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La sentenza del Consiglio di Stato


05 DIC - Ecco il testo della sentenza del Consiglio di Stato che interviene sul criterio topografico per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche e sull'assenza di disposizioni che pongano un limite massimo al numero delle farmacie delle quali il Comune può essere titolare.

N. 05993/2011REG.PROV.COLL.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1810 del 2007, proposto da:
Panciotto Pasquale quale titolare della Farmacia S.Antonio, rappresentato e difeso dagli avv. Laura Giordani, Bruno Riccardo Nicoloso, Cristina Gandolfi, con domicilio eletto presso Laura Giordani in Roma, via Claudio Monteverdi, 20;

contro
Provincia di Bologna, rappresentata e difesa dagli avv. Adriano Giuffre, Cristina Barone, con domicilio eletto presso Adriano Giuffre' in Roma, via Gabriele Camozzi, 1;
Comune di Medicina; Azienda Usl di Imola; Azienda Usl di Bologna Nord;

nei confronti di
Sfera S.r.l.;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA: SEZIONE I n. 02816/2006, resa tra le parti, concernente APPROVAZIONE PIANTA ORGANICA SEDI FARMACEUTICHE
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2011 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti gli avvocati Gandolfi, Giordani e Giuffrè Francesca su delega di Giuffrè Adriano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. L’attuale appellante, già ricorrente in primo grado, è titolare della farmacia n. 3 nel Comune di Medicina (Bologna) ubicata nella decentrata località Sant’Antonio, nella zona nord del territorio comunale.
L’interessato espone che la popolazione della località Sant’Antonio è sensibilmente diminuita mentre è ancor più nettamente aumentata quella del capoluogo e della zona sud. Di conseguenza aspira ad una revisione della pianta organica, che, assegnandogli un territorio più ampio o comunque diverso, gli consenta di spostare il suo esercizio in una ubicazione più vantaggiosa.
Donde un contenzioso con il Comune di Medicina e le altre autorità titolari del potere di pianificazione in materia.

2. La sentenza oggetto del presente appello (T.A.R. Bologna, n. 2816 del 2006), interamente sfavorevole all’interessato, è stata pronunciata su diversi ricorsi riuniti, taluno dei quali integrato con motivi aggiunti, come segue:
(a) il primo ricorso (1537/2003) era stato proposto contro l’approvazione della pianta organica del 2003, nella parte in cui lascia inalterate l’ubicazione e l’area di competenza della farmacia n. 3 di cui il ricorrente è titolare;

(b) il secondo ricorso (805/2005) era stato proposto contro l’approvazione di una nuova pianta organica nel 2004, nella parte in cui, come la precedente, conferma le previsioni relative alla farmacia n. 3 e inoltre istituisce una nuova (quarta) sede farmaceutica con territorio sottratto alle farmacie n. 1 e n. 2;

(c) i motivi aggiunti al secondo ricorso erano stati proposti contro l’atto con cui la farmacia n. 4 di nuova istituzione, ancora vacante, è stata dichiarata suscettibile di prelazione da parte del Comune;

(d) il terzo ricorso (n. 188/2006) era stato proposto contro gli atti con cui il Comune di Medicina ha esercitato la prelazione ed ha assunto la titolarità della farmacia n. 4, nonché ne ha affidata la gestione alla società partecipata Sfera s.r.l..
Tutte le impugnazioni, come già detto, sono state respinte.

3. L’interessato ha quindi proposto appello davanti a questo Consiglio.
L’atto di appello risulta notificato al Comune di Medicina, alla Provincia di Bologna, all’Azienda U.S.L. di Bologna Nord, all’Azienda U.S.L. di Imola, e a Sfera s.r.l., vale a dire a tutte le parti dei giudizi riuniti in primo grado.
Si è costituita e resiste la Provincia di Bologna.

