la cronica carenza di personale, cui non si pone rimedio”.
Nel documento la Cgil sottolinea la necessità del “coraggio delle scelte, a partire dalle nomine dei direttori generali”, per i quali il sindacato rivendica “laicità rispetto al potere politico pervasivo e invadente” e che vengano scelti sulla base di competenze e curriculum. La Cgil chiede investimenti in tutte le articolazioni della sanità pubblica a partire dal personale, i cui organici vanno rinfoltiti in tutte le articolazioni”.
Attenzione anche alle attività No Core, della quali il sindacato chiede l’internalizzazione. Il sindacato chiede “l’applicazione pedissequa delle previsioni del Dm 77 e la velocizzazione degli interventi della misura 6 del Pnrr”. “Il superamento dei tetti di spesa- rileva la Cgil- si pone come fondamentale, così come la rimodulazione della spesa a partire dalle risorse impiegate per i ‘gettonisti’ che potrebbero essere utilizzate per assunzioni e stabilizzazioni. Il documento della Cgil prosegue illustrando le sue richieste, per approdare a quelle che riguardano il piano sanitario, “che deve avere come punti centrali – anche la medicina di genere e la sicurezza.
Anche la segretaria generale della Uil Sicilia, Luisella Lionti, auspica “un confronto più concreto sulla riorganizzazione della rete ospedaliera anche in funzione della rete di medicina territoriale che non può più rimanere un progetto sulla carta ma anzi deve divenire realtà. I territori non devono essere abbandonati, servono strutture che garantiscano l’emergenza”.
“Il tema della rete ospedaliera – dicono il segretario generale della Cisl Sicilia, Leonardo La Piana, il segretario generale della CISL FP Sicilia Daniele Passanisi e il segretario generale della Cisl Medici Sicilia, Massimo De Natale – non è una semplice questione di numeri sui posti letto che aumentano o diminuiscono. Occorre avere chiaro il progetto complessivo che si vuole portare avanti e come si intende realizzarlo, perché è indispensabile garantire un servizio sanitario che riguardi il territorio e le strutture ospedaliere”.
Per la Cisl, “non si può esprimere un giudizio compiuto ed esaustivo su quanto illustrato oggi dall’assessore Faraoni, perché il piano è limitato a una parte del sistema sanitario siciliano”.“La riorganizzazione della rete ospedaliere – dichiarano La Piana, Passanisi e De Natale – non può prescindere da un potenziamento reale della medicina del territorio, ancora di più in una realtà come quella siciliana, contraddistinta da numerose aree interne, in cui i servizi oggi sono ridotti all’osso, con carenza di struttura e di personale”. “Senza una rete territoriale efficiente – proseguono – non si risolve peraltro il problema del sovraffollamento delle aree di emergenza dei nosocomi e del sovraccarico per le strutture ospedaliere”. La Cisl siciliana propone di istituire un tavolo permanente con le parti sociali. “Noi continueremo a monitorare il percorso, nella piena convinzione che si deve partire – dichiarano La Piana, Passanisi e De Natale – da una visione strategica che metta al centro le persone, il diritto alla salute e l’equità nell’accesso ai servizi”.
“Schifani e Meloni – è il commento della deputata Pd Maria Stefania Marino – continuano a smantellare la sanità pubblica in Sicilia, accanendosi con i territori più fragili. La provincia di Enna, già duramente colpita da anni di depotenziamento dei servizi, rischia infatti un ulteriore e inaccettabile arretramento. Per chiedere conto di questi ulteriori tagli e per chiarire se verrà avallata una nuova riduzione di 76 posti letto nella rete ospedaliera ennese, ho depositato un’interrogazione parlamentare”.
“La bozza della nuova rete ospedaliera regionale – aggiunge – prevede un drastico ridimensionamento dei servizi in tutte le aree interne della Sicilia, e colpisce duramente i quattro presìdi della provincia di Enna: 23 posti letto in meno a Piazza Armerina, 30 a Leonforte, altri 23 all’Umberto I di Enna, con tagli che coinvolgono reparti cruciali come ostetricia, ginecologia, pediatria e ortopedia. Tutto ciò in un territorio già segnato da carenze croniche di personale sanitario, da concorsi deserti e da una mobilità passiva che supera il 35 per cento. È un attacco inaccettabile al diritto costituzionale alla salute e una vera e propria condanna per chi vive lontano dai grandi centri. In queste condizioni, non solo si nega l’assistenza ai cittadini, ma si accelera anche lo spopolamento delle aree interne”, conclude Marino.
