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Rapporto Caritas 2016. Aumentano le povertà croniche: problemi per il 5% dei toscani

Secondo i dati raccolti, infatti, il calo del 15,4% delle persone in situazione di disagio incontrate dalle Caritas toscane nel 2015 rispetto al 2014 non va interpretato come una diminuzione dei casi di povertà, bensì della crescita della complessità delle situazioni, come dimostra la crescita del numero medio di confronti per singolo caso.

23 DIC - Povertà che si cronicizzano e si fanno sempre più complesse. Questo uno dei dati più evidenti del rapporto Caritas 2016, significativamente intitolato “In bilico: povertà, periferie e comunità che resistono in Toscana” e presentato ieri in Regione dall'assessore a sociale, diritto alla salute e sport Stefania Saccardi e da Roberto Filippini, delegato Cet per la Caritas, affiancati da Massimiliano Lotti, Francesco Paletti, Alessandro Martini e Paola Garvin.

“Povertà croniche che causano un vero e proprio 'effetto intrappolamento': mi ha colpito – ha affermato l'assessore Stefania Saccardi - questa definizione, centrale nel Dossier sulle povertà in Toscana, che elabora i dati raccolti dai 213 centri di ascolto della Caritas in Toscana nel corso del 2015, e racconta la crescita di queste povertà cronicizzate, che i centri d'ascolto delle Caritas della Toscana seguono da almeno sei anni, tante persone, più di 5.000, che non riescono a ripartire e a riprogettare la loro vita anche in presenza (a volte) di un reddito che, tuttavia, non è sufficiente a rispondere a tutti i bisogni della famiglia. Va comunque detto che anche nel 2015 la soglia di povertà relativa in Toscana si ferma al 5%, meno della metà rispetto a quella media nazionale che è del 10,4%”.

“Dati che ci sono forniti da questo rapporto, un lavoro importante e prezioso – ha aggiunto Saccardi - che ci consente di comprendere meglio i bisogni delle persone più fragili, basato com'è sull'ascolto ravvicinato della marginalità e dell'esclusione sociale attraverso i centri Caritas, che sono vere e proprie antenne sul territorio. E che ci aiuta a integrare efficacemente le conoscenze raccolte dai servizi del sistema pubblico, obiettivo della collaborazione riconfermata della Regione con la Caritas. Siamo convinti che per dare risposte appropriate ai cittadini occorre far cooperare tutti i soggetti, facendo leva sulla responsabilità degli enti locali e del terzo settore. Come stiamo facendo in questo ambito con l'organizzazione di seminari di confronto ravvicinato tra operatori dei servizi territoriali pubblici e operatori dei centri d'ascolto Caritas per condividere analisi, approcci e metodologie e con il sostegno alle azioni di sensibilizzazione dei giovani, per renderli consapevoli e aperti alla cultura della solidarietà”.

Per Roberto Filippini, delegato Cet per la Caritas, “ciò che emerge dal dossier è che il 2015 è stato un anno faticoso, soprattutto per il riverbero che continua della crisi economica. Prova ne è l'elevata percentuale di persone incontrate, ancora in stato di disoccupazione e, se è cresciuta l'emergenza dei profughi e degli immigrati, va evidenziata la costante riduzione della forbice fra cittadini stranieri e italiani che bussano alle porte delle Caritas toscane”.

Per il Rapporto, illustra la Regione in una nota di sintesi, “la crescita della povertà cronica è una delle cause che spiega la leggera diminuzione di persone in situazione di disagio incontrate dalle Caritas toscane: 22.041 quelle incontrate nel 2015, il 15,4% in meno rispetto all'anno precedente, una contrazione - si spiega - dovuta anche alla crescente complessità dei casi incontrati se è vero che, nel 2015, ciascuno di essi è stato ascoltato mediamente quasi sei volte (5,7) contro le quasi cinque (4,8) dell'anno precedente e le 4,3 del 2013”.

A queste cause si deve aggiungere, secondo il rapporto, l'impegno delle Caritas e delle strutture ecclesiali nell'accoglienza dei profughi, 2.415 migranti alla fine di ottobre corrispondenti a circa un quinto (21%) di tutti quelli accolti in Toscana. Un impegno importante all'accoglienza regionale, ma poco rilevabile dalla rete dei centri d'ascolto perché la maggior parte dei richiedenti asilo è inviata dalle prefetture direttamente alle strutture d'accoglienza.