Vista la prolissità dell’atto d’appello, il Collegio ritiene opportuno affrontare le questioni secondo un ordine logico parzialmente diverso da quello seguito dal ricorrente, e altresì accorpare la trattazione delle censure formulate distintamente, ma tra loro collegate e connesse (è il caso, ad es., dell’asserita violazione dell’art. 97, cost., che per la sua genericità va considerata non tanto un motivo a sé, quanto un arricchimento argomentativo delle altre censure e dunque segue la loro sorte). Su singole argomentazioni del ricorrente, che possano sembrare non esplicitamente affrontate nella presente decisione, s’intenda richiamato quanto detto condivisibilmente nella decisione di primo grado, visto che in buona sostanza l’appello consiste nella mera riproposizione (sia pure a volte ampliata) delle deduzioni di primo grado, senza l’introduzioni di specifici motivi di censura contro la sentenza del T.A.R..

4. Conviene innanzi tutto confermare la legittimità degli atti con i quali è stata decisa l’istituzione di una quarta farmacia nel Comune di Medicina.
Ed invero, è pacifico che detto Comune ha raggiunto e superato il numero di 14.000 abitanti, mentre l’art. 1 della legge n. 475/1968, come modificato dalla legge n. 362/1991, prevede che nei Comuni con più di 12.500 abitanti sia aperta una farmacia ogni 4.000 abitanti, o frazione superiore a 2.000.
Non vi è dubbio, quindi, che in questo caso l’istituzione di una quarta farmacia rientri nella previsione della legge. Si potrà forse discutere se il Comune avesse semplicemente la facoltà di procedervi, o si trattasse di un atto dovuto; ma, dato e non concesso che in casi del genere vi siano margini di discrezionalità, l’istituzione della farmacia rappresenta la norma e la mancata istituzione l’eccezione. In altre parole, perché sia legittima la scelta negativa occorre una particolare giustificazione, mentre la scelta di attuare la previsione della legge non è censurabile.

5. Il ricorrente, peraltro, a parte l’istituzione della quarta farmacia, censura la nuova pianta organica in quanto mantiene invariata l’area di pertinenza della farmacia n. 3, implicitamente rigettando la sua richiesta di ottenere un significativo ampliamento dell’area di pertinenza, tale da consentire lo spostamento del punto vendita verso una ubicazione più vantaggiosa.

5.1 A questo proposito il Collegio osserva che comunemente si riconosce al titolare di una farmacia il titolo e l’interesse ad opporsi alle modifiche di pianta organica che comportino una riduzione dell’area di sua pertinenza o comunque una variazione svantaggiosa.

Più problematico è se, ed in quale misura, sussista un interesse legittimo pretensivo alla espansione di quell’area, o comunque ad una variazione vantaggiosa. In termini di massima, tale ultima questione si può lasciare ora aperta. Ed invero, anche volendo riconoscere un interesse legittimo pretensivo in tal senso, e con una certa larghezza, nella fattispecie appare comunque legittimo il mancato accoglimento delle richieste dell’appellante.

5.2. E’ pacifico, infatti, che l’area assegnata alla farmacia n. 3 al momento della sua istituzione rispondeva allo scopo di dotare di tale servizio la porzione nord del territorio comunale, avente il suo centro naturale nella frazione Sant’Antonio, dove infatti ha trovato ubicazione l’esercizio dell’attuale appellante.
Questa scelta di pianificazione è stata implicitamente accettata da costui nel momento stesso in cui ha conseguito la titolarità di quella sede farmaceutica; e del resto appare pienamente legittima, se è vero che la funzione tipica della pianta organica è quella di rendere accessibile a tutti il servizio farmaceutico, dislocando opportunamente gli esercizi e vincolandone ciascuno ad una specifica porzione di territorio.

5.3. Siffatto vincolo, secondo le difese dell’appellante, riguarderebbe solo le farmacie istituite con l’eccezionale criterio “topografico” di cui all’art. 104, t.u.l.s., e non anche quelle (come la sua) istituite con il criterio normale, che è quello “demografico”. Ma la disciplina speciale di cui alla norma citata, nel testo attuale, comporta solo l’imposizione di una certa distanza fra un esercizio e l’altro, e non esclude, anzi presuppone, che anche la pianta organica formata con i criteri ordinari abbia, come già detto, la funzione di garantire una distribuzione equilibrata delle farmacie sul territorio.
In effetti, lo strumento eccezionale del “criterio topografico” consente di istituire una sede farmaceutica in aggiunta a quelle corrispondenti al criterio demografico, qualora quest’ultimo si riveli insufficiente allo scopo di “coprire” adeguatamente tutti i nuclei abitati dispersi in un territorio molto ