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Tumori. The Bridge, Aiom, Simit e Sita: “Il 90% oncologi chiede raccomandazioni nazionali per curare persone con Hiv”


Questo quanto emerso da una suvey che ha coinvolto i soci di tre società scientifiche (Aiom, Simit, Sita). 185 professionisti hanno risposto. La maggior parte (90%) concorda sulla necessità di elaborare raccomandazioni nazionali volte a supportare lo specialista nella gestione e nell'ottimizzazione del trattamento del paziente oncologico con Hiv.

01 DIC - La necessità di una riflessione su come oggi i tumori stiano diventando comorbidità prevalenti per la comunità delle persone con Hiv è emersa nel corso della conferenza stampa di ieri alla Camera sull’iniziativa “Montecitorio illuminato di rosso”, promossa dall’On. Mauro D’Attis, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Aids che si celebra il 1° dicembre di ogni anno.

Su questo tema Fondazione The Bridge, Fondazione Aiom - Associazione Italiana Oncologia Medica, Simit - Società Italiana di Malattie infettive e Tropicali e Sita - Società Italiana di Terapia Antinfettiva hanno realizzato una survey rivolta a oncologi e infettivologi per valutare il loro grado di collaborazione e conoscenza nella gestione del paziente oncologico con Hiv. La survey nasce dalla riflessione che, nonostante i progressi sia nel campo infettivologico che oncologico, il tumore colpisce in modo particolare le persone con Hiv.

I numeri
Oggi, le persone con Hiv nel mondo sono 39 milioni, mentre in Italia sono 7 su 1000. Il test dell’Hiv viene raramente eseguito sui pazienti oncologici (dall’11% al 40%) e su quelli che effettuano il test, la prevalenza dei positivi è doppia rispetto a quella della popolazione generale. Il cancro si attesta come una delle principali cause di mortalità nei pazienti con Hiv, che hanno minori opportunità di cura in termini di terapie e di risposta alle stesse rispetto agli altri pazienti.

La survey
Sono stati interrogati i soci di tre società scientifiche (Aiom, Simit, Sita). 185 professionisti hanno risposto. Il 54% esercita la propria professione al Nord e il 30% al Sud. Il 70% sono dirigenti medici che lavorano in ospedale.

Il 12% degli oncologi riferisce di non aver mai curato un paziente Hiv+. Inoltre, il 66% di oncologi e infettivologi percepisce una maggiore preoccupazione nel trattare questa tipologia di paziente. Per il 22% dei professionisti la mancata presenza di entrambe le specialità nel medesimo ospedale rende più complessa l'interazione, con conseguente difficoltà per gli oncologi nel trattare con terapie immunosoppressive il paziente oncologico, senza l'assistenza di un infettivologo.

Dalla survey emerge una scarsa disponibilità a rispondere al questionario da parte degli oncologi, che può essere interpretata come scarsa consapevolezza dell’entità del fenomeno. Ciononostante, coloro che hanno risposto, hanno manifestato una preoccupazione riguardo il trattamento dei pazienti oncologici con Hiv. Infine, emerge una disomogeneità nei metodi di collaborazione con gli infettivologi nei vari centri, anche per l’assenza di uno dei due specialisti nel medesimo centro.

La maggior parte (90%) concorda sulla necessità di elaborare raccomandazioni nazionali volte a supportare lo specialista nella gestione e nell'ottimizzazione del trattamento del paziente oncologico con Hiv.

L’esigenza di raccomandazioni nazionali
Sulla base delle risultanze della survey, si è creato un gruppo di lavoro formato da oncologi, infettivologici e rappresentanti delle associazioni di pazienti che si è impegnato a redigere delle raccomandazioni nazionali che rendano equo l’accesso alle cure oncologiche per i pazienti HIV su tutto il territorio nazionale.

01 dicembre 2023
© Riproduzione riservata


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