Si può perdere fino a un litro di sangue nei giorni successivi a un intervento di chirurgia ortopedica. E questo “può determinare anemia, che rende necessaria la trasfusione, o la comparsa di un ematoma che, se non si riassorbe, deve essere nuovamente operato per scongiurare un’infezione, un problema molto importante, che allunga i tempi di recupero del paziente”. Così Francesco Saverio Santori, presidente della Società Italiana dell’Anca illustra uno dei problemi più frequenti per chi si sottopone a chirurgia ortopedica nel corso del 41° Congresso degli Ortopedici Traumatologi Ospedalieri D’Italia.
La risposta, finora, è stata sottoporre il paziente a trasfusioni di sangue, un trattamento che, per quanto consolidato, non è esente da rischi: infezioni virali e batteriche, shock anafilattico, episodi di febbre alta non sono infatti eventi rari.
Da tempo si cerca di ovviare a questa complicanza con diverse tecniche. Ora dal congresso arriva la conferma che una delle strategie più efficaci è la colla di fibrina, un emostatico sigillante che, utilizzato direttamente in sede operatoria, permette di controllare il sanguinamento limitando così il rischio di ematomi e di infiammazioni e tumefazioni. Spruzzato come uno spray alla fine dell’intervento su tutto il “campo” chirurgico esposto, la colla di fibrina forma infatti un film adesivo che favorisce la coagulazione.
La conferma dell’efficacia è arrivata da uno studio condotto presso l’Ospedale San Pietro di Roma su un gruppo di 220 pazienti che ha valutato la necessità di ricorre a trasfusioni in pazienti trattati con colla di fibrina rispetto a pazienti sottoposti a trattamento standard. Dalla ricerca è emerso che soltanto il 23% dei 110 pazienti trattati ha avuto bisogno della trasfusione, contro il 58% di quelli non trattati. Inoltre, tra quelli trattati con colla di fibrina, solo nello 0,9% dei casi c’è stato bisogno della seconda trasfusione; diversamente, in quelli trasfusi sono stati necessari due o più flaconi di sangue in oltre il 10% dei casi.
“Quando utilizziamo la colla di fibrina – ha affermato Santori – è sufficiente programmare un solo flacone di sangue invece che due, con un netto miglioramento dello stato di benessere del paziente e la riduzione del rischio di complicazioni”.
Risultati analoghi sono stati evidenziati da uno studio condotto presso la Chirurgia Ortopedica del Policlinico San Donato, dove fino a quattro anni fa la percentuale di pazienti trasfusi con sangue omologo era circa del 30-40%, mentre oggi è quasi azzerata. Lo studio ha dimostrato che nel gruppo di pazienti in cui vengono utilizzate tutte le metodiche per limitare il sanguinamento (eccetto la colla di fibrina), la percentuale di pazienti trasfusi si è ridotta dal 40% al 17%; ma nei pazienti trattati anche con farmaci a base di colla di fibrina questa percentuale è scesa fino al 3%.