Il Pnrr rischia sempre di più di essere una occasione mancata
PNRR: stato dell’arte in generale Il Governo ha rivendicato due importanti risultati riguardanti il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Da un lato lo sblocco dei fondi legati della settima rata, attesi dallo scorso dicembre. Dall’altro l’invio della richiesta di pagamento dell’ottava rata legata al completamento di ulteriori 40 scadenze. Si tratta certamente di risultati di rilievo, tuttavia non si deve dimenticare il fatto che il rispetto del cronoprogramma è stato possibile solo a seguito di plurime revisioni del Piano Italiano. A febbraio 2025, risultava speso appena un terzo delle risorse assegnate al nostro Paese. Il lavoro da fare in termini di realizzazione degli interventi quindi è ancora rilevante. Tanto che lo stesso Ministro italiano con delega al PNRR ha annunciato una ulteriore revisione del Piano in autunno.
Nonostante queste difficoltà, l’Italia è ad oggi uno dei Paesi Ue più avanti nella realizzazione del proprio PNRR. Molti Stati membri infatti stanno incontrando degli ostacoli nell’attuazione. Proprio per questo motivo, lo scorso 18 giugno il Parlamento Europeo ha approvato una in cui si esorta la Commissione a valutare la possibilità di estendere per ulteriori 18 mesi il (RRF), lo strumento finanziario che alimenta i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza.
Finora l’ipotesi di sforare la scadenza del 2026 è stata considerata un tabù. E in effetti la Commissione Europea in una comunicazione di inizio giugno, pur evidenziando i ritardi, aveva ribadito come questo limite temporale fosse inderogabile. In realtà si cerca di andare nella direzione della massima efficacia possibile nell’erogazione dei fondi assegnati e nella realizzazione degli interventi finanziati.
Questo anche a costo di rinunciare almeno in parte alle ambizioni iniziali. Nel caso del PNRR italiano, ad esempio, le priorità trasversali che avrebbero dovuto portare a una riduzione dei divari territoriali, di genere e generazionali rischiano di essere tagliate o fortemente ridimensionate con buona pace del sociale.
PNRR, a che punto sono i singoli Paesi della UE L’attuazione dei PNRR registra difficoltà in tutta l’UE, non solo in Italia. L’impostazione del RRF prevede un modello performance based. L’erogazione dei fondi assegnati ai diversi stati è condizionata al raggiungimento di determinati traguardi e obiettivi (le cosiddette scadenze). Sulla base dei dati contenuti nel documento della Commissione UE, al 4 giugno sono ancora da erogare circa 335 miliardi di euro, di cui circa 154 Mld in sovvenzioni a fondo perduto e 180 Mld in prestiti. L’ammontare del RRF è di circa 650 Mld di euro, ne deriva che, a poco più di un anno dalla conclusione dei Piani Nazionali, oltre la metà delle risorse deve ancora essere erogata. Per l’esattezza una quota pari al 51,5% delle risorse RRF è ancora da erogare ai singoli Paesi.
Il nostro Paese ha già ottenuto 122 Mld di euro sui 194,4 Mld assegnati (pari al 62,7%). La Commissione UE ha dato il via libera all’erogazione dei fondi legati alla settima rata per un ammontare complessivo di 18,3 Mld di euro. Il Governo ha presentato la richiesta di pagamento dell’ottava rata per circa 12,8 Mld di euro. Quindi il nostro Paese è tra quelli con la quota di risorse già ricevute più alta.
Circa le scadenze da conseguire, la situazione è piuttosto complicate in quasi tutti i Paesi UE. In base ai dati della Commissione UE, i vari Paesi devono ancora presentare la documentazione relativa al completamento di oltre 4.300 traguardi e obiettivi sui 7.105 totali. Questo comporta che nel complesso le scadenze ancora da conseguire sono circa il 68%. Più nel dettaglio, la quota di scadenze già completate più elevata è quella riportata dalla Francia (82%).
Seguono Danimarca (57%), Germania (54%) ed Estonia (49%). Italia e Lussemburgo si trovano entrambe al 43%.
Infografica 1 – La percentuale di milestone e target ancora da completare per paese
(Fonte Commissione UE)
L’Italia è tra gli stati membri che hanno già inviato il maggior numero di proposte di revisione (5) insieme a Belgio, Irlanda e Spagna. Per quanto riguarda l’Italia inoltre una sesta revisione del Piano Italiano è annunciata per questo autunno. Tutti i Paesi hanno presentato almeno 2 richieste di modifica e molti sono ancora in attesa del via libera dell’ultima richiesta di revisione inviata. Si trovano in questa condizione 11 stati Ue tra cui anche Spagna e Germania.
Le opzioni alternative per la Commissione UE per completare i PNRR La Commissione UE ha incoraggiato gli stati membri a rivedere in maniera mirata i propri Piani, adottando una strategia più flessibile e pragmatica, in linea con le reali capacità di esecuzione. La Commissione UE suggerisce di potenziare le misure che stanno già mostrando buoni risultati, ampliandone la portata nei casi in cui vi sia una domanda elevata o emergano performance superiori alle aspettative iniziali. Nel caso italiano ad esempio, come abbiamo visto, l’erogazione di risorse attraverso incentivi alle imprese e crediti d’imposta ha permesso di velocizzare notevolmente le procedure.
Le risorse trasferibili possono arrivare fino al 4%, a cui può aggiungersi un ulteriore 6% per le misure che contribuiscono agli obiettivi della piattaforma per le Tecnologie Strategiche per l’Europa (Step). Il traguardo finale del PNRR sarebbe l’approvazione di tutte le operazioni di investimento entro il 31 agosto 2026.
La Commissione UE in caso di reiterazione delle difficoltà operative suggerisce di rinunciare a una parte delle risorse assegnate sotto forma di prestito. L’Italia ha deciso a suo tempo di richiedere il massimo delle risorse che avrebbe potuto prendere, vale a dire circa 122,6 Mld di euro.
Un’ulteriore possibilità riguarda i progetti di ampia scala (come le grandi opere infrastrutturali) che, pur rimanendo strategici, non potranno essere completati entro la scadenza del dispositivo. In questi casi, si suggerisce di suddividere gli interventi, mantenendo nel PNRR solo le parti realmente realizzabili entro i termini previsti. Le restanti parti potranno essere portate avanti con risorse nazionali o mediante il ricorso ad altri strumenti dell’Unione, come i Fondi Strutturali.
La Commissione UE ha aperto anche alla possibilità di utilizzare parte dei Fondi per rafforzare il ruolo delle Banche e degli Istituti di Promozione Nazionali. Attraverso conferimenti di capitale mirati, questi Enti potranno espandere la propria operatività in settori chiave come la transizione energetica, la decarbonizzazione industriale, la sicurezza e la difesa. Diventano ammissibili anche forme di contributo volontario al futuro Programma Europeo per l’Industria Della Difesa (EDIP) e ai programmi dell’Ue per le comunicazioni satellitari, come Iris2 o Galileo. Questo se gli investimenti vadano concretamente a beneficio dello Stato membro e siano coerenti con le priorità comuni europee. Le ambizioni trasformative del PNRR sembrano essersi ridimensionate in maniera significativa.
Il PNRR per stato avanzamento per singola Missione … Al maggio 2025 risultano 159 Mld di euro del PNRR in qualche modo impegnati, a fronte dei 194,4 miliardi complessivi. La differenza è di 35 Mld di euro, cui vanno aggiunti circa 3 Mld di euro e oltre 12 mila progetti dei quali ReGis non è in grado di certificare a che punto è la fase di attuazione.
La spesa sostenuta, al 31 maggio 2025, è pari a 74,3 Mld di euro, il 38,22% del totale. L’incremento della spesa rispetto a febbraio 2025 è di circa 8,582 Mld di euro, poco meno di tre miliardi al mese. Va peggio sul fronte dei pagamenti che, al 30 giugno 2025, risultavano pari a poco più di 70 miliardi, 5,63 Mld di euro in più rispetto al 31 marzo 2025. Ciò significa che, a poco più di un anno dalla conclusione del PNRR, non si è riusciti a spendere nemmeno la quota parte di risorse ricevute per Milestone e Target conseguiti dal governo Draghi (prefinanziamento e 3 rate) pari a 85 miliardi di euro.