Critico anche Davide Faraone, vice-presidente di Italia Viva. “Il progetto di revisione della Rete ospedaliera elaborato dall’assessore Faraoni, se attuato, otterrà un unico, paradossale risultato: dare il colpo di grazia a una sanità siciliana già agonizzante”, le sue parole riprese dall’Ansa. “Il responso dell’analisi effettuata dal centro studi di Italia viva sugli effetti della bozza Faraoni – aggiunge Faraone – lascia pochi spazi al dubbio: l’assessore alla Sanità, con il consenso del presidente Schifani, stanno preparando un disastro. Il documento lascia prevedere criticità sia a livello generale che, scendendo nei particolari delle realtà provinciali, locale”.
“Grazie alla redistribuzione di letti escogitata da Faraoni, 6 province su 9 avranno un numero di letti inferiore alla media complessiva. Il risultato sarà un deficit di letti pari a 1840 posti. A essere particolarmente penalizzate, saranno province, come Agrigento o Ragusa, con percentuali di persone anziane alte e flussi turistici considerevoli. Caltanissetta e Enna si trovano al di sotto della soglia di sicurezza indicata dall’OMS (3 posti letto/1.000 abitanti)”, prosegue Faraoni.
“La dimostrazione plastica che si tratta di scelte arbitrarie o dettate dalle peggiori logiche locali è l’eccessiva concentrazione di letti a Palermo e Catania”, dichiara ancora Faraone. “C’è poi un sottodimensionamento tecnologico, con l’annullamento degli investimenti dedicati per apparecchiature d’avanguardia (Tac ad alta risoluzione, angiografi) nelle aree non metropolitane. Una mobilità forzata dei pazienti: l’assenza di Unità operative specialistiche in 6 province obbliga il 38% dei pazienti complessi a migrare verso Palermo/Catania (dati Agenas 2024). Un rischio concreto di desertificazione medica: senza reparti specialistici funzionanti, si accelererà l’esodo dei medici specialisti dalle aree interne In sintesi: la proposta Faraoni ètutta sbagliata, tutta da rifare. Applicare la ricetta Faraoni senza modifiche significherebbe tradurre in realtà una catastrofe annunciata. Noi di Iv faremo di tutto per impedirlo”, conclude Faraone.
Per il capogruppo del M5S all’Ars Antonio De Luca “non bisogna fare in fretta, occorre fare bene e in questo momento non lo si sta facendo per nulla. Anzi, a dirla tutta, la bozza della rete ospedaliera attualmente disponibile è un disastro. Anche la maggioranza è ipercritica sulle scelte operate dal governo e sui tagli che, onestamente, sono incomprensibili”.
“Non si può – dice De Luca – operare al buio, o quasi, come si sta facendo oggi. Occorre ascoltare i territori e convocare in commissione amministratori, dirigenti, comitati e personale. Occorrono pure i dati della rete territoriale, delle unità operative, delle reti collegate a quella ospedaliera”. “Non si può – conclude De Luca – progettare il futuro guardando malamente al passato e questa rete è solo un pessimo restyling di quella del del 2022, che a sua volta era una modifica di quella mai entrata in vigore prodotta dall’allora assessore Gucciardi. In altre parole è una rete vecchia, anche se ancora deve nascere”.
Quattro, in particolare, i fattori condizionanti generali negativi per De Luca:
1) “Essendo una rete rimaneggiata su quella del D.A. 19/2022, che a sua volta modificava la rete precedente, ha una base ultradecennale che non considera l’inversione demografica nel frattempo occorsa”. 2) “Non considera i dati di attività delle singole situazioni provinciali nemmeno per grandi aree (chirurgica e medica)”.
3) “Non considera i flussi intraregionali di bacino di utenza per specialità (flussi che ho più volte ufficialmente richiesto) che ci direbbero dove tagliare e dove incrementare o attivare con cognizione di causa”.
4) “Non si aggancia ai dati di mortalità specifica per patologia che ha delle discrepanze impressionanti tra le province, che sono la spia dell’insufficienza di efficacia dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) locali, con buona pace dell’equa accessibilità ai servizi ospedalieri indipendentemente dalla residenza. Un esempio per tutti? La mortalità per diabete, patologia a largo impatto sociale. Una situazione che in questo momento classifica utenti di serie A e serie B nella stessa regione e non considera le preoccupanti diversità di aspettativa di vita”.