La bozza di Piano di Azione Nazionale per la Salute Mentale “sembra ignorare i bisogni psicologici legati agli stili di vita, alle situazioni di stress acuto e cronico, alla salute fisica e ai processi di cura: in sostanza ad un approccio realmente integrato alla salute fisica” e, così come è formulato, “rischia di essere velleitario, di non rispondere ai crescenti bisogni di salute psichica soprattutto tra i giovani e le persone a maggior rischio”. È questa, in conclusione, l’opinione della Sipnei (Società Italiana di Psico-neuro-endocrino-immunologia).
Il problema, per la Sipnei, nasce da una ambiguità di fondo tra il concetto generale di “mental health” come utilizzato nella letteratura internazionale e il termine “salute mentale” come utilizzato nel documento: “Il primo si riferisce in genere, anche se recentemente è accompagnato spesso dal termine ‘psychologicalwellbeing’, all’insieme della tematica relativa alla salute in campo mentale, alle scienze e alle professioni che se ne occupano, senza che tale termine sia circoscritto ad una singola scienza, disciplina o professione. Esempio concreto è il riferimento spesso generico al ‘mental health professionals’ che indica professionisti diversi. Nel documento ‘PANSM’ tale termine viene prevalentemente se non esclusivamente utilizzato per definire le attività dei servizi di psichiatria e, più recentemente, di neuropsichiatria infantile. In sostanza si scrive ‘salute mentale’ e si legge ‘psichiatria’”.
Un equivoco che comporta delle conseguenze e quindi criticità. Tra queste la Sipnei cita:
– “L’inadeguatezza del personale. Nella bozza di PANSM ci si richiama agli “Standard per l’assistenza territoriale dei Servizi SaluteMentale Adulti, Dipendenze Patologiche, Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza e Salute in carcere”(Accordo Stato-Regioni del 21 Dicembre 2022). Tale documento prevede ad esempio per il settore adulti un rapporto psichiatri/psicologi di tre ad uno, che con tutta evidenza non si presta per il tipo di obiettivi che il documento sostiene -tra i quali quelli della presenza dei DSM nelle case di comunità, la prevenzione, l’uso più adeguato della psicoterapia, l’estensione di un approccio biopsicosociale e multidisciplinare. E’ infatti evidente che un approccio al tema “salute mentale” piuttosto che a quello dei servizi specialistici psichiatrici avrebbe quanto meno richiesto un rapporto psichiatri/psicologi inverso”.
– “L’esclusione dal documento, al di là di enunciazioni vaghe e di principio, della più vasta rete chiamata ad occuparsi sia della prevenzione che della promozione delle risorse psicologiche ed empowerment, dell’intercettazione ed ascolto/intervento precoce, degli aspetti psicologici della salute in generale e delle situazioni di malattia fisica e cronica, delle situazioni di disabilità. Nel documento non c’è traccia dello psicologo di assistenza primaria, della collaborazione dei servizi sanitari con la rete di psicologia scolastica, dell’attività dei consultori familiari o di quella legata alla psicologia ospedaliera”.
– “Manca il respiro di un tema trasversale alla società e alla comunità nel suo complesso, che, anche secondo gli indirizzi internazionali (ONU, OMS, UNICEF, ecc.), è chiamata ad essere parte attiva della tematica. Si tratta di un documento che rivela la sua natura autentica: scritto da psichiatri per i servizi di psichiatria.
In questo modo, per la Sipnei, “il documento da un lato finisce per essere carente ed inadeguato rispetto al tema della malattia mentale e dall’altro è carente ed inadeguato rispetto al tema complessivo della salute mentale e benessere psicologico”.
L’auspicio è che si faccia “una operazione che superi l’ambiguità nominalistica e che, accanto alla programmazione dei DSM, si abbia il coraggio di pensare ad una più ampia programmazione per la promozione della salute e del benessere psicologico, attivando un tavolo nazionale con chi si occupa di queste tematiche. Un programma che tenga conto realmente di un intervento “a gradini” o a livelli, mediante l’attivazione di una diffusa rete di prevenzione e promozione psicologica, tenendo conto del fatto che alla base della piramide dei problemi ci sono le esigenze di prevenzione/empowerment e dell’intervento sulle più diffuse situazioni di disagio psicologico, al fine di evitare che si aggravino e divengano disadattamento sociale e patologia fisica oltre che psichica”.