In un mondo, così come ridotto oggi, abituato a prendere “lezioni” tutti i giorni dai Trump & Co., diventa sempre più facile trovare decisori pubblici, in una ad una burocrazia compiacente, a decidere nelle istituzioni repubblicane come se lo facessero in casa propria. Da qui la necessità di divenire un po’ tutti parresiasti, anche per distinguersi in un mondo affetto da parassitismo e clientele servilmente acritiche.
Il greco ci aiuta a capire la ricetta. Un po’ meno alcuni molto supponenti tecnici giuridici dai risultati ovunque non entusiasmanti, di certo al contrario di quanto lo furono nel calcio, di eguale nazionalità, Christos Papadopoulos nella Juventus, Giorgos Karagounis nell’Inter e KÅ�nstantinos ManÅ�las nella Roma.
Parresiasta (dalla lingua di παρρησιαστής) è chi parla e scrive con franchezza e coraggio, dicendo sempre la verità senza reticenze e senza timore delle conseguenze. Dice ciò che pensa e in cui crede, senza fare ricorso ad eufemismi e ad opzioni retoriche. Con questo, si espone a tutto vantaggio della tutela dei diritti, andando incontro a qualche scomodità personale. Anche di perdere qualche amico, sostituito però da un consenso generale ma espresso sottovoce, perché in esso trovano posto gli onesti ma di frequente pavidi.
E’ molto bello ricavare dalla definizione che ne dà un bravo filosofo, qual è Michel Foucault, dell’essere un parresiasta: un riconosciuto dicitore di verità, uno che ha libertà di parola a cinemascope, tanto da parlare così franco da esercitare il diritto di dire e il dovere di farlo verso gli altri. Alla sanità occorrerebbe – più di quanto si auspica per quello supposto a difesa europea minacciata non si comprende da chi – un esercito di parresiasti, distribuiti tra le diverse regioni.
Un esercito cui affidare un compito politico-filosofico che sia espressione di un rapporto ottimale tra verità e libertà di espressione. Un modo, questo, che porta il parresiasta a svolgere un ruolo requisitorio verso la politica tutta. Quella che ha consentito di fare della sanità un cinico affare complesso. E già, perché nel suo ambito tutti sanno ciò che avvenuto, ciò che sta accadendo, ciò che diverrà regola con l’acquisizione da parte di pochi gruppi industriali di quello che oggi si dividono poche famiglie, che hanno acquisito panorami di accreditati privati, quote interessanti nelle università private ricorrendo a manager, già espressione della politica non più attiva che tenta, spesso anche imprudentemente, di affiancarsi super dirigenti statali, poi di frequente costretti a fare marcia indietro.
La domanda che è doverosa porsi: ma se non ci fossero i pochi parresiasti, chi avrebbe tirato fuori la sedicente presenza di 30 Aou, inesistenti sul piano giuridico perché prive del Dpcm costitutivo? (si vedano qui articoli del 9 e del 16 giugno). E ancora, chi avrebbe fatto emergere circa un miliardo di crediti “fittizi” individuati dalla Corte dei conti laziale con la delibera 148/2023 sul rendiconto della Regione Lazio per il 2022, che il presidente Rocca dice di aver sanato senza lasciar capire come ha riportato i conti a posto? (si vedano qui articolo del 17 febbraio e 14 giugno)
Non solo:
– chi avrebbe messo in rilievo “l’esproprio” di posti di dirigenti medici (di già primari), addirittura anche in presidi ospedalieri spoke, da parte di professori universitari e ricercatori dell’Università la Sapienza senza concorso alcuno? Un fenomeno denunciato da società scientifiche e dall’associazioni dei chirurghi ospedalieri italiani (ACOI) quanto agli ospedali di Rieti e di Latina, con la evidente regia ovvero il benestare della Regione Lazio? (si veda qui articolo del 4 giugno) Un comportamento assurdo che ha fatto dichiarare ai Rettori lombardi la loro indisponibilità ad imitare tali percorsi (si veda qui articolo del 30 maggio).
– chi avrebbe messo in luce un tentativo maldestro di un Ddl presentato al Consiglio regionale Calabrese di proporre, con una legge (sentite, sentite!) condizionata all’emissione del Dpcm, la istituzione di una AOU nella città di Cosenza? E tal proposito, si registrano movimenti di operatori sanitari danneggiati pronti a mettere giudizialmente in luce un atto aziendale della AO, approvato con un DCA n. 258 del 25 giugno scorso, che a giudicarlo arruffato, illegittimo, demolitivo di pratiche ospedaliere eccellenti, creativo di UOC strumentali a soddisfare interessi privati e ideato, di certo, da chi di norme e di utilità pubblica ne mastica poco sarebbe un giudizio di generosità eccessiva.
Ciò anche perché l’atto organizzativo è segnatamente offensivo nei confronti delle “maestranze” sanitarie che hanno contribuito egregiamente a superare, seppure lasciati disarmati, la crisi del Covid e hanno dato prova di eccellenza medica messa a terra a fronte di quella teorica offerta oggi all’utenza, in una modalità illegittima e finanche illecita? (si veda qui articolo del 23 giugno)
Una tale angosciosa filastrocca potrebbe continuare all’infinito coinvolgendo finanche un MEF consapevolmente permissivo con alcune Regioni piuttosto che in altre, fino a tal punto da bollinare, forse per disattenzione, inconcepibili leggi dello Stato (il caso dei bilanci pregressi di anni della Regione Calabria sono un vergognoso esempio concreto!) e alcune Corte di conti regionali che fanno il loro dovere con tante disattenzioni e superficialità nei giudizi (si veda articolo del 20 luglio 2023).
Ma si sa, così come cresce l’industria del falso che sta spingendo l’autentico in una crisi non facile da affrontare, la sanità sono anni che sia adegua a fare ciò che non deve, ad erogare una assistenza “falsa”. Si comporta infatti nel modo migliore per assumere consenso, senza assicurare un bel niente, rendendosi addirittura consapevole e consenziente di tante morti altrimenti evitabili.
Il tema serio è quello di capire senza la sporadica presenza dei parresiasta, di qualche trasmissione televisiva, di taluni giornalisti di inchiesta ed editori coraggiosi, ma tutti affetti da parresia dove andranno a finire gli individui che frequentano il nostro Paese? Quell’individuo cui la Costituzione garantisce il diritto alla tutela della salute, in modo gratuito per gli indigenti che oramai crescono ogni giorno in proporzione geometrica. Nel Mezzogiorno – ove assurdamente si tenta di fare cessare i commissariamenti ex art. 120, comma 2, della Costituzione piuttosto che individuare modalità di sostituzione più adeguate – pare essere venuta di moda una novellata, per dirla alla Sean Connery, “licenza di uccidere”.
Nella sanità si vince pretendendo, con tutta la società civile che difenda energicamente l’esigibilità naturale dei Lea e non già con le persone genuflesse per ottenere miserie assistenziali, produttive di sacrifici assurdi ai bisognosi e alle loro famiglie. Occorre farlo cominciando dal voto consapevole e continuando con la sorveglianza quotidiana, senza trascurare nulla e non accontentandosi dei particolarismi che la politica assicura ai clientes con acido cinismo.
Il diritto va preteso e non negoziato!
F.to un Parresiasta
Ettore Jorio