Nel grigio autunno del 2012… la prima decisione concluse il contenzioso allora insorto sulla esistenza giuridica della corrente “AOU S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona”, al cui esito fu pronunciata dal TAR campano, sezione prima (rel. Buonauro), la sentenza n. 4425, depositata il 6 novembre 2012. In essa veniva scandito che, nel caso di costituzione di aziende ospedaliere universitarie: “si appalesa(va) ineludibile l’intervento dell’amministrazione statale: nel modello transitorio alla proposta preliminare della Regione (di concerto con l’Università) segue una fase di iniziativa ministeriale e una fase decisoria affidata ad una delibera del Consiglio dei Ministri (art. 4, comma 1 quater, citato); nel modello ordinario la fase propositiva è condizionata da un’autorizzazione interministeriale (con parere della Conferenza Stato-Regioni), che tiene conto del fabbisogno formativo complessivo del Paese e della localizzazione delle strutture formative già esistenti, ed una fase decisoria che si conclude con un decreto del Consiglio dei Ministri (art. 8 citato).
Ed allora, in disparte la confusione fra i due modelli costitutivi, nel caso di specie manca del tutto l’intervento dello Stato, tanto che la Regione Campania, con nota prot. n. 0075242 del 28 gennaio 2010, ha trasmesso la delibera gravata con ricorso introduttivo di proposta di costituzione dell’azienda integrata al Ministero della Salute ed al Ministero dell’Istruzione”.
Una siffatta affermazione giurisprudenziale, ormai consolidata, fu propedeutica – nonostante una pregressa ma ininfluente regolazione regionale campana che la considerava legittimamente istituita – alla richiesta e conseguente rilascio del DPCM del 31 gennaio 2013 (G. U. n. 55 del 6 marzo 2013), con il quale si ebbe a costituire a buon diritto – per l’appunto – l’unica Azienda Ospedaliera Universitaria regolarmente operante, come tale, nel Paese.
Nella primavera inoltrata da poco trascorsa
Più recentemente, è toccato affrontare il medesimo tema alla seconda sezione del TAR della Campania. Con la sentenza n. 3516/2025 (rel. Cavallo), depositata il 5 maggio scorso, i giudici partenopei hanno detto la loro in relazione alla obbligatorietà del DPCM per il perfezionamento della costituzione giuridica delle AOU, arrivando in proposito ad una conclusione fondata, tuttavia, su una diversa interpretazione degli adempimenti previsti nella generalità, al riguardo, dal D.lgs. n. 517/99. Lo ha fatto generando un confronto esegetico tra quanto previsto nell’art. 8, comma secondo, recante “Norme transitorie e finali”, messo in relazione con l’art. 2, comma due, del d.lgs. 517/1999.
A seguito di ciò, il TAR della Campania è pervenuto, con l’anzidetta sentenza 3561/2025, ad una “particolare” conclusione in riferimento alla AO(U) Federico II di Napoli, asserendo che: la norma introduttiva dell’obbligatorietà del rilascio del DPCM costitutivo, di cui all’art. 8, comma secondo, del d. lgs. 517/1999, «riguarda la costituzione delle nuove aziende diverse da quelle di cui alla lettera a) dell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. e dei nuovi policlinici gestiti da università non statali, per i quali è prevista l’autorizzazione con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica di concerto con il Ministro della sanità, sentita la Conferenza Stato-regioni». Conseguentemente, non coinvolgente «un’azienda ospedaliera integrata ai sensi della lett. a) del comma 2 dell’art. 2, già costituita (ipso facto) e che ha già seguito l’iter procedimentale previsto dal D.Lgs. n. 157/99 (517)».
Ha così concluso, prescindendo dall’esistenza della legge della Regione Campania n. 18/2022, che ne sanciva l’esistenza giuridica «in contrasto e/o in deroga alla normativa statale», che – proprio per questo – «ha invaso presunte competenze riservate esclusivamente allo Stato».
Di conseguenza, il TAR di Napoli ha asserito che, tenuto conto dell’assoluta ininfluenza dell’art. 9 della anzidetta L.R. 18/2022, la AO (nel caso specifico, “Federico II di Napoli”), incardinata nel contenzioso posto al suo esame, è da riconoscersi ugualmente “universitaria”, pur in senso diverso dalle AOU. Una qualificazione, questa, resa tuttavia non adattabile al caso oggetto di contenzioso sia per l’assenza di un atto conclusivo condiviso favorevolmente dai ministeri competenti della fase sperimentale quadriennale che per la mancata adozione (ad oggi) dell’atto di indirizzo e coordinamento del Ministero della salute del Mur nonché di un apposito eventuale provvedimento legislativo (art. 3, comma 3, del d. lgs. 517/1999).
Lo ha fatto peraltro riprendendo pedissequamente una nota regionale, consegnata agli atti processuali, auto rilevatrice dell’assunto – non totalmente condivisibile e dunque in senso limitativo – che assertiva «una volta terminato il periodo di sperimentazione previsto dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517 l’adozione del modello aziendale unico (beninteso, di azienda ospedaliera integrata, non già di AOU perché non munita di Dpcm), si rappresenta che, ad ogni modo, il regime transitorio avrebbe dovuto già essere concluso, ai sensi dell’art. 2, comma 2 del D.lgs. 517/99 nel termine di 4 anni dall’entrata in vigore dello stesso Dlgs. 517/99». Ciò in quanto «non vi è violazione dell’8 del d.lgs. n. 517/1999, posto che l’intervento statale ivi previsto riguarda solo i casi di nuova costituzione di aziende ospedaliere universitarie e non, invece, la mera adozione del modello aziendale unico (ma, giova ripetere, di azienda ospedaliera integrata e non già di AOU, riconoscibile come tale solo in forza di apposito Dpcm) all’esito del periodo di sperimentazione di cui all’articolo 2 del medesimo decreto legislativo».
Una fattispecie, quella della Federico II di Napoli, pertanto disciplinata dall’art. 4 d. lgs. 502/1992, cosi come integrato dal decreto cosiddetto “Bindi” e, in quanto tale, uniformata alla regolazione delle aziende ospedaliere.
Una sentenza, l’ultima, che crea qualche problema all’azienda ospedaliera (integrata) Federico II di Napoli
Conseguentemente, rimane in campo il problema, generato dalla sentenza del TAR campano n. 3516/2025, se l’Azienda Federico II di Napoli debba essere considerata, nella sostanza, una mera Azienda Ospedaliera (Integrata) di cui all’art. 4 del d.lgs. 502/1992. Se così, andrebbe messo in seria discussione il comportamento tenuto per decenni dalla medesima, da ritenersi non propriamente secondo norma, dal momento che ha proceduto alla nomina dei direttori di UOC senza averli selezionati attraverso appositi concorsi pubblici nazionali. A meno che non riesca quantomeno ad ottenere il rilascio di un DPCM “in sanatoria”.
Dunque, un problema in più, cui il legislatore statale dovrà offrire una soluzione in più, nella sua evidente azione intesa a sanare, con legge, la esistenza nel Paese “ora per allora” di 30 AOU sedicenti (tra le quali la Federico II di Napoli) su 31 operanti.
Ettore Jorio