Una ‘tassa’ farmaceutica da 15,4 miliardi di euro l’anno, interamente a carico delle famiglie italiane. È questa la fotografia che emerge dal Quaderno n. 4 “La Sanità in cammino per il cambiamento”, pubblicato dalle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti. Un’analisi che va ben oltre la questione dei tetti di spesa, dipingendo un sistema in cui il costo dei farmaci diventa un peso insostenibile sia per i cittadini che per la finanza pubblica, con un’Italia spaccata in due e meccanismi di contenimento, come il payback, in piena crisi.
ìNel 2024, la spesa complessiva per farmaci e presidi medici ha toccato i 37,7 miliardi di euro. La vera novità dell’analisi della Corte dei Conti è la scomposizione di questo importo: ben 15,4 miliardi (il 41%) sono stati pagati direttamente dalle famiglie (spesa out-of-pocket). Si tratta di un dato che racconta la fuga verso il privato per sopperire a carenze o lunghe attese nel pubblico, ma anche il peso di farmaci da banco, dispositivi e altri prodotti non rimborsati dal Ssn. Una spesa “rigida” che, a differenza di altre voci sanitarie, non accenna a calare.
Contemporaneamente, la componente pubblica è cresciuta a ritmi sostenuti: +6.6% in un anno, per un totale di 20,9 miliardi di euro. Una crescita che ha contribuito in modo decisivo al peggioramento dei bilanci regionali, tanto che la Corte identifica gli “acquisti di beni” – categoria in cui ricadono i farmaci – come una delle 5 voci principali che hanno trainato l’aumento dei costi sanitari nel 2024 (+9.1%).
Il rapporto conferma che i tetti di spesa, pur essendo sistematicamente superati, sono ormai un confine inefficace. Nonostante l’innalzamento del limite per gli acquisti diretti dall’8.15% all’8.5% del Fondo Sanitario Nazionale, tutte le Regioni lo hanno sforato, con uno scostamento record di 4,1 miliardi di euro. Il meccanismo del payback, che dovrebbe far rientrare il 50% di queste eccedenze dalle aziende, è in stallo per il contenzioso e gli interventi legislativi che hanno di fatto ridotto gli oneri per le imprese. “L’inasprimento dei disavanzi e il sistematico superamento dei tetti pongono con urgenza la necessità di un ripensamento degli strumenti di governance”, avverte la Corte.
L’analisi regionale svela un’Italia a due velocità. Le regioni già in difficoltà con i loro piani di rientro, come Lazio, Campania e Molise, hanno registrato aumenti della spesa farmaceutica pubblica superiori all’11%, contro una media del 9.3% delle altre. Più nel dettaglio, i risultati del Lazio si sono attestati ad un +15,6 per cento), mentre Molise e Campania hanno registrato rispettivamente +10,5 e +13,8 per cento. Un dato che indica maggiori difficoltà nel governo della spesa.
Ma è un altro il dato che preoccupa: la Corte segnala una crescita “più che doppia rispetto alla media” per i farmaci ex file F, i farmaci innovativi e ad alto costo, proprio nelle regioni a statuto ordinario del Sud. Questo suggerisce che, sebbene partano da livelli più bassi, queste aree stanno affrontando ora l’impatto economico dell’innovazione terapeutica, con un’impennata di spesa difficile da assorbire da bilanci già fragili.
Il quadro che emerge è quello di una tripla crisi: lo Stato non riesce a contenere la spesa pubblica nonostante i vincoli, i cittadini sono costretti a fare sempre più ricorso al proprio portafoglio e le regioni più deboli faticano a gestire l’arrivo dei farmaci più costosi.
La sfida per il 2026, anno che la Corte dei Conti definisce “decisivo per la sanità pubblica”, non sarà quindi solo di trovare nuove coperture, ma di avviare una riflessione organica su un modello farmaceutico più sostenibile, che sappia coniugare l’accesso all’innovazione, l’equità per i cittadini e la tenuta dei conti pubblici.