La Costituzione si interessa in tre articoli di welfare assistenziale sociosanitario: il 32, il 38 e il 117. Il fulcro del trattamento costituzionale è, insomma, la Salute.
Ciò si concretizza:
- nell’art. 32 riconoscendole il ruolo di diritto fondamentale dell’individuo, attribuendo alla sua tutela anche un interesse collettivo, tanto da garantirla gratuitamente all’indigente;
- nell’art. 38 attribuendo le garanzie di vita agli inabili al lavoro e al bisognoso, ma anche di recupero agli infortunati, agli ammalati gravi, agli invalidi e ai vecchi;
- nell’art. 117 conferendo allo star bene tre punti fondamentali: al comma due, lettera m), la previsione dei Lea da assicurare uniformemente su tutto il territorio nazionale; al comma 3, la tutela della salute a tutto campo da disciplinare in ragione di legislazione concorrente; al comma 2, lett. q), nell’obbligo dello Stato di garantire la profilassi internazionale.
Da una lettura comparata dei tre precetti e da una loro traduzione sinergica emerge uno dei principi più impattanti insiti nella Costituzione dei diritti sociali: la prevenzione.
Proprio per questo motivo, ritenendo la storica sottovalutazione di una siffatta prestazione salutare, occorre affrontare una nuova lettura delle responsabilità in tema di prevenzione, più esattamente di quella dell’autorità statale, ma anche regionale, verso l’individuo e dunque verso la collettività.
È la lettera della Carta fondamentale a sancirlo. È la giurisprudenza costituzionale a ribadirlo energicamente, ex multis la sentenza n. 181 del 26 settembre 2023 (red. Navarretta). Con quest’ultima sentenza, nel ribadire la necessità di aderire alle campagne vaccinali, si impone – da una parte – il principio di solidarietà del singolo a tutela dell’interesse collettivo di prevenzione individuale e della comunità e – dall’altra – nello scandire l’ineludibile impegno del Ssn a porre in essere tutti i rimedi necessari a garantire la prevenzione dalle malattie. Ciò in linea con i dicta costituzionali nn. 118/2020, 268/2017 e 107/2012.
Da queste considerazioni ne derivano delle altre. Dalla lettura della Costituzione e dal peso che la vigente legislazione quadro, approvata dallo Stato dal 1978 in poi, e da quella di dettaglio di tutte le Regioni e della due Province autonome emerge il protagonismo assoluto, tra le macroaree assistenziali, della prevenzione. Una tema però che solo oggi ha guadagnato, grazie alla insistenza dell’attuale ministro, l’8% del Fondo sanitario nazionale a fronte di un vergognoso storico 4% incrementato poi di un inconsistente punto percentuale. Ciononostante, il piatto piange. Ciò in quanto la prevenzione è la regina della Salute da realizzare. In quanto tale, non solo abbisogna di un immane sforzo finanziario da impegnare nella società, a cominciare dalle scuole, per favorire una formazione culturale adeguata, che investa tutti i campi, trasversalmente impegnati e gravanti sugli esiti dello star bene.
Al di là delle campagne screening che rappresentano azioni di tutela specifica, di scopo, allo Stato e quindi al Ssn, con obbligo ricadente sulle Regioni, incombe l’ineludibile dovere di intervenire a garanzia della prevenzione messa a terra. Ciò in virtù del combinato disposto degli anzidetti tre articoli (32, 38 e 117) della Costituzione, rafforzati nella sostanza dall’intervento sostitutivo previsto dall’art. 120, comma 2, secondo i quali è fatto obbligo al sistema di tutelate la salute, nei confronti dell’incombenza delle malattie.
Un obbligo costituzionale, che sotto certi aspetti potrebbe assumere – in difetto – un dovere risarcitorio, ancorché esercitato in via anche indiretta: una causa petendi da incardinare avanti alle CEDU. A solo titolo di esempio, basti pensare alla disattenzione alla tutela dall’obesità, specie infantile, prodromica a generare malattie metaboliche croniche (in primis, il diabete) e vascolari rappresentative di pregiudizi assai rilevanti nella vita delle comunità.
In buona sostanza, alla tutela della salute viene di sovente a contrapporsi quella della concorrenza e del mercato, che impone forme di promozione della produzione e del consumo dei prodotti, specie di quelli alimentari. Una situazione, questa, di incentivazione mercantile che impone delle induzioni al consumo, principalmente dei giovani, di elementi basici, componenti degli alimenti, certamente da ritenersi facilitatori di obesità e dunque delle gravi malattie conseguenti.
La presenza nel mercato dei cosiddetti influencer e del loro successo marketing, impone una revisione delle regole della promozione, ma soprattutto della formazione dei giovani a partire dalla loro tenera età.
In tal senso, andrebbe necessariamente implementato il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, adottato con Intesa Stato-Regioni del 6 agosto 2020, nel senso di centralizzare il governo della materia in capo allo Stato. Ciò in considerazione che, a determinare il buon esito dell’azione mirata a generare una maggiore distanza dalle malattie, occorre l’intervento sinergico delle competenze statali, afferenti alle materie fondamentali per il corretto risultato. Sanità, sociale, scuola, lavoro, ambiente, alimentazione sono fondamentali per determinare modi e stili di vita senza i quali non si arriva da alcuna parte, molti dei quali da essere contributi perché, rappresentativi di maggiori costi quotidiani, altrimenti non sopportabili dai ceti meno abbienti. E già. La prevenzione degna di questo nome ha bisogno di investimenti oggi per realizzare, domani, una maggiore sostenibilità del sistema della Salute.
Ettore Jorio