La povertà intrappola anche perché a volte non bastano neppure lavoro e casa per riuscire ad evitarla. E' vero infatti che il 75,1% di chi ha chiesto aiuto alle Caritas è senza occupazione, una quota enorme, me è altrettanto vero che quasi un quinto di essi (18,1%) un reddito, da lavoro o pensione che sia, lo percepisce, ma questo non basta per arrivare con tranquillità a fine mese. Cresce anche la percentuale dei poveri che vivono in un'abitazione stabile, passando dal 63,7% del 2014 al 70,1 dell'anno successivo.

Una delle conseguenze della crisi è anche la continua a diminuzione dell'incidenza percentuale degli immigrati, scesa dall'80,1% del 2007 al 63,9% del 2015. Conseguentemente crescono gli italiani che, nello stesso arco temporale, sono passati dal 19,9% al 36,1. Significativamente diverso pure il profilo delle due popolazioni: gli italiani poveri, infatti, hanno titolo di studio più basso, un'età elevata, una quota maggiore di percettori di reddito (occupati o pensionati) e si caratterizzano per situazioni di maggiore fragilità di relazione (separazioni, divorzi e vedovanze). Gli stranieri, per converso, si contraddistinguono per una maggiore stabilità relazionale (la maggioranza sono coniugati) e un'età molto più giovane, ma anche per condizioni di povertà materiale molto più marcate.

Un capitolo a parte, infine, per chi vive una situazione di marginalità abitativa, ossia in baracche, roulotte o altre sistemazioni improvvisate: l'incidenza è dell'11,8%, uguale a quella dello scorso anno, ma cresce sia con riferimento alle cosiddette "nuove povertà" incontrate nel 2015 (le persone incontrate per la prima volta nell'ultimo anno) che riguardo alle "povertà croniche" arrivando al 15,5% nel primo caso e al 16,1 nel secondo.

Ecco il quadro dettagliato sulle povertà in Toscana del nuovo Rapporto Caritas 2016.

Numeri in Italia. Secondo l'Istat le famiglie che si trovano in condizione di povertà assoluta in Italia sono un milione e 582 mila, corrispondenti a 4 milioni e 598mila persone. La crescita percentuale riguarda, più che i nuclei familiari, il numero di persone residenti sul territorio nazionale, passate dal 6,8% del 2014 al 7,6% dell'anno successivo. A soffrirne di più sono le famiglie numerose, con particolare riferimento agli immigrati residenti (dal 23,4 al 28,3%). Meno incidenza per chi ha titoli di studio più elevati; invece, per chi comunque ha un lavoro (5,2 -> 6,1%), ma di basso profilo, i valori percentuali crescono sensibilmente (9,7 -> 11,7%). Anche la povertà relativa risulta stabile nel 2015 in termini di famiglie (2milioni e 678mila, pari al 10,4% di tutti i nuclei residenti), mentre aumenta in termini di persone (8milioni e 307mila, pari al 13,7% della popolazione residente contro il 12,9% del 2014), con le medesime tendenze viste per la povertà assoluta.

Caritas Italiana. 1.649 Centri d'Ascolto (Cd'A), dislocati in 173 diocesi. Nel corso del 2015, le persone incontrate sono state 190.465. Come nel passato, il peso degli stranieri continua ad essere maggioritario (57,2%), anche se non in tutte le aree del Paese: nel Mezzogiorno la percentuale di italiani è infatti pari al 66,6%. Cambio di tendenza: per la prima volta c'è una sostanziale parità di presenze tra uomini (49,9%) e donne (50,1%). Tra i beneficiari dell'ascolto e dell'accompagnamento prevalgono le persone coniugate (47,8%), seguite dai celibi/nubili (26,9%). I disoccupati e inoccupati insieme rappresentano il 60,8% del totale. I bisogni o problemi più frequenti che hanno spinto a chiedere aiuto sono per lo più di ordine materiale: spiccano i casi di povertà economica (76,9%) e di disagio occupazionale (57,2%). Non trascurabili, tuttavia, anche i problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%).

Numeri in Toscana
Secondo l'Istat i residenti in Toscana a fine 2015 sono 3.744.398. Il 52% della popolazione è composta da donne e Firenze è la prima provincia con oltre un quarto dei residenti. Una popolazione anziana: due ultrasessantacinquenni per ogni giovane tra 0 e 14 anni; inoltre per ogni 10 persone attive nel mondo del lavoro ve ne sono 6 che sono fuori dal mercato (o perché non in età lavorativa o perché ormai in pensione).