Ricordiamo che la spesa dichiarata viene imputata mensilmente dalle Amministrazioni titolari e registra l’avanzamento finanziario aggregato delle singole misure del PNRR. I pagamenti rappresentano le spese sostenute dai Soggetti attuatori per le attività realizzate (o da realizzare in caso di anticipi) a costi reali o a costi standard. Il numero dei progetti censiti è pari a 298.339. Essi prevedono fondi PNRR per 159,101 Mld di euro e mobilitano risorse comprensive di altre fonti di finanziamento pari a 214,512 Mld di euro. I progetti che si sono conclusi o hanno raggiunto il segmento finale nell’iter di attuazione fanno riferimento a risorse pari a circa 65 Mld di euro.
Tabella 1 – Lo stato di realizzazione delle singole Misure ad oggi

(Fonte: elaborazione su dati Ragioneria Dello Stato e ReGIS)
- Per la Missione 5 “Inclusione e coesione” su un obiettivo di 4,1 Mld di euro siamo ad una spesa dichiarata di 13,1 Mld, ovvero con ancora 990 Mln di euro da impegnare. Siamo ad una spesa di 10.010 Mln di euro, pari al 24,46%.
- Per la Missione 6 “Salute e resilienza” su un obiettivo di 4,3 Mld di euro siamo ad una spesa dichiarata di 2,91 Mld, ovvero con ancora 1,363 Mln di euro da impegnare. Siamo ad una spesa di 16,026 Mld di euro, pari al 27,61%.
Tabella 2 – Percentuali di avanzamento nella realizzazione dei progetti PNRR:

(Fonte: elaborazione su dati Ragioneria Dello Stato e ReGIS)
Impatto del PNRR sul PIL italiano …
Nel DEF di aprile 2025 era previsto un impatto del PNRR sul PIL di 0,9 punti percentuali (p.p.) di crescita aggiuntiva per il 2024, ma nella successiva stima aggiornata del PSB, a pochi mesi dalla fine dell’anno, l’impatto stimato è sceso a +0,1 %. Revisioni al ribasso sulle stime di impatto erano già avvenute in passato: per esempio, per il 2023 la stima di impatto annuale del PNRR è passata da +0,7 p.p. nel DEF 2021 a +0,5 p.p. nel DEF 2024, ovvero “a consuntivo” rispetto alle informazioni sulla spesa effettiva. Revisioni ancora più ampie si sono registrate per il 2021 e 2022.
Grafico 1 – Impatto annuale del PNRR sul PIL, Modello QUEST-III R&D

(Fonte: Elaborazioni Centro Studi Confindustria su dati DEF e PSB)
Il Governo nelle successive revisioni ha mantenuto una ipotesi di impatto cumulato all’ultimo anno pressoché invariato, prevedendo che tutte le risorse saranno comunque spese entro il termine ultimo di implementazione 2020-2026. Nel PSB, la stima di impatto cumulato al 2026, sotto l’ipotesi di “efficienza alta”, è stata rivista leggermente al rialzo rispetto al DEF di aprile, da 3,4 % a 3,7 %. Mancano solo 16 mesi alla conclusione del PNRR. In particolare, gli 0,8% di crescita aggiuntiva mancanti dal 2024 (Grafico 1) sono stati attribuiti tutti all’ultimo anno: infatti la stima di impatto del PNRR sul PIL 2026 si è raddoppiata, da +0,8% a +1,6%. Una stima di crescita così ampia, tuttavia, suscita molte perplessità. Gli Osservatori nazionali e internazionali danno ad oggi una ipotesi di crescita del PIL italiano nel 2026 intorno all’1%, quindi non paiono confermare uno scenario di impatto del Piano così ampio sul PIL.
Gli obiettivi del PNRR nella Missione 6 “Salute e resilienza”
Gli obiettivi macro della Misura, al netto delle varie riformulazioni del PNRR, erano e sono i seguenti
Tabella 3 – Rimodulazione degli obiettivi della Misura 6 del PNRR negli anni
|
Tipologia |
PNRR 2021 |
PNRR 2023 |
PNRR 2024 |
% Realizzazione |
|
Case di Comunità |
3.010 |
1.512 |
1.038 |
17,1% |
|
Ospedali di Comunità |
650 |
611 |
592 |
15,1% |
|
COT Centrali Operative Territoriali |
430 |
400 |
307 |
98,0% |
|
ADI (pazienti presi in carico) |
800.000 |
800.00 |
842.000 |
37,5% |
(Elaborazioni su dati Ragioneria dello Stato, Corte dei Conti e ReGIS)
Gli obiettivi del PNRR Misura 6 sono stati ulteriormente ridimensionati, quindi, come segue:
- Case di Comunità da 1.512 a 1.038 = – 474, pari al – 31,34%;
- ADI da 800.0000 pazienti e 842.000 pazienti = + 42.000 pazienti in più pari a + 5,25%
- COT, Centrali Operative Territoriali da 600 a 400 = – 200 pari al – 33,3%;
- Ospedali di Comunità da 400 a 307 = -93 pari al – 23,25%.
