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II futuro del Ssn: cinque (insostituibili) contributi del management, cinque sfide

di Francesco Longo e Alberto Ricci

17 NOV - Il SSN, nei prossimi anni, dovrà implementare gli investimenti del PNRR in un contesto di risorse correnti abbastanza stabili, a fronte di una popolazione sempre più anziana, di una società meno coesa e meno benestante del passato, mentre proseguono cambiamenti tecnologici vorticosi. Tutte queste tendenze sono approfondite nel capitolo introduttivo del Rapporto OASI 2021. In questa sede vorremmo focalizzarci sul contributo specifico che, potenzialmente, il management delle aziende sanitarie può fornire per rafforzare il SSN e produrre ricadute sociali generative. Con tutti i limiti del caso, proponiamo di riflettere su cinque ambiti che rappresentano altrettante sfide.

Il primo ambito è quello della mission. L’esperienza del Covid ha dimostrato che se esiste un senso di urgenza per una missione ritenuta socialmente rilevante e professionalmente condivisa, le aziende del SSN sono in grado di diventare mission driven, ponendo in secondo piano sia le identità professionali, sia le procedure amministrative. Il management (vertice strategico e relativi staff e riporti) può lavorare per ricreare un orizzonte di senso altrettanto urgente e condiviso. Questa volta però dovrà essere orientato a una nuova finalità: la risposta ai bisogni collettivi di salute indotti dall’epidemiologia attuale e prospettica.
 
La missione e l’identità aziendale si rafforzano attivando una correlata metrica di rappresentazione delle finalità, delle attività aziendali e dei risultati ottenuti. Se la nuova missione urgente del SSN è la cura proattiva degli oltre 20 milioni di pazienti cronici del nostro Paese, la metrica diventa quanti sono stati presi in carico, quanti sono aderenti alle terapie, quanti hanno esiti intermedi di salute soddisfacenti. In fondo, la logica è simile a quella sperimentata durante il COVID, quando le autorità sanitarie hanno misurato i contagiati, i morti, i vaccinati, ecc.

Il secondo ambito è quello del parco infrastrutturale e tecnologico: consistente, frammentato, e per questo, spesso superato e mal mantenuto. A titolo d’esempio citiamo i quasi 9.000 ambulatori e laboratori (poco meno di uno ogni 7.000 abitanti), uno standard di tecnologie pari al 160% del livello europeo ma con un tasso di ammortamento medio all’80%, oppure un tasso di saturazione delle principali discipline chirurgiche che prima della pandemia era compreso tra il 60 e l’80%. Il PNRR mette a disposizione cifre importanti per investire in ospedali, servizi territoriali e grandi tecnologie. Le aziende sanitarie possono coraggiosamente impegnarsi per razionalizzare la rete infrastrutturale, riducendo il numero dei punti erogativi, offrendone di maggiore qualità e più ricchi di contenuti assistenziali. In questa partita il ruolo del management è probabilmente più rilevante di qualsiasi indirizzo regionale o nazionale. Il management è l’unico che, all’atto pratico, può generare visioni aziendali ampie e solide in grado di aprirsi efficacemente a una logica sussidiaria; è il livello che può davvero dialogare con i professionisti, ascoltare e coinvolgere forze politiche ed enti locali, associazioni di pazienti, sindacati e molti altri importanti stakeholder del territorio.

Il terzo ambito riguarda la scelta della vocazione prioritaria dei luoghi (setting) di cura. Gli indirizzi di politica sanitaria del PNRR rispetto ai piccoli ospedali, alle Case e agli Ospedali della Comunità, alle Centrali Operative Territoriali, sono più o meno sostanzialmente indeterminati. È fisiologico così per ragioni di mediazione politico-istituzionale; ma anche, sul piano tecnico, perché esistono esperienze già molto diversificate anche all’interno di una stessa regione o addirittura di una stessa azienda. Ad esempio, la Casa della Comunità (CdC) in alcuni territori può e potrà imperniarsi prevalentemente sulla medicina generale, in altri registrare una partecipazione più massiccia degli infermieri di comunità, o degli specialisti territoriali. Sulla base di quanto già esiste e di ciò che manca, la CdC in alcuni casi ospiterà un OSCO, in altri no. Per il management si apre una finestra di opportunità in cui collocare progettualità disegnate per singoli territori, con maggiore probabilità di successo attuativo.

Il quarto ambito riguarda il ridisegno dei servizi. I setting almeno parzialmente rinnovati e la digitalizzazione sono le principali leve per un radicale ridisegno delle caratteristiche dei servizi. Nel mondo dell’home banking e della food delivery, un eventuale modello erogativo tradizionale, composto da sportelli fisici e centralini telefonici spesso occupati, significherebbe proporre servizi sanitari immediatamente percepiti come vetusti.
Inoltre, la digitalizzazione dei servizi potrebbe permettere di standardizzare di più i tassi di fruizione, di controllare meglio la compliance, di migliorare gli esiti clinici. Allo stesso modo la digitalizzazione potrebbe consentire importanti contenimenti dei costi sui processi di back office e sulle tempistiche di accesso.

Il quinto ambito riguarda le politiche del personale. Il SSN ha assunto molto personale nel periodo COVID, con profili professionali e forme contrattuali variegate. Per aziende e ospedali si impongono alcuni trade-off interessanti che non possono essere governati (se non per sommi capi) dal livello regionale e nazionale. Quanto personale in più posso ragionevolmente sostenere, sapendo che prima o poi il tema della sostenibilità economica tornerà cruciale? Quali sono i profili professionali che devo privilegiare e in quale setting erogativo devo collocarli? Quali formule contrattuali devo applicare considerando la flessibilità un valore, che tuttavia non deve trasformarsi in forme di cronica instabilità lavorativa e di svalutazione del contributo dei professionisti? Anche in questo caso gli spazi di autonomia strategica per il management sono rilevanti. È ragionevole interrogarsi sul mix di competenze professionali e format contrattuali che sarebbe opportuno avere a disposizione in cinque-dieci anni.

Oggi esiste uno spazio di opportunità importante per il management delle aziende sanitarie, che, crediamo, saprà dare ancora un’ottima prova di sé, non più per gestire un’emergenza, ma per disegnare un futuro positivo e sostenibile.
 
Francesco Longo e Alberto Ricci
CERGAS, SDA Bocconi

17 novembre 2021
© Riproduzione riservata

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