In Italia la sopravvivenza dei malati di tumore continua ad aumentare, ma al Sud è di 4-10 punti percentuali più bassa che al Centro-Nord.
Se si considera l’insieme di tutti i tumori (esclusi quelli di vescica e cute), la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi dei malati oncologici In Italia è pari al 50% per gli uomini e al 60% per le donne.
Questo dato è superiore alla media europea ed è simile a quello registrato nei Paesi scandinavi, mentre è inferiore a quello degli Stati del Nord America.
Tra il 1990 e il 2007 il periodo di permanenza in vita dei malati di cancro è aumentato del 14% per gli uomini e del 9% per le donne. Questo importante miglioramento permane anche a distanza di 10 e 15 anni dalla diagnosi.
La sopravvivenza a 5 anni per i tumori di maggiore impatto sociale mostra che a fianco di neoplasie a buona prognosi permangono ancora tumori a prognosi infausta:
* la sopravvivenza è alta per alcune sedi tumorali quali tiroide (94%), mammella della donna (87%), prostata (89%), cervice uterina (61%) e colon-retto (58%);
* è inferiore al 50% per le leucemie (43%) e il tumore dello stomaco (29%);
* ed è al di sotto del 20% per fegato (14%) e polmone (13%).
Negli uomini la sopravvivenza a 5 anni è di circa 10 punti percentuali più bassa rispetto a quella delle donne e nella gran parte dei tumori maligni la sopravvivenza appare inversamente proporzionale all’età.
Questi i risultati principali del Rapporto Airtum 2011 che, come informa una nota dell'Associazione italiana registro tumori, è dedicato alla sopravvivenza oncologica e si basa sulle informazioni raccolte dai 31 Registri afferenti alla rete Airtum. Complessivamente è coperto il 38% della popolazione residente nel Paese e le analisi hanno riguardato oltre 1.490.000 casi di tumore diagnosticati tra il 1990 e il 2007, con aggiornamento dello stato in vita al 31.12.2008. Lo studio è finanziato dal ministero della Salute, tramite il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM).
"Il dato più rassicurante è che nel nostro Paese la sopravvivenza dei malati di tumore cresce ancora, quello che fa più riflettere è la permanenza di una differenza tra Centro-Nord e Sud che varia tra i 4 e i 10 punti percentuali in relazione ai diversi tumori indagati" spiega Mario Fusco, direttore del Registro Tumori di popolazione della Campania, coordinatore del Rapporto. "Questo divario era già noto, ma ora l’affermazione è rafforzata dall’accresciuta rappresentatività dei registri del Sud, il cui numero negli ultimi anni è raddoppiato, passando da 4 a 8".
"Le sopravvivenze più basse rilevate al Sud", sottolinea Fusco "riguardano tumori diversi per prognosi e per disponibilità di interventi sanitari, tendono a persistere anche tra coloro che sono sopravvissuti al primo anno dopo la diagnosi e anche tra i malati che sopravvivono per più di 5 anni dalla data di diagnosi. Ciò significa che la più bassa sopravvivenza non è limitata ai casi con malattia intercettata in stadio più avanzato. Quest’ultimo elemento suggerisce che le criticità presenti all’interno dei sistemi sanitari delle Regioni meridionali non siano limitate alla fase diagnostica, ma siano presenti anche nelle successive fasi di gestione della malattia.
"E’ possibile, dunque, conclude Fusco, che le differenze rilevate tra il Sud e le altre aree del Paese siano dovute a:
* ritardo diagnostico che determina la rilevazione della malattia in fase più avanzata e, quindi, con prognosi peggiore;
* disuguaglianze nell’accesso ai percorsi diagnostico-terapeutici;
* qualità dei servizi di diagnosi e cura erogati;
* ridotta introduzione di modelli di trattamento multidisciplinare.
"Sarebbe opportuno" auspica Stefano Ferretti, segretario nazionale Airtum "che le differenze rilevate e le possibili cause individuate, diventino, per la sanità pubblica italiana, elementi di approfondimenti e analisi per avviare i necessari interventi di programmazione e controllo. Senza di questi, non vi saranno miglioramenti". "L’analisi specificaper genere, sottolinea ancora Ferretti, rileva che la sopravvivenza a 5 anni negli uomini è di circa 10 punti percentuali più bassa rispetto a quella delle donne; in questo caso ciò è chiaramente determinato dalla diversa distribuzione nei due generi di tumori a prognosi differente".