Il timore di una progressiva “privatizzazione” della sanità italiana? Solo un’interpretazione fuorviante.
Bisogna distinguere tra la natura privata delle strutture accreditate, che operano comunque all’interno del Ssn, e il finanziamento privato delle prestazioni, che riguarda invece l’acquisto diretto da parte dei cittadini. Confondere questi due livelli ha generato nel tempo una narrazione imprecisa che ha ostacolato una riflessione oggettiva sul sistema.
Questo il messaggio che arriva dal nuovo Rapporto del Centro Studi Aiop, “La spesa per beni e servizi sanitari: il finanziamento da sempre ibrido del sistema salute” che analizza in dettaglio la composizione e l’evoluzione della spesa per beni e servizi sanitari. Il documento, basato su fonti Istat, ricorda che il finanziamento del sistema salute è storicamente composto da una componente pubblica – circa il 76% – e una privata che rappresenta stabilmente il restante 24-26%.
Per l’Aiop il sistema sanitario italiano va letto quindi come strutturalmente duale e ogni prospettiva di riforma non può prescindere da un’analisi integrata di tutte le determinanti economiche e organizzative. Solo così sarà possibile rispondere ai bisogni di salute in modo equo ed efficiente, senza ricorrere a semplificazioni ideologiche.
L’associazione, ha detto, Gabriele Pelissero, presidente nazionale di Aiop, “presenterà da settembre un rapporto con proposte tecniche e soluzioni operative per contribuire al dibattito sulla sanità, oggi spesso troppo ideologico e privo di dati”. Pelissero ha denunciato una narrazione distorta sulla ‘privatizzazione’, chiarendo che anche gli operatori privati convenzionati svolgono un servizio pubblico.
“Dal 2010 al 2019 – ha ricordato – la spesa pubblica sanitaria è calata (-0,10% del Pil all’anno), risalendo solo nel 2024 (dal 6,19% al 6,31% del Pil). Tuttavia, le tariffe sono ferme, mentre i costi aumentano, con conseguenze sui rapporti di lavoro. La spesa sanitaria privata in Italia si attesta stabilmente intorno ai 46 miliardi di euro e non cresce a scapito del pubblico. Segue una dinamica autonoma, rispondendo a bisogni diversi e non sostituendosi al Servizio sanitario nazionale. Oltre il 50% riguarda prestazioni extra Lea – come odontoiatria, farmaci e presidi – non garantite dal Ssn. Il resto comprende prestazioni coperte anche dal pubblico, ma scelte liberamente dai cittadini, come accade in ginecologia e ostetricia”.
Negli ultimi due anni – ha continuato Pellissero – nonostante la pressione sul sistema pubblico, non si è registrato un aumento della spesa privata, né un effetto compensativo. Oggi coesistono due sistemi: la sanità pubblica (con operatori pubblici e privati accreditati ) e un sistema parallelo, che esiste da sempre e rappresenta il 25% della spesa complessiva. Non possiamo ignorare questa realtà. Se vogliamo tutelare la salute dei cittadini in modo efficace, dobbiamo partire dai dati e lavorare per migliorare l’integrazione tra pubblico e privato. La spesa privata è ormai una componente strutturale e imprescindibile del nostro sistema sanitario”.
Anche il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato, nella sua lettera di saluti, ha evidenziato la necessità di lavorare per costruire sistema virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato, sottolineando il ruolo del privato accreditato come un alleato prezioso per risolvere alcune criticità e superare le disuguaglianze che ancora permangono a livello territoriale.
Francesco Zaffini, presidente, 10a Commissione Sanità e Lavoro, Senato della Repubblica ha sottolineato Il privato accreditato è una componente essenziale e irrinunciabile del Servizio sanitario nazionale. Il rapporto presentato oggi contribuisce a smitizzare l’idea, del tutto infondata, che il governo voglia privatizzare la sanità. Al contrario, il privato garantisce spesso livelli elevati di prestazioni, talvolta superiori a quelli del pubblico. Una sana competizione tra pubblico e privato non indebolisce il sistema, ma lo rafforza: è proprio questa dinamica che consente al Ssn di crescere, migliorarsi e rispondere meglio ai bisogni dei cittadini”.
Spesa privata stabile, ma con dinamiche proprie I dati aggiornati al 2023 mostrano che la spesa sanitaria privata ammonta a circa 45,9 miliardi di euro, pari al 26% del totale. La sua evoluzione non è correlata a quella della spesa pubblica: entrambe crescono o calano in funzione di variabili economiche generali, ma non si sostituiscono a vicenda. La spesa privata, infatti, è fortemente legata al PIL e alla capacità di spesa delle famiglie.

Tra le voci principali della spesa privata figurano i farmaci e i presidi medici non durevoli (33,5%) e le cure odontoiatriche (21,1%), seguiti da servizi diagnostici, medici e paramedici. Circa il 54,6% della spesa è destinata a prestazioni extra-LEA, ossia non comprese nei Livelli Essenziali di Assistenza garantiti dal SSN. Queste includono prestazioni personalizzate, prestazioni richieste per scelta del cittadino o per mancanza di risposta tempestiva del pubblico, come nel caso di liste d’attesa troppo lunghe.

Un sistema che non si sostituisce, ma si affianca
Il Rapporto Aiop sottolinea un punto chiave: la spesa privata non svolge un ruolo compensativo della spesa pubblica. Non esiste un effetto “vaso comunicante” tra le due componenti. La spesa privata non aumenta in risposta a un calo del finanziamento pubblico, ma segue dinamiche autonome, legate all’economia generale e alle scelte individuali.
Se il Ssn dovesse coprire integralmente anche le prestazioni oggi acquistate privatamente ma riconducibili ai LEA (compresi ticket e quote extra), la spesa pubblica dovrebbe aumentare del 13,6%, a parità di volumi e di efficienza. Una soglia che mette in evidenza quanto sia rilevante l’equilibrio attuale tra i due pilastri del sistema.

Il Rapporto Aiop invita quindi ad abbandonare letture ideologiche e a guardare alla realtà di un modello strutturalmente duale, che ha dimostrato negli anni di essere sostenibile e coerente con la natura del sistema sanitario italiano, ispirato al modello Beveridge.
Più che rincorrere aumenti indistinti della spesa pubblica, sottolinea il documento, serve una visione riformatrice che tenga conto delle reali determinanti dell’equità e dell’accessibilità: dalla capacità organizzativa alla motivazione degli operatori, dalla pianificazione alla digitalizzazione.
Solo un’analisi integrata, che consideri insieme le componenti pubbliche e private, potrà contribuire a migliorare l’efficacia del sistema, garantendo cure tempestive, sostenibili e di qualità a tutti i cittadini.