Immigrati. Sono 395.573 i residenti e rappresentano il 10% della popolazione, di essi il 15% sono minorenni. Hanno portato al ringiovanimento della popolazione. Sono oltre 145.000 le famiglie residenti con almeno un cittadino di provenienza estera e sono in aumento le acquisizioni di cittadinanza, diminuendo le richieste di permesso di soggiorno per lavoro.

Famiglie. La crisi economica ha accentuato anche quella della famiglia, primo e principale ammortizzatore sociale: le coppie si sciolgono molto più rapidamente e diminuiscono i componenti, portando ad un processo di sempre più marcata "nuclearizzazione". Rispetto al 1971 è aumentato del 48% il numero delle famiglie, ma è diminuito di oltre un quarto (-28%) il numero medio dei componenti. Ciò accade perché aumentano le "famiglie mono-genitoriali" (nell'82% dei casi madri con figli) e quelle "unipersonali", pari a un terzo del totale (per il 47% costituite da anziani). Inoltre per la prima volta dal 2001 diminuiscono le "coppie con figli" che scendono dal 37 al 31%. Aumentano le "coppie non coniugate" e le "famiglie ricostituite", mentre diminuiscono di due punti percentuali le "famiglie estese", quelle con 5 o più persone. In Toscana, comunque, anche nel 2015 la soglia di povertà relativa si ferma al 5%, meno della metà rispetto a quella media nazionale che è del 10,4%, un dato che la colloca al quarto posto nella graduatoria delle regioni con l'incidenza più bassa alle spalle di Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

Il progetto Mirod (Messa In Rete degli Osservatori Diocesani) varato nel 2002, partner la Regione Toscana, conta 213 punti di raccolta dati presso centri di ascolto e servizi di varia natura, collegati in rete. I CdA hanno incontrato 22.041 persone nel 2015, un dato inferiore del 15,4% rispetto a quello dell'anno precedente che riporta la linea delle povertà incontrate dalle Caritas della Toscana ai livelli del 2007 e del 2008, ossia al periodo subito precedente l'esplosione della crisi economica. Non si tratta di una diminuzione dei casi di povertà (come ricordato prima, la povertà relativa in Toscana, ad esempio, è rimasta sul 5% sia nel 2014 che 2015), ma della crescita di complessità delle situazioni che richiede maggiori energie e tempi più lunghi per comprendere i percorsi da seguire, dopo gli interventi di emergenza che spesso sono richiesti per tamponare bisogni immediati. Percorsi d'accompagnamento sempre più lunghi e raramente coronati da una fuoriuscita dai circuiti della povertà: nel 2015 ciascuna delle persone incontrate ha richiesto, in media, 5,7 incontri contro i 4,8 dell'anno precedente e i 4,2 del 2013.

E tutto questo a fronte di un paniere di risorse, sia in termini di personale, sia di disponibilità "economica", che è di frequente sottodimensionato rispetto ai bisogni. Ricordiamo anche che nel 2015 molte delle energie delle Caritas sono state investite sulla cosiddetta "emergenza profughi": i dati, aggiornati ad ottobre 2016, raccontano di 2.415 persone accolte in strutture ecclesiali, il 21% degli 11.669 richiedenti asilo ospitati in Toscana alla stessa data (informazioni che solo raramente entrano a far parte dell'archivio Mirod). Si tenga conto anche della scelta dopo oltre 13 anni di adeguare il sistema di raccolta dati con una nuova piattaforma internet: il trasferimento dell'archivio, la formazione degli operatori e soprattutto dei volontari (tante volte non giovani e poco esperti di informatica) hanno probabilmente inciso sulla registrazione puntuale delle informazioni; per questo dovremo aspettare almeno tutto il 2017 per il primo confronto di annualità basate completamente sul nuovo sistema. Non per questo le tendenze emerse dall'analisi presente hanno meno valore.

Firenze (22%) e Prato (11,6%) le diocesi con maggior affluenza, aumentano le presenze maschili (46,8%), confermando una tendenza che si registra dal 2012. Diminuisce soprattutto la distanza fra le nazionalità di provenienza: dal 80,1% di cittadini esteri nel 2007 si è passati ad una incidenza degli stessi per il 63,9% nel 2015, con Romania, Marocco, Albania, Perù, Nigeria e Senegal come primi 6 paesi di maggior peso (inversione Marocco-Romania dal 2014 al 2015).

