Nel triennio 2021-2023, la spesa sanitaria complessiva delle Regioni italiane è passata da 139,9 a 152,9 miliardi di euro, registrando un incremento del 9,3%. Un aumento trainato principalmente da due fattori: da un lato la dinamica ordinaria dei costi (personale, servizi, beni); dall’altro, gli investimenti straordinari legati all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Solo nel 2023, il finanziamento corrente al Servizio sanitario nazionale ha toccato i 128,87 miliardi di euro, il 96% dei quali destinati all’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). È quanto evidenzia la Corte dei conti nella Relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni/Province Autonome per gli esercizi 2021-2023.
Tuttavia, questo potenziamento finanziario non ha prodotto un miglioramento uniforme sul territorio. Per la Corte “persistono disavanzi, disuguaglianze territoriali e difficoltà aggravate da invecchiamento demografico e patologie croniche in crescita. La gestione efficiente della spesa resta quindi, osserva la Corte, una sfida cruciale per la sostenibilità del sistema”.
Secondo il monitoraggio del Nuovo Sistema di Garanzia (NSG), nel 2023 solo 13 Regioni hanno superato la soglia minima in tutte le macroaree di valutazione, mentre otto presentano ancora criticità – in particolare nell’area della prevenzione. Le Regioni più virtuose sono state Veneto e la Provincia autonoma di Trento, mentre la Calabria ha ottenuto i risultati peggiori.
Investimenti e disavanzi: luci e ombre
Gli investimenti sanitari hanno mostrato un andamento altalenante: forte crescita nel 2022 grazie al PNRR, seguita da una flessione del 7,6% nel 2023. Complessivamente, in tre anni gli investimenti sono aumentati di 3,5 miliardi, con una particolare concentrazione nel Mezzogiorno, dove nel 2023 hanno toccato i 2 miliardi. Tuttavia, un investimento più elevato non corrisponde necessariamente a migliori performance nei LEA, segno che l’efficienza nella gestione resta un nodo irrisolto.
In miglioramento la situazione dei disavanzi: la spesa per il ripiano dei deficit sanitari si è ridotta da 2,8 a 1,4 miliardi tra 2021 e 2023, con progressi significativi, in particolare in Sicilia. Restano comunque forti le esigenze di riforma strutturale del comparto, sia sul fronte organizzativo che su quello della programmazione e valutazione.
Un dato allarmante riguarda i residui passivi della Missione 13 “Tutela della salute”: tra 2021 e 2023 sono aumentati del 42,8%, passando da 30,7 a 43,8 miliardi di euro. Si tratta principalmente di spesa corrente non liquidata, ma cresce anche il peso degli investimenti. Le cause sono diverse: afflusso di risorse statali, avvio di progetti PNRR, ma anche ritardi nei trasferimenti dalle Regioni alle aziende sanitarie, che compromettono l’efficienza della catena di pagamento e realizzazione degli interventi.
Indebitamento sanitario: giù il debito, ma non ovunque
Nel 2023, il debito sanitario regionale si è attestato a 11,39 miliardi di euro, pari al 30% del debito complessivo delle Regioni. Una quota stabile, ma con una significativa riduzione rispetto agli anni precedenti. Tutte le Regioni – ad eccezione della Toscana – hanno mostrato una contrazione del debito sanitario, in particolare Piemonte, Marche, Basilicata, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia.
L’analisi della Corte dei conti sottolinea che l’impegno finanziario a favore della sanità è stato cospicuo nel triennio considerato, ma i risultati in termini di equità, qualità ed efficienza dell’assistenza restano disomogenei. La crescita dei residui e la persistenza di ampie differenze territoriali impongono un salto di qualità nella programmazione regionale, nell’integrazione tra risorse e fabbisogni e nella capacità di valutazione dei risultati.