Cimo Fesmed solleva dubbio sui due recenti decreti del Veneto (n. 46 e n. 47 del 9 luglio 2025) che fissano i criteri per l’individuazione dei centri di riferimento chirurgici per i pazienti affetti da tumore allo stomaco, al colon e al retto. “Tenendo in considerazione esclusivamente il numero di interventi effettuati nel 2024, gli ospedali sono quindi stati suddivisi in tre tipologie: quelli che raggiungono la soglia di interventi individuata e possiedono i requisiti strutturali tecnologici e professionali; quelli che garantiscono solo il livello minimo di chirurgia; e quelli dove è possibile fare diagnosi e trattamenti ma non interventi chirurgici”, sintetizza il sindacato in una nota sottolineando come, tuttavia, i criteri individuati comportino importanti limiti e penalizzazioni.
“Siamo fortemente contrari ai criteri individuati, che non tengono in considerazione altri fattori fondamentali come, ad esempio, il tasso di sopravvivenza a 30 giorni, eventuali complicanze post-operatorie o l’esperienza del singolo chirurgo – dichiarano Guido Quici, Presidente nazionale del sindacato dei medici Federazione Cimo-Fesmed, e Giovanni Leoni, Presidente CIMO-FESMED Veneto -. Come è stato già evidenziato da Vincenzo Bottino, Presidente dell’associazione dei chirurghi ACOI, occorrerebbe quindi passare da un approccio numerico ad uno basato sugli esiti misurati, con equità, prossimità e tempi certi di cura”.
“Inoltre – aggiungono Quici e Leoni – una tale riorganizzazione risulta eccessivamente penalizzante per i pazienti, costretti a viaggi continui, e per gli ospedali periferici, che in assenza di interventi in elezione non potranno eseguire nemmeno gli interventi urgenti collegati a queste patologie, con la naturale e conseguente fuga dei professionisti dalle strutture più piccole”.
“Dubitiamo inoltre che gli ospedali hub del Veneto abbiano le capacità strutturali e professionali di affrontare la centralizzazione degli interventi, con il rischio che le liste d’attesa si allunghino – specifica Leoni -. Un tale cambio di paradigma, opposto alla politica della “medicina di prossimità” ripetuto da tutti come un mantra, non fa che creare enorme confusione e perplessità sia nei professionisti che nei cittadini”.
“Spesso il Veneto su questioni che riguardano la sanità fa da apripista ad altre Regioni – aggiunge Quici – e non vorremmo che tali decisioni, basate su criteri numerici, venissero adottate anche in altre parti d’Italia. CIMO-FESMED è da sempre sostenitrice di una riorganizzazione razionale della rete e dei servizi ospedalieri, ma si tratta di processi delicati e complessi, che vanno necessariamente intrapresi tenendo in considerazione le evidenze scientifiche e coinvolgendo i professionisti, che conoscono le necessità e le criticità di ogni branca della medicina e dell’offerta sanitaria di ciascun territorio”.
La Federazione Cimo Fesmed chiede dunque alla Regione Veneto di adottare una delibera programmatica e di indirizzo chiara, che tenga conto anche delle criticità evidenziate.