PDTA epato-bilio-pancreatico di Ferrara: un modello integrato per la presa in carico del paziente
A Ferrara il PDTA dedicato alle patologie epatiche, biliari e pancreatiche unisce ospedale e territorio in un percorso multidisciplinare che migliora la continuità assistenziale e introduce strumenti innovativi per il controllo metabolico post-operatorio
La gestione delle neoplasie epatiche, biliari e pancreatiche rappresenta una delle sfide più complesse dell’oncologia moderna, e richiede un approccio multidisciplinare, un’elevata specializzazione e una continuità assistenziale di alto livello. L’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara e l’Azienda USL territoriale, hanno dunque strutturato un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) epato-bilio-pancreatico che mette al centro il paziente e coordina le diverse competenze cliniche coinvolte lungo tutto il percorso di cura.
Un percorso condiviso tra ospedale e territorio
“L’Azienda Ospedaliero-Universitaria gestisce tanti pazienti oncologici e formalizzare un PDTA per le principali patologie ha degli innegabili valori aggiunti, sia per i professionisti, ma anche e soprattutto per i pazienti”, spiega Nicoletta Natalini, Direttrice Generale dell’Azienda USL e Commissaria Straordinaria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara. “Nel caso specifico il PDTA per le neoplasie epato-bilio-pancreatiche – prosegue – è un esempio virtuoso del fatto che le due aziende, con competenze anche differenti, lavorano insieme per il bene del paziente. La diabetologia, ad esempio, è un’unità operativa territoriale solo dell’AUSL, ma è stata inserita a pieno titolo all’interno del PDTA ospedaliero e continua a seguire il paziente prima, durante e dopo l’intervento chirurgico per l’asportazione della neoplasia”.
La presenza di un documento formalizzato consente di rendere chiari e misurabili i passaggi del paziente tra le diverse unità operative, garantendo tempi certi e una tracciabilità costante dei percorsi di cura. “Questo – aggiunge Natalini – ci permette di registrare, monitorare e misurare i vari passaggi. I pazienti con queste patologie complesse attraversano tanti servizi e tante unità operative, ognuna con la propria specializzazione. Un percorso scritto e condiviso chiarisce come avviene il passaggio tra un’unità e l’altra, a chi il paziente deve fare riferimento e in quali tempi”.
La complessità clinica richiede un approccio multidisciplinare
“Le patologie del fegato e del pancreas sono, per definizione, complesse”, sottolinea Francesco Lancellotti, Chirurgo epato-bilio-pancreatico dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia d’Urgenza dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara. “Già la fase diagnostica richiede il coinvolgimento di più specialisti: non bastano ecografia e TAC, ma servono anche risonanza, PET e a volte esami endoscopici. Lo stesso vale per il trattamento, che può comprendere radioterapia, ablazione di piccole metastasi, terapie sistemiche e naturalmente chirurgia”.
L’approccio integrato è dunque essenziale. “È un trattamento combinato – spiega Lancellotti – in cui la continuità assistenziale è fondamentale: prendere in carico un paziente indipendentemente dal punto di accesso, sia esso il Pronto Soccorso o il territorio, significa evitare il gap tra diagnosi e trattamento, accelerando l’intero percorso di cura”. Il chirurgo sottolinea anche l’importanza della standardizzazione dei trattamenti, che “consente di offrire cure coerenti con le migliori pratiche nazionali e internazionali, ma sempre personalizzate sul singolo caso”. E aggiunge: “Quando un paziente si interfaccia con uno specialista, in realtà dietro a quel medico c’è già un’équipe di cinque, sei o sette professionisti che condividono la valutazione e le decisioni terapeutiche. È questa la vera presa in carico multidisciplinare”.
Diabetologia e tecnologia: il controllo glicemico nel post-operatorio
Una delle peculiarità del PDTA di Ferrara è l’integrazione della diabetologia nel percorso chirurgico, aspetto di grande rilievo clinico per i pazienti sottoposti a pancreasectomia. “Il ruolo della diabetologia all’interno del PDTA pancreatico è molto importante nella fase post-operatoria”, spiega Marcello Monesi, Direttore dell’UOC di Diabetologia Territoriale della AUSL di Ferrara. “I pazienti sottoposti a pancreatectomia perdono la capacità di produrre insulina e necessitano di somministrazioni esogene, analogamente a quanto accade nel diabete mellito di tipo 1. Si tratta di casi clinicamente complessi, in cui il raggiungimento di un adeguato compenso glicemico risulta particolarmente difficile, soprattutto nella fase post-operatoria immediata.”.
Per migliorare il controllo metabolico, Ferrara ha introdotto una tecnologia innovativa: l’utilizzo in questi pazienti di sensori per il monitoraggio in continuo del glucosio. “Questi dispositivi – spiega Monesi – consentono alla nostra équipe di leggere a distanza l’andamento glicemico dei pazienti e supportare con grande efficacia l’adeguamento terapeutico in accordo con l’équipe chirurgica”. Il risultato è un flusso più rapido e sicuro verso la dimissione: “Quando il paziente viene dimesso dalla struttura chirurgica, è già pronto per essere accolto dalla diabetologia territoriale, avendo familiarizzato con lo strumento che poi lo accompagnerà nella vita successiva”. Natalini sottolinea come questa innovazione sia stata inserita nel PDTA che permette la misurazione continua della glicemia in fase preoperatoria, durante l’intervento e nel postoperatorio. I dati vengono trasmessi in telemonitoraggio al diabetologo territoriale, che può decidere se il paziente può essere dimesso o necessita di ulteriori controlli, sottolineando la garanzia di tutela degli operatori sanitari in un setting di cura ospedaliero (on label). “L’uso di un sensore consente un monitoraggio in continuo della glicemia evitando i prelievi o il rilievo della glicemia capillare” conclude Natalini. E questo, in pazienti fragili e/o in fasi delicate del percorso terapeutico, come il decorso post-operatorio, permette di sperimentare nuove strategie di presa in carico e porta grande valore aggiunto per il paziente.
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