Una possibile via per rallentare l’invecchiamento. Lo studio dell’Università di Padova
Pubblicati su Nature i risultati di uno studio coordinato da Stefano Piccolo, del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova e dell’IFOM (Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare) che individua una fondamentale causa di invecchiamento nel decadimento dei tessuti detti "di supporto", o connettivi, normalmente responsabili della forma, del sostegno meccanico e della protezione di tanti organi. L'invecchiamento potrebbe dunque essere rallentato contrastandone il decadimento. LO STUDIO
08 LUG - Una fondamentale causa di invecchiamento è il decadimento dei tessuti detti "di supporto", o connettivi, normalmente responsabili della forma, del sostegno meccanico e della protezione di tanti organi. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori coordinato dal Prof.
Stefano Piccolo, del Dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova e dell’IFOM (Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare).
Nello studio, pubblicato su
Nature, gli scienziati hanno notato che durante l'invecchiamento si assiste a una progressiva diminuzione delle proprietà meccaniche in particolari cellule tipiche di questi tessuti di sostegno, detti fibroblasti. Queste cellule hanno infatti un sistema tattile estremamente sviluppato con cui si aggrappano a una foresta di proteine a forma di cavi (o liane) che le circonda, mantenendo l'intero tessuto sotto una salutare, giovanile tensione.ù
“I fibroblasti dei giovani - spiegano l’Università di Padova e Ifom in una nota - mostrano quindi uno stato biomeccanico ideale che, a livello molecolare, si traduce nell’attivazione di un interruttore genico anti-invecchiamento, chiamato YAP/TAZ. Tra le funzioni anti-invecchiamento di questi interruttori c’è la capacità di preservare l'integrità strutturale del nucleo della cellula, che normalmente tiene il DNA ben confinato al suo interno”.
“Abbiamo mimato sperimentalmente la perdita biomeccanica nei tessuti connettivi giovani spegnendo l’interruttore YAP/TAZ, e assistendo così a un invecchiamento accelerato associato alla formazione, attraverso l’involucro nucleare delle cellule, di buchi tali da lasciare esposto il DNA – spiega il professor Piccolo –. Questa perdita di integrità genera una condizione di stress e di allarme per le cellule. Essa può essere, per così dire, interpretata dalle cellule stesse come se fosse in atto un’infezione di DNA esterno, ovvero come se si fosse introdotto un virus. Ciò a sua volta innesca l'accensione di un altro interruttore, detto STING. La cellula vecchia, quindi, è di fatto una cellula con un'anormale attivazione di sistemi di allarme, che impongono uno stato infiammatorio cronico, tipico della senescenza cellulare”.
Lo studio suggerisce, quindi, che “l'invecchiamento potrebbe essere rallentato sia sostenendo le proprietà biomeccaniche dei tessuti, sia bloccando i meccanismi molecolari dell'infiammazione, per esempio con farmaci sperimentali o terapie geniche in grado di interferire con STING”.
Lo studio è stato sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, grazie a contributi “5 per 1000”.
08 luglio 2022
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