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Per l’Aifa un Papa straniero, ma non troppo

di Fabrizio Gianfrate

Del neo direttore i puristi più ortodossi applaudiranno il pregresso lontano che più non si poteva, agli antipodi, essendosi fatto le ossa in Nuova Zelanda. Forse lo saranno meno circa la pretesa rigorosa illibatezza, visto che già lavorò anche in Aifa e al Ministero degli Esteri ai tempi d’oro di Berlusconi regnante. Ruoli puramente tecnici, sia chiaro, pur nella misura in cui potevano esserlo dato il contesto

17 SET - “Luca Li Bassi chi?” D’istinto ho reagito così, ingiustamente con scarso rispetto, alla designazione del nuovo DG AIFA. Come quando fu indicato il nome di Conte come premier (“ma chi l’allenatore?”). Invece quelle nomine sono la rappresentazione plastica dello spirito del Governo del Cambiamento: gente “nuova”, la cui cifra sia di non essere stata coinvolta in passato con i precedenti “establishment”
 
Cambiamento sì, ma con prudenza per l’AIFA. E’ già una delle migliori agenzie farma in tutta l’OCSE, capace di garantire la copertura farmaceutica più completa con la spesa pubblica più bassa. E pure leader assoluta EU in aspetti specifici come i Managed Entry Agreements o la lotta alle contraffazioni. E con una tecnostruttura di specialisti eccellenti.
 
Scrivevo qui su QS della difficoltà, forse impossibilità, a trovare per il DG un profilo “competente” ma “illibato”, di coniugare l’ortodossia con la competenza, uno molto bravo ma con uno storico “lontano” dall’establishment e da rapporti sia economici con l’industria sia con la “vecchia” politica, per usare il lessico del nuovo corso.
 
Illibatezza ardua da trovare. Tanto che, paradossalmente, per sceglierlo sono stati chiamati tre “Saggi”, specchiati ed autorevoli professionisti, sia chiaro, che però nell’“establishment” sono fisiologicamente immersi e dai regolari rapporti con industrie e governi precedenti, istituzionalmente, come normale, inevitabile e anzi meritorio a certi elevati livelli di competenza. Il re dei vegani scelto da una giuria di grossisti di carni, ma i migliori esperti di alimentazione su piazza.
 
Del resto, va detto, che in linea generale chi non ha pregressi dal passato, se da un lato è più libero dai relativi vincoli, dall’altro proprio da quelli è meno protetto e quindi teoricamente più debole ed orientabile, nel bene o nel male, da chi l’ha voluto.
 
Del neo direttore i puristi più ortodossi applaudiranno il pregresso lontano che più non si poteva, agli antipodi, essendosi fatto le ossa in Nuova Zelanda. Forse lo saranno meno circa la pretesa rigorosa illibatezza, visto che già lavorò anche in AIFA e al Ministero degli Esteri ai tempi d’oro di Berlusconi regnante. Ruoli puramente tecnici, sia chiaro, pur nella misura in cui potevano esserlo dato il contesto. Appunto l’impossibile castità totale di cui scrivevo.
 
Circa le competenze personali soggettive Li Bassi ci zittisce tutti col suo corposo Cv da “seasoned” del settore. Su quelle oggettive specifiche, l’avere partecipato all’Agenzia neozelandese Pharmac una ventina di anni fa, come esaltato dalla Ministra Grillo, è secondo me propedeutico solo in parte a guidare oggi l’AIFA, essendo come passare da copilota di un Fokker a comandante di un Jumbo (col meteo in burrasca, visti i farmaci in arrivo e le risorse disponibili).
 
Ma come dicono saggiamente ad Auckland “nessuno nasce imparato”. Allora a Luca Li Bassi, quindi a tutti noi data l’importanza collettiva dell’AIFA, per le sue tremebonde sfide future, vada un sincero grosso in bocca al lupo. Anzi sempre come direbbero (stavolta davvero) nell’angiporto di Auckland: “Break a leg, damn!”
 
Fabrizio Gianfrate (Gianfrate chi?) 

17 settembre 2018
© Riproduzione riservata

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