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Veneto. Al via Pdta su obesità: fare rete e unire le competenze per seguire al meglio i pazienti

Questo l'obiettivo del percorso diagnostico terapeutico assistenziale del Veneto, presentato lo scorso 24 giugno all'Università di Padova. Uno strumento in grado di favorire la collaborazione tra i centri che fanno parte della rete attivata nella Regione del Nord-Est con l'attuale Piano sanitario regionale per garantire la gestione della malattia, dalla prevenzione alla cura farmacologica, dalla chirurgia bariatrica fino alla riabilitazione nutrizionale post-chirurgica. 


26 GIU - Fare rete a livello territoriale, unendo competenze diverse per seguire al meglio i pazienti obesi. È questo l'obiettivo del percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) del Veneto, che è stato presentato venerdì 24 giugno all'Università di Padova durante il convegno “Dalla rete dell’obesità veneta una risposta al problema sociale e un modello efficiente”. Uno strumento in grado di favorire la collaborazione tra i centri che fanno parte della rete attivata nella Regione del Nord-Est con l'attuale Piano sanitario regionale per garantire la gestione della malattia, dalla prevenzione alla cura farmacologica, dalla chirurgia bariatrica fino alla riabilitazione nutrizionale post-chirurgica.
 
In particolare, la rete è costituita da un Centro di coordinamento a Padova, due Centri Hub (gli ospedali di Padova e di Verona), che contengono tutte le specializzazioni, e una serie di centri Spoke (a Portogruaro, Cittadella, Dolo, Montebelluna e Belluno) distribuiti sul territorio regionale. “Questa differenziazione non è sinonimo di centri di serie A e B, ma di aree funzionali diverse - precisa Roberto Vettor, coordinatore della Rete veneta obesità -. Il Percorso diagnostico terapeutico assistenziale favorisce l’integrazione multidisciplinare e responsabilizza le diverse figure professionali assicurando la riduzione degli errori, la razionalizzazione della spesa, la continuità assistenziale e il miglioramento della qualità. Questo modello è già in vigore in alcuni centri del Veneto e l’obiettivo, ora, è farlo diventare operativo in tutte le strutture ospedaliere della rete. Stiamo parlando di un esempio esportabile non solo a livello nazionale, ma anche all’estero. Reti come queste, infatti, sono presenti solo in alcuni Paesi scandinavi”.
 
La chirurgia bariatrica
"L'obesità grave in questo momento non ha nessuna possibilità terapeutica efficace se non la chirurgia. Attualmente però l'accesso alla chirurgia è limitato a meno dell'1% dei casi e questo è una delle fonti di maggiori costi sociali a lungo termine - afferma Mirto Foletto, direttore della Week Surgery dell'azienda ospedaliera di Padova -. Ovviamente la chirurgia da sola non può da sola risolvere il problema dell'obesità patologica perché è una condizione complessa e deve essere affrontata all'interno di un team multidisciplinare che prende in carico il paziente nella sua totalità".
 
“La chirurgia bariatrica offre un’opzione di trattamento efficace contro l’obesità quando gli approcci conservativi falliscono - dichiara Lorenzo Mantovani, professore associato di Sanità pubblica all’Università degli Studi di Milano Bicocca -. Comprendere l’impatto economico e clinico della chirurgia bariatrica è di fondamentale importanza per i clinici e i decisori sanitari, per poter scegliere in maniera consapevole l’opzione di trattamento complessivamente più efficiente, in quanto più efficace per i pazienti e meno costosa, o comunque economicamente sostenibile per il sistema sanitario, almeno nel breve o medio periodo. Nell’analisi condotta usando l’orizzonte temporale lifetime la chirurgia bariatrica ha comportato, infatti, un guadagno per paziente di ben 3.2 QALY, ovvero oltre tre anni di vita vissuta in condizioni di salute ottimale, e una riduzione della spesa per paziente di 11.384 euro, risultando l’opzione più efficace e meno costosa rispetto all’approccio non chirurgico”.

“Non dimentichiamo, però, che stanno comparendo sul mercato anche una serie di soluzioni farmacologiche che offrono delle opzioni terapeutiche innovative – ricorda Vettor - A oggi, tuttavia, il gold-standard di riferimento in termini di efficacia resta la chirurgia, ma questi farmaci possono essere molto utili anche nei casi in cui, dopo l’intervento, si verifichi una ripresa di peso”.

