Il tema che si approfondisce riguarda la patologia, non incidentale perché provocata, che può mettere in discussione la coesistenza di un Presidente della Giunta di una Regione, commissariata ex art. 120, comma 2, della Costituzione, che esercita pure il compito e le funzioni di commissario ad acta della Regione medesima per l’attuazione del Piano di rientro, a seguito di specifica delibera di nomina del Consiglio dei Ministri. Più precisamente, assume rilievo in tal senso patologico il caso di dimissioni volontarie del titolare della prima carica.
Al riguardo, prescindendo da come recita lo Statuto regionale corrispondente in tema di procedimentalizzazione e quindi di efficacia delle dimissioni, più o meno immediata, sulle funzioni istituzionali attribuite al Presidente di una Regione dimissionario, rimane il problema di chi e come, rispettivamente, manterrà o assumerà il compito di esercitare il potere sostitutivo del Governo assumendo la carica commissario ad acta. Ciò in quanto a potervi accedere, oltre ad un soggetto professionale munito dei titoli e delle esperienze necessarie, è anche il Presidente delle Regione interessata.
A ben vedere, le due soluzioni alternative mettono in rilievo una differenza di non poco conto: nella prima ipotesi la nomina governativa è ad intuitu personae; nella seconda è vi officii istitutionis. Nel caso della nomina tecnica la sua durata è pari alla scadenza assegnata dalla delibera di nomina dell’Esecutivo. Nella ipotesi di nomina istituzionale è da considerarsi per auctoritatem, ovverosia finché la stessa dura.
Pertanto le dimissioni volontarie del Presidente della Giunta regionale dimissionario determina anche la vacatio della carica di commissario ad acta. Ciò è facile rilevarlo altresì dalla mera lettura di un RITENUTO che motiva il solito atto amministrativo del Consiglio dei Ministri che nomina e attribuisce al Governatore in carica le funzioni di commissario ad acta. Lo fa adottando la formula che solitamente riporta che “è opportuno procedere alla nomina del Presidente pro tempore della Giunta della Regione …….. quale commissario ad acta per la prosecuzione del Piano di rientro dai disavanzi del settore sanitario della regione, secondo i programmi operativi di cui all’articolo 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009”.
Con questo, le dimissioni volontarie, qualunque sia l’effetto previsto statutariamente, comportano la perdita della carica e con esso le attribuzioni conseguenti, anche a quelle che susseguono a quella di commissario ad acta.
Questo è quanto ordinariamente accade nella ipotesi di dimissioni volontarie di un Presidente di Giunta regionale investito anche delle attribuzioni di commissario ad acta. Il Consiglio dei Ministri può tuttavia riparare ad un tale inconveniente, che renderebbe nulli i DCA assunti. Lo può fare adottando un provvedimento di conferma, riconoscendo preliminarmente al Presidente dimissionato le capacità professionali e le esperienze previste per nomina di un commissario ad acta “laico” ovvero non Presidente della Giunta della Regione medesima.
Ettore Jorio