Età. II 70% degli italiani ha più di 45 anni (e il 40% oltre 55) mentre il 63% degli immigrati ne ha meno di 45 (e il 33% è "under 35").

Stato civile. La percentuale di coniugati scende al 22,9% per gli italiani e sale al 77% tra gli stranieri. Se ne deduce che, verosimilmente, l'instabilità relazionale concorre maggiormente alla condizione di povertà dei primi piuttosto che degli immigrati: la conferma arriva anche dal fatto che le situazioni di maggiore fragilità sotto questo profilo, collegate a separazioni, divorzi e vedovanze coinvolgono maggiormente gli italiani.

Titolo di studio. Il basso titolo di studio come fattore almeno in parte esplicativo di una condizione di povertà e disagio, sembra potersi applicare abbastanza bene alla componente italiana, dato che in questo gruppo si realizzano le incidenze percentuali più elevate nei livelli d'istruzione più bassi (licenza elementare e licenza media). Viceversa, invece, gli stranieri realizzano l'incidenza maggiore dal diploma verso i titoli più alti. Le potenzialità offerte da un livello più alto di istruzione sappiamo però che nella realtà non consentono nei nostri contesti soprattutto la certezza di un lavoro ed anche una posizione professionale ben remunerata.

La disoccupazione (75,1%) è caratteristica di coloro che hanno chiesto l'aiuto della Caritas, un'incidenza elevatissima e sostanzialmente stabile da almeno tre anni, anche se nel 2013 era arrivata al 76,4% per poi scendere l'anno seguente al 75,7. Nella distinzione per cittadinanza sono maggiormente penalizzati i cittadini esteri, che fanno segnare il 79,9% di persone senza un lavoro, contro il 66,8% degli italiani.

Abitazione. Coloro che hanno un'abitazione stabile sono oltre i due terzi (70,1%) di chi ha chiesto il supporto della Caritas, e la loro incidenza è cresciuta in modo significativo rispetto all'anno precedente (da 63,7 a 70,1%), conseguenza soprattutto di una crescita delle situazioni di comodato e affitto in case popolari (Erp). Conseguentemente diminuisce la percentuale di sistemazioni provvisorie da (24,5 a 18%), ma non quella di situazioni di marginalità abitativa, ossia di persone che vivono in sistemazioni di fortuna quali roulotte, case abbandonate, auto, baracche e altro: erano l'11,8% nel 2014 e tali sono rimaste anche nell'anno successivo. Infine si rileva una maggiore provvisorietà abitativa per gli stranieri rispetto agli italiani (22,3% contro 9,5%), ma una sostanziale parità per quanto riguarda le situazioni di forte precarietà alloggiativa. Le situazioni di stabilità inerenti l'alloggio (con particolare riferimento ad affitto e casa di proprietà), che riguardano il 53% degli italiani ed il 50% dei cittadini esteri, in molti casi rappresentano sì un argine alla marginalità, ma portano con sé tutte le pesantezze dovute alle difficoltà di gestione dei costi abitativi (in primis canoni e rate di mutuo).

Problematiche. A fronte di una dichiarazione di mancanza di lavoro di grande impatto, le richieste di aiuto in questa direzione sono ridotte rispetto a quelle che derivano dalla segnalazione di problemi economici (51,2%), in particolare di quelle famiglie che affermano di avere un reddito insufficiente alle proprie esigenze (74,3%) o di essere addirittura senza alcuna fonte di reddito (14,2%). Questi elementi fanno propendere verso l'idea che ci si rivolga alla Caritas per un aiuto che sia più immediato e per percorsi di sostegno che richiedano breve tempo di attesa rispetto a quello che necessita la realizzazione di un inserimento lavorativo, tenendo presente che per questi percorsi potrebbero essere necessarie delle professionalità particolari che non tutte le Caritas hanno a disposizione. Ad un esame più attento, l'esperienza di operatori e volontari ci riconsegna però il bisogno sempre più radicato nelle persone di essere accolte e ascoltate: in particolare il 6,7% di problemi familiari è molto legato alle situazioni di conflittualità all'interno dei nuclei, situazioni che richiedono sicuramente interventi puntuali, anche di natura economica, ma che soprattutto hanno bisogno di un accompagnamento, che per la Caritas è cifra distintiva del proprio operare. La Caritas infatti è un organismo pastorale, quindi espressione diretta della chiesa locale nella sua opera di vicinanza solidale a chi sta facendo più fatica, in una logica evangelica.

23 dicembre 2016
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