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Danno sanitario. In Gu il decreto con i criteri per la valutazione degli stabilimenti a rischio


Il provvedimento congiunto dei ministeri di Salute e Ambiente stabilisce i criteri metodologici utili per la redazione del rapporto di valutazione del danno sanitario (VDS) che in presenza di uno ‘stabilimento di interesse strategico nazionale’ dovrà essere predisposto dagli Enti interessati: Asl, Arpa e Ares. IL DECRETO

26 AGO - Informare annualmente i decisori ed il pubblico sui cambiamenti, nelle comunità esposte, dello stato di salute connesso a rischi attribuibili all’attività degli stabilimenti in esame. Fornire ulteriori elementi di valutazione per il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale per indirizzarla a soluzioni tecniche più efficaci nel ridurre i potenziali esiti sanitari indesiderati. E valutare l’efficacia in ambito sanitario delle prescrizioni. Questi gli obiettivi primari del rapporto di valutazione del danno sanitario (vds) che dovrà essere redatto annualmente anche sulla base del registro tumori regionale e delle mappe epidemiologiche sulle principali malattie di carattere ambientale come si legge nel decreto di Salute e Ambiente pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Il decreto che definisse i criteri di valutazione del danno sanitario era previsto dal Decreto Ilva n° 207/2012.
 
Ma vediamo più nel dettaglio gli obiettivi e la definizione del rapporto (vds).
 
 
Lo European Center for Health Policy dell’Organizzazione mondiale della sanità definisce un esito sanitario (health outcome) come il cambiamento dell’attuale o futuro stato di salute di un individuo o di una comunità che può essere attribuito ad azioni o scelte antecedenti.
 
Con riferimento a tale definizione, il danno sanitario di cui all’art. 1 -bis del decreto-legge n. 207/2012, può essere definito come una parte dell’esito sanitario, e in particolare come cambiamento dell’attuale o futura prevalenza/incidenza nella comunità dei soli effetti sanitari indesiderati connessi all’esercizio di un impianto, intesi come i soli effetti che causano, promuovono, facilitano o esasperano un’anormalità strutturale o funzionale capace di compromettere il benessere psico-fisico degli individui, di indurre patologie disabilitanti, o di provocare decessi prematuri.
 
 
Obiettivo del rapporto di valutazione del danno sanitario (vds), ai sensi dell’art. 1 -bis del citato decreto, è quindi:
 
-informare annualmente i decisori ed il pubblico sui cambiamenti, nelle comunità esposte, dello stato di salute connesso a rischi attribuibili all’attività degli stabilimenti in esame;
 
-fornire ulteriori elementi di valutazione per il riesame dell’autorizzazione integrata ambientale per indirizzarla a soluzioni tecniche più efficaci nel ridurre i potenziali esiti sanitari indesiderati;
 
-valutare l’efficacia in ambito sanitario delle prescrizioni.
 
 
In termini operativi, per poter perseguire tali obiettivi, la vds dovrà prevedere:
 
-la preventiva identificazione degli esiti sanitari indesiderati correlabili alle attività dello stabilimento, e in particolare quelli correlabili alle emissioni di sostanze pericolose nell’ambiente;
 
-il monitoraggio della loro prevalenza/incidenza e della loro verosimiglianza di verificarsi in futuro, nella comunità residente nell’area su cui impattano le attività dell’impianto in esame.
 
In questo senso, la vds evidenzia due aspetti che rispettivamente rispondono all’esigenza:
 
a) di verificare se la popolazione ha subito, o sta subendo, un danno alla salute correlabile all’attività dello stabilimento;
 
b) di valutare, in accordo con il principio di precauzione di cui all’art. 301 del decreto legislativo n. 152/2006, se un analogo danno possa verificarsi in futuro, identificando, se del caso, eventuali misure di prevenzione.
 
