L’invecchiamento della popolazione è una realtà con cui l’Italia – e tutto il mondo Ocse – deve confrontarsi. Ma vivere più a lungo non significa necessariamente vivere meglio. È proprio da questa consapevolezza che nasce il nuovo rapporto dell’Ocse “The Economic Benefit of Promoting Healthy Ageing and Community Care”, un’analisi approfondita che dimostra come investire in prevenzione e assistenza domiciliare non solo migliori la qualità della vita degli anziani, ma rappresenti anche una scelta economicamente vantaggiosa per i sistemi sanitari.
Un’Italia che invecchia, ma non in salute
Tra il 2012 e il 2023, l’aspettativa di vita a 60 anni è aumentata di solo un anno nei paesi Ocse, contro l’aumento di 1,7 anni tra il 2001 e il 2011. Ancora più preoccupante è il fatto che solo una parte di questi anni aggiuntivi viene vissuta in buona salute: il divario medio tra aspettativa di vita e aspettativa di vita in salute è passato da 5,2 a 5,7 anni. In Italia, uno dei paesi con maggiore longevità, la situazione è simile: gli anziani vivono di più, ma con più disabilità e malattie croniche.
Molte persone anziane non conducono uno stile di vita che favorisca un invecchiamento sano. L’attività fisica è stata costantemente identificata come una strategia efficace per ridurre il declino cognitivo e le cadute. Può ridurre del 15% il numero di persone di età pari o superiore a 65 anni che subiscono almeno una caduta e del 38% l’incidenza delle cadute. Tuttavia, nel 2019, poco più di una persona su quattro di età pari o superiore a 65 anni soddisfaceva le raccomandazioni dell’Oms di almeno 150 minuti di esercizio fisico di intensità moderata alla settimana. I livelli di attività fisica variavano notevolmente tra i paesi dell’Ocse. In otto paesi dell’Ocse (Repubblica Ceca, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Grecia, Portogallo e Turchia), meno di una persona su dieci di età pari o superiore a 65 anni rispondeva alle raccomandazioni, rispetto a una su due nei Paesi Bassi, in Norvegia, Svezia e Svizzera. Analogamente, in Australia meno dell’11% della popolazione di età pari o superiore a 65 anni
ha svolto meno di 30 minuti di attività fisica in almeno 5 giorni alla settimana.
Prevenzione e assistenza domiciliare: un investimento intelligente
Il rapporto Ocse mostra dati chiari: un incremento del 10% nella spesa per la prevenzione è associato a una riduzione dello 0,9% nella prevalenza di malattie croniche in cinque anni. Inoltre, destinare più risorse all’assistenza domiciliare – anziché in struttura – è economicamente vantaggioso: un aumento del 10% nella quota di spesa destinata alla cura a domicilio può ridurre del 4,9% la spesa complessiva per l’assistenza a lungo termine.
Case non adatte e servizi insufficienti: le barriere da superare
Un altro aspetto critico messo in luce è l’inadeguatezza degli ambienti domestici. Solo il 20% degli anziani vive in abitazioni con adattamenti utili alla mobilità, e solo il 5% dispone di rampe o soluzioni per le scale. In Italia, dove il patrimonio edilizio è spesso datato, questo dato assume un peso ancora maggiore.
Anche i servizi domiciliari restano limitati: in oltre il 40% dei paesi Ocse – tra cui l’Italia – esistono restrizioni al numero di ore di assistenza disponibili, e molte attività fondamentali (come fare la spesa o accompagnare a visite) non sono coperte da fondi pubblici.
Alcuni paesi stanno già sperimentando soluzioni efficaci: la Norvegia ha dimostrato che le visite domiciliari preventive riducono i ricoveri ospedalieri e l’ingresso in strutture residenziali. Il Giappone include screening sanitari obbligatori nei centri diurni, e i Paesi Bassi promuovono forme abitative condivise o intergenerazionali per combattere l’isolamento.
L’Italia, pur con alcune eccellenze locali, appare ancora indietro. L’Ocse suggerisce politiche più incisive per individuare precocemente le fragilità, rafforzare l’integrazione tra sanitario e sociale, e adattare l’ambiente urbano e domestico alle esigenze dell’età avanzata.
Il messaggio del rapporto è inequivocabile: promuovere un invecchiamento sano non è solo una scelta etica, ma una necessità economica. Con una popolazione sempre più anziana e una spesa sanitaria destinata a crescere, l’Italia deve cogliere l’opportunità di investire nella prevenzione, nell’assistenza domiciliare e in politiche abitative adeguate. L’invecchiamento sano non è solo un traguardo individuale, ma una strategia per il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale.