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Emergenza. Grassi (Sirm): “In Toscana sufficienti 5 presidi a garantire rete. I piccoli ospedali vanno convertiti ad altro”

Così il presidente della Società di radiologia medica, in una riflessione a più voci sul Ssn promosso dalla stessa Sirm. "Il paziente in emergenza non deve essere trasportato al più vicino pronto soccorso, dove non sono sempre garantite né attrezzature né professionalità sufficienti, ma nell'ospedale che realmente possa offrire tutte le cure necessarie. E quest'ultimo deve essere raggiungibile entro un'ora".

13 GIU - "Il paziente in emergenza non deve essere trasportato al più vicino pronto soccorso, dove non sono sempre garantite né attrezzature né professionalità sufficienti, ma nell'ospedale che realmente possa offrire tutte le cure necessarie. E quest'ultimo deve essere raggiungibile entro un'ora, in modo che qualsiasi tipo di urgenza/emergenza, ictus, cardiaca, trauma addominale, riceva assistenza adeguata e certezza della presa in carico". Così Roberto Grassi, ordinario dell'Università degli studi della Campania e presidente della società italiana di radiologia medica, in una riflessione a più voci sul servizio sanitario italiano promosso dalla stessa Sirm.
 
"In Toscana, ad esempio - aggiunge - cinque presidi sono sufficienti a garantire alla popolazione una vera rete per l'emergenza. I piccoli ospedali devono essere assegnati a funzioni diversa dalla emergenza. È questo il modello che la Toscana, fra le prime regioni a farsene carico, ha disposto con proprie deliberazioni, per conseguire un solo obiettivo: garantire per le emergenze la migliore assistenza possibile per ogni tipo necessità".
 
L'auspicio pertanto è che si mettano da parte i lacciuoli elettorali e affinché "si vada dritti verso una vera riorganizzazione che tuteli i pazienti e non i voti dei politici locali".
 
"Si sta passando dall'esigenza dell'ospedale sotto casa, magari modesto e perciò incapace di garantire una risposta adeguata, all'ospedale sicuro, cioè che possa non solo diagnosticare, ma anche curare in tempi brevi, riducendo i rischi per il paziente, ottimizzando tempi di intervento e risorse necessarie", a affermato Bruno Accarino, vice presidente della società italiana di radiologia medica.
 
"Per tale motivo - aggiunge - i primi vanno riconvertiti in altre funzioni, delegando gli altri compiti a favore di strutture complesse, ma dislocate con criteri razionali come l'accessibilità, i tempi di percorrenza, le dotazioni professionali, strutturali e strumentali, tali da consentire l'accesso sia alla diagnosi che alla cura adeguata in tempi considerevolmente brevi". Il tempo adeguato è la cosiddetta 'golden hour': in ogni condizione di traffico, un paziente non può trovarsi a piu di un'ora dal primo presidio di emergenza per poter essere salvato. 
 
"Caso emblematico - continua Accarino - è quello della rete dello 'stroke', che va inteso non solo come emergenza neurologica ma di tutto il corpo, anche cardiaca: in tal senso è indispensabile prevedere l'allocazione dei reparti di radiologia interventistica, non solo vascolare, in aree ben definite e raggiungibili entro la 'golden hour' per accedere alla terapia efficace". 
 
"Il paziente in emergenza non deve essere trasportato al più vicino pronto soccorso, dove non sono sempre garantite né attrezzature né professionalità sufficienti, ma nell'ospedale che realmente possa offrire tutte le cure necessarie. E quest'ultimo deve essere raggiungibile entro un'ora, in modo che qualsiasi tipo di urgenza/emergenza, ictus, cardiaca, trauma addominale, riceva assistenza adeguata e certezza della presa in carico". Così Roberto Grassi, ordinario dell'Università degli studi della Campania.
 
"In Toscana, ad esempio - aggiunge - cinque presidi sono sufficienti a garantire alla popolazione una vera rete per l'emergenza. I piccoli ospedali devono essere assegnati a funzioni diversa dalla emergenza. È questo il modello che la Toscana, fra le prime regioni a farsene carico, ha disposto con proprie deliberazioni, per conseguire un solo obiettivo: garantire per le emergenze la migliore assistenza possibile per ogni tipo necessità".
 
L'auspicio pertanto è che si mettano da parte i lacciuoli elettorali e affinché "si vada dritti verso una vera riorganizzazione che tuteli i pazienti e non i voti dei politici locali".
 
Un punto di vista che viene rafforzato da Mariano Scaglione, direttore del dipartimento di Radiologia dell'ospedale Pineta Grande di Castel Volturno. "È solo quando si riducono al minimo 'i tempi morti', evitando la perdita di minuti preziosi e conducendo il paziente negli ospedali che realmente hanno le competenze mediche specialistiche e tecnologiche adeguate, che possono evitarsi conseguenze negative per la sopravvivenza del paziente", rammenta.
 
L'auspicio, dunque, "è che per ogni Regione d'Italia possano essere individuati gli ospedali realmente dedicati all'emergenza e si individuino gli assi viari maggiori secondo i quali possano essere calcolati i tempi necessari ad ogni paziente per potere raggiungere il centro più idoneo alle cure".
 
"La centralizzazione rapida, organizzata, tracciabile, del paziente in emergenza è oggi un obiettivo imprescindibile, è l'unico modo per garantire ai pazienti, da un lato, un'assistenza omogenea, pur nella diversità delle organizzazioni sanitarie, dall'altro dei tempi rapidi e dei trasferimenti 'logici', lasciando poco spazio a soluzioni estemporanee", ha aggiunto il direttore della struttura SODc Radiodagnostica di emergenza-urgenza dell'Azienda ospedaliero universitaria di Careggi di Firenze, Vittorio Miele.
 
Solo realtà ospedaliere complesse possono offrire questa risposta, e' anche l'opinione di Marco Bartolini, della struttura Sod di Radiodiagnostica dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi a Firenze. "Nel modello 'hub and spoke' la centralizzazione quanto più rapida possibile del paziente in urgenza/emergenza direttamente verso le strutture hub rappresenta pertanto uno dei cardini dell'attività delle reti dell'emergenza e la loro distribuzione territoriale rappresenta una delle priorità dell'organizzazione sanitaria su scala regionale e nazionale".
 
Tutto ciò "con la duplice finalità di garantire ai pazienti critici il massimo delle risorse diagnostico-terapeutiche esistenti e al tempo stesso di ottimizzare l'utilizzo delle risorse economiche disponibili".

13 giugno 2017
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