Il paradigma ambiente e salute, che lega l’emissione di un contaminante da uno stabilimento al danno alla salute ad esso ascrivibile attraverso la qualità ambientale, l’esposizione umana e la dose interna, costituisce in questo contesto un’affidabile guida metodologica per la vds. Lo studio epidemiologico condotto a livello di una specifica area, opportunamente definita, previa effettuazione di una appropriata analisi di fattibilità, ha la potenzialità di produrre stime delle misure di associazione di interesse (in particolare, rischio relativo e rischio attribuibile) e della loro precisione,
espressa dagli intervalli di confidenza. Accanto ad essa, le valutazioni della qualità ambientale, dell’esposizione umana e del rischio costituiscono una serie di strumenti a potenza crescente finalizzati alla previsione del danno alla salute ed all’identificazione delle misure di mitigazione del rischio.
 
La valutazione del danno sanitario futuro, in quanto variabile stocastica, assume pertanto un ruolo operativo esclusivamente se finalizzata ad identificare la sorgente del rischio o a valutare l’efficacia delle misure di mitigazione prescritte. Ne consegue che tutti i processi valutativi attivati nel corso della procedura dovranno sempre far riferimento a specifici contaminanti e non si dovrà dimenticare mai che il ruolo dell’impianto/i che li emette/ono è generalmente parziale. In queste condizioni le valutazioni di accettabilità non potranno mai far riferimento al rischio sanitario generale ma piuttosto al contributo che ad esso forniscono specifici impianti o attività dello stabilimento. Identificare un minimum data set dei contenuti del rapporto finale di vds è pertanto requisito fondamentale per consentire l’omogeneità delle valutazioni riferite a stabilimenti ed aree diverse tra loro.
 
Valutazioni epidemiologiche e valutazioni del rischio sono tecniche basate su approcci teorici diversi. Ne consegue che la procedura di vds assumerà una struttura matriciale composta da due direttrici indipendenti, rispettivamente finalizzate alla stima del danno attuale e futuro, articolate
su più livelli commisurati alle diverse necessità delle specifiche valutazioni.
 
In accordo con le usuali procedure adottate nella valutazione degli impatti sulla salute, tali fasi possono essere identificate in:
 
1) una fase conoscitiva, finalizzata alla raccolta dei dati ambientali e sanitari disponibili;
 
2) una fase di valutazione di 1° livello relativa alla valutazione della loro qualità, alla stima del ruolo dello stabilimento nel determinare la qualità ambientale dell’area, alla ricostruzione del profi lo sanitario della popolazione esposta ed all’identificazione dei contaminanti emessi dallo stabilimento che, per le loro proprietà chimico fisiche e tossicologiche, possono costituire un rischio per la salute umana;
 
3) una fase di valutazione di 2° livello nella quale, su precise indicazioni formulate nella fase precedente, si procede a specifiche indagini epidemiologiche, e/o a stime quantitative dell’esposizione umana a specifici contaminanti;
 
4) una fase di valutazione di 3° livello nella quale, su specifica indicazione emergente dalla fase precedente, si procede ad una completa analisi probabilistica del rischio associata ad esposizioni critiche precedentemente evidenziate;
 
5) una fase di rapporto, in cui si discutono i risultati delle valutazioni, corredati da esaustive considerazioni sull’incertezza ad essi associata e da indicazioni sulla loro accettabilità sociale.
 
Due assiomi costituiscono i cardini di questa procedura e ne influenzano il processo decisionale:
 
1) i rischi ambientali per la salute oggetto della vds sono esclusiva funzione della qualità delle matrici ambientali al cui eventuale degrado contribuisce lo stabilimento in valutazione;
 
2) lo stabilimento è un’area sottoposta al controllo di un gestore nella quale sono presenti uno o più impianti, infrastrutture ed altre attività comuni o connesse.
 
La complessità delle valutazioni, strettamente correlate alla realtà del territorio, impone la necessità di istituire tavoli interistituzionali tra gli enti preposti al fine di definire in modo integrato e condiviso modalità e criteri operativi. Le istituzioni chiamate a partecipare comprendono gli enti territoriali, ARPA, ASL, ARES.

26 agosto 2013
© Riproduzione riservata
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