“La chirurgia bariatrica sta presentando un'importante evoluzione negli ultimi tempi – afferma Maurizio De Luca, direttore Unità operativa complessa di Chirurgia generale dell'ospedale di Montebelluna (Treviso) -. In passato era vista come una chirurgia demolitiva, mentre recentemente è diventata sempre meno invasiva, per cui abbiamo maggiori consensi da endocrinologi, diabetologi e diabetologi. In base a questo ci sono indicazioni che si sono modificate: sono nate nuove linee guida a livello nazionale che dovrebbero essere editate entro luglio e che vedono un aumento nelle indicazioni nel trattamento chirurgico mini-invasivo per quanto riguarda diversi tipi di patologie che vanno da quelle metaboliche a quelle meccaniche a quelle mentali”. De Luca fa parte del board che si occupa di queste indicazioni.

L'obesità
L’obesità è uno dei più importanti fattori di rischio per le malattie cardiache e respiratorie, il diabete e l’ipertensione. Inoltre, l’obeso ha un’aspettativa di vita ridotta di circa il 25% rispetto a un normopeso. Attualmente, in Italia, quasi 16,5 milioni di persone sono in sovrappeso e più di 6 milioni soffrono di obesità. Il Veneto è fra le Regioni più a rischio: il 10,6% della popolazione adulta presenta questa patologia. Questo si traduce in 430 mila cittadini con un eccesso ponderale importante. Nella Penisola il costo annuo stimato per la gestione dell’obesità è di 9 miliardi di euro tra spese sanitarie, calo di produttività, assenteismo e mortalità precoce. Una cifra che potrebbe superare i 22 miliardi calcolando i costi complessivi delle patologie correlate.

Per gestire una malattia complessa come l'obesità è necessario un approccio multidisciplinare che consideri ogni paziente come un caso a sé e lo discuta collegialmente. Il PDTA è proprio questo: un lavoro condiviso fra tutti i professionisti coinvolti, in grado di contestualizzare le diverse linee guida e raccomandazioni per favorire l’integrazione multidisciplinare e la responsabilizzazione delle figure professionali, assicurando la riduzione della variabilità, degli errori e la razionalizzazione della spesa. Tra i soggetti coinvolti, non solo professionisti ma anche i pazienti, chiamati a sperimentare in prima persona le conseguenze di questa patologia: “Per noi c'è la necessità di avere una struttura che faccia da ponte tra il paziente e l'ospedale – spiega Marta Bonigolo, presidente dell'associazione 'Giro di Boa' - Molte volte si hanno difficoltà in famiglia, con gli amici, a volte anche con gli stessi medici di medicina di base. Speriamo che la rete intervenga in questa direzione, creando una sinergia maggiore con i medici di medicina generale e con quelli di pronto soccorso, che spesso nei piccoli centri non conoscono la chirurgia bariatrica”.

“Il nostro primo obiettivo è quello di essere dei facilitatori e di essere un ponte nel dialogo tra la parte istituzionale e quella clinica dei pazienti – afferma Francesco Conti, direttore comunicazione e Government Affairs di Medtronic Italia -. Dopodiché guardiamo con favore ai percorsi diagnostici-terapeutici specialmente in ambito chirurgico perché da questo punto di vista si è fatto molto nell'ambito del farmaco, ma forse per i dispositivi medici mancano iniziative di questo genere. Quindi il nostro intento è quello di continuare a sostenere iniziative in partnership con le istituzioni, con le associazioni dei pazienti, con le società scientifiche per arrivare a identificare al meglio tutti questi percorsi che possono favorire l'accesso alle cure”.
 
L'obesità infantile
L’obesità rappresenta un problema importante anche nei più piccoli. Un bimbo su tre è in sovrappeso in Italia. «Anche nel bambino l’obesità si associa a altre patologie: incremento della pressione, della glicemia e dei lipidi nel sangue - spiega Claudio Maffeis dell’ospedale di Verona, Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica -. Inoltre, se la malattia non viene curata in età infantile il rischio che persista è superiore al 50%. Anche in questo caso il PDTA si articola in tre livelli: il primo è quello del pediatra di famiglia o del medico di medicina generale. Il secondo è quello che coinvolge l’équipe multidisciplinare a livello provinciale (centri Spoke); il terzo è il centro specializzato in obesità pediatrica o Hub. La cura mira a modificare in modo persistente le abitudini nutrizionali e motorie della famiglia. Nei casi con complicanze si ricorre a farmaci e a un intervento psicologico. In casi selezionati di adolescenti con obesità grave – conclude Maffeis - viene presa in considerazione anche la chirurgia bariatrica". 

26 giugno 2016
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