Le COT sono di fatto le vecchie CUA del periodo pandemico riconvertite in COT-A e COT-D. Le vecchie Case della Salute non sono state tutte riconvertite in case di Comunità. Almeno i criteri AGENAS sono relativi alla verifica delle funzionalità previste nel DM77. Molte Case della Salute preesistenti non hanno tutti i requisiti del DM77 “obbligatori”, come molti Ospedali di Comunità, ex UDI, non hanno tutti gli standard sempre del DM77, vedi il Lazio dove con una ricerca svolta dal DiSSE, Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche della “Sapienza” di due anni fa, inizio PNRR, aveva censito 13 Ospedali di Comunità. Applicando gli standard DM77 non ne è stato considerato nemmeno uno …
Permangono quindi problemi di valutazione delle esperienze in essere e una certa “rigidità” di valutazione porta a risultati consolidati ancora più ridotti rispetto alle realtà. Spesso la mancanza di finanziamenti per il personale riduce il numero di strutture accreditabili ai sensi del DM77 … un serpente che si mangia la coda …
Tabella 4 – Rimodulazione degli obiettivi del Modulo 6 con l’ultima revisione del PNRR
(Elaborazione da Relazione della Corte dei Conti)
Il finanziamento del SSN e dei SSR …
Il finanziamento del SSN e dei SSR tramite le dotazioni del FSN tramite il PSB vede un consolidato in cui, dopo i finanziamenti del periodo pandemico, arrivati al 7,2%, si è tornati progressivamente verso percentuali anche più basse del periodo pre pandemia. Siamo al 6,2% che non copre le esigenze del sistema, tenendo conto dell’effetto inflattivo.
Inoltre abbiamo un rilevante problema di personale che rischia di lasciare vuote le strutture previste con il PNRR italiano. Mancano MMG e PLS, mancano infermieri, mancano altri operatori sanitari, manca una progettazione integrata basata su recuperi di appropriatezza e di efficientamento dei servizi e in questo contesto si incomincia a parlare di “secondo pilastro” della sanità italiana avviando una proposta di riforma della “sanità integrativa”, ex lege “Job Act” (2016).
Infografica 5 – Incidenza sul PIL Italiano delle dotazioni del FSN (2010-2025)

(Fonte Elaborazione Fondazione GIMBE)
Tabella 6 – Documento programmatico di Finanza Pubblica 2025 – previsioni incidenza del FSN sul PIL (2025-2028)
Criticità e prospettive. Lo stato di attuazione del PNRR Missione 6 registra difficoltà, a partire dalle linee di intervento nazionali a quelle regionali e locali. Si riscontrano incertezze operative degli enti locali e delle Aziende sanitarie nell’implementazione delle progettazioni loro delegate. Nonostante le parziali semplificazioni procedurali introdotte e il supporto di Invitalia SPA per l’attuazione di programmi e progetti finalizzati al potenziamento delle infrastrutture sanitarie e alla digitalizzazione dei servizi​, i tempi di attuazione rimangono lenti. In particolare nelle regioni del Centro-Sud.
Nel PNRR sono previsti anche programmi di formazione in campo sociosanitario rivolti a 5.000 amministrativi e 300.000 sanitari. Tali programmi, che le Regioni stanno attuando in questi ultimi mesi, sono in forte ritardo rispetto al timing PNRR. La scelta dei contenuti e degli strumenti formativi non sembra sempre aderire a un disegno strategico, tanto meno concertato.
La riorganizzazione delle reti territoriali costituite da Ospedali di Comunità, Case di Comunità, COT e ADI con anche la riorganizzazione in rete di RSA, Centri diurni e Hospice, stenta a decollare. Fra le cause anche il ridimensionamento del ruolo dei Distretti sociosanitari delle ASL, che nella bozza del cosiddetto DM 71 venivano definiti come “Agenzie di salute” per le popolazioni loro afferenti ma che, dopo una sentenza del Consiglio di Stato, nel DM 77 sono stati fortemente ridimensionati.
I Distretti diventano, o meglio, rimangono così semplicemente dei punti di governo delle reti territoriali in una logica di “day by day” che non risponde né alla “visione” del PNRR né a basare pianificazioni ed azioni sulla stratificazione dei bisogni delle popolazioni. Un metodo, quest’ultimo, indispensabile per garantire una programmazione territoriale progettata sulla “domanda” di servizi e non sulla disponibilità della loro “offerta”, che nelle filiere assistenziali sociosanitarie vede prevalentemente organizzazioni private “accreditate”, private “profit”, Enti del Terzo Settore, associazionismo e volontariato.
Gli investimenti in tecnologie e in nuovi modelli operativi non sono immediatamente “labour saving” … anzi, come avviene anche nelle imprese che operano in altri settori, richiedono una prototipazione dei nuovi modelli, la loro messa a regime e poi una loro diffusione generalizzata, salvo contestualizzazioni ad hoc.
Nella fase di affiancamento del “nuovo” con il “vecchio” si registra inevitabilmente una sovraproduzione di costi la cui gestione, al momento, non è presa in seria considerazione. I vantaggi e le ottimizzazioni arriveranno solo a medio termine, se e quando saremo stati in grado di arrivarci.
C’è poi una questione di primaria importanza: per la messa in rete delle Case e degli Ospedali di Comunità resta il nodo del personale che non abbiamo e non sappiamo in che misura avremo.
Tutto ciò evidenzia l’assenza di una governance solida in grado di realizzare una visione sistemica coerente con gli obiettivi della Missione 6. Occorre ricordarsi sempre che la finalità del PNRR non è quella di mitigare gli effetti del cronico sottofinanziamento del SSN ma di agire da leva per investimenti strategici e cambiamenti proiettati sul futuro.
Da questo punto di vista, molto opportunamente, si sono privilegiati due fattori chiave: cure di prossimità e digitalizzazione. Le scelte allocative del governo in carica e quelli futuri ci mostreranno se saremo stati capaci di trasformare in opportunità durature questa disponibilità finanziaria eccezionale ma temporanea.
L’impresa non è delle più agevoli in tempi in cui le scelte di finanza pubblica si confrontano con incertezze globali, previsioni di bassa crescita, livello elevato di debito pubblico, aumento d’impieghi in nuovi settori, come ad esempio quello delle spese militari.
Infine, Il valore autentico del PNRR dovrebbe essere quello di agire come leva per sviluppi ulteriori e virtuosi, in termini di valore pubblico e innovazione generata. Tuttavia, emergono elementi che fanno sospettare come, in ambito sociosanitario ma non solo, una parte delle risorse possa essere stata utilizzata per colmare deficit strutturali preesistenti più che per attivare reali processi di trasformazione. Tale dinamica, già segnalata da diverse analisi (Corte dei Conti, 2025; Fondazione GIMBE, 2025; UCP Università Cattolica, 2025), non sminuisce l’importanza del Piano, ma ne riduce l’effetto di spinta sistemica. Diventa quindi cruciale che, nel periodo post-PNRR, le istituzioni riescano a consolidare le esperienze virtuose attivate e a mantenere il focus sull’impatto generato in termini di valore aggiunto per cittadini, territori e comunità.
Giorgio Banchieri,
Segretario Nazionale ASIQUAS, Docente DiSSE, Università “Sapienza”, Roma
Andrea Vannucci,
Membro CTS ASIQUAS, Docente DiSM, Università Siena, Membro CD Accademia di Medicina, Genova.
Riferimenti
- Rapporto Corte dei Conti 2025
- Rapporto UBP 2025
- Rapporto GIMBE 2025
- Rapporto Ufficio Studi CGIL 2025
- Rapporto Eurostat su PNRR nei Paesi UE 2025
- Rapporto UCP Università “Cattolica” 2025 Osservatorio Openpolis 2025
- Rapporto AGENAS – Monitoraggio Missione 6, 2025
20 Ottobre 2025
© Riproduzione riservata
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