Sono 3 milioni le persone che in Italia, secondo le stime del Collegio Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Salute Mentale, soffrono di un disagio psichico e 800 mila quelle assistite da servizi psichiatrici (fonte rapporto salute mentale del Ministero della Salute), ma restano escluse dalle cure almeno 2 milioni di persone. C’è poi da fare i conti con l’aumento vertiginoso dei disturbi psichici in adolescenza, con il rischio di patologizzazione dei comportamenti e la frammentazione e carenze delle risposte territoriali. La cronaca quotidiana ci consegna le conseguenze drammatiche di questo fenomeno. Ci sono bisogni in crescita e la necessità di costruire risposte per far fronte a questa vera e propria emergenza.
Ed è per questo che Confcooperative Sanità e Confcooperative Federsolidarietà hanno organizzato oggi a Roma, presso il Palazzo della Cooperazione, il convengo Cooperazione sociale e salute mentale: confronti, dialogo, sfide proposte per un diverso “prendersi cura”.
L’obiettivo è migliorare l’assistenza delle persone con problemi di salute mentale con percorsi personalizzati sempre più a misura di paziente, puntando molto sulla prevenzione e sul coinvolgimento della rete familiare per dare risposte innovative. Una giornata di lavoro per mettere a confronto le migliori esperienze sul campo e la collaborazione tra sistema pubblico e le cooperative sociali che svolgono un ruolo fondamentale in un approccio integrale al benessere della persona. Sul fronte della salute mentale, Confcooperative associa circa 400 cooperative con oltre 25mila lavoratori occupati. E nelle cooperative sociali di tipo b sono oltre 6 mila i lavoratori con problemi di salute mentale che trovano un’occupazione attraverso un percorso di inserimento socio lavorativo.
“Col convegno di oggi – ha commentato il presidente di Confcooperative Federsolidarietà, Stefano Granata - vogliamo rilanciare l’impegno delle oltre 400 cooperative sociali aderenti che sono impegnate nella salute mentale, vogliamo accendere un faro su questo patrimonio di buone prassi e avviare un percorso che proseguirà con iniziative a livello territoriale puntando certamente sull’analisi dei problemi ma soprattutto sulla capacità della nostra rete di dare risposte efficaci, proposte attuabili, puntando sulla collaborazione con il sistema pubblico. Oggi la prima necessità è riuscire ad intercettare i bisogni quando si manifestano e offrire risposte, è il tempo di agire”.
“Sin dalla legge Basaglia la salute mentale è stata un’aree di grande innovazione del nostro sistema sociosanitario e potrebbe esserlo ancora - afferma Mauro Abate, Vicepresidente Vicario di Confcooperative Sanità - se sfruttassimo a pieno il potenziale della cooperazione e del partenariato pubblico-privato anche attraverso gli istituti dell’amministrazione condivisa. Il settore, però, sconta un sottofinanziamento strutturale e continua ad essere trascurato, nonostante la marea montante del disagio psichico nel nostro Paese. Basti pensare che il PNRR non ha destinato un solo euro al rafforzamento dei servizi per la salute mentale. Così si acerba il senso di abbondano di persone e famiglie che si trovano ad affrontare simili problematiche, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno dove i servizi sono rarefatti e, anche quando esistono, spesso sono inaccessibili.
Un esempio: le strutture socioriabilitative di mantenimento ricevono solo il 40% della tariffa dal Ssn, lasciando il resto a carico di persone in stato di grave disagio socioeconomico o di Comuni in dissesto. Servono interventi tempestivi e di stimolo al lavoro in rete di tutte le professionalità̀ del territorio, che già sono organizzati in formula cooperativa, quali medici, pediatri, professionisti sanitari e sociosanitari, prima che la povertà sanitaria – conclude Abate - generi un’ondata di emarginati privi di qualsiasi aiuto. Una situazione inaccettabile per un sistema sanitario universale e solidaristico come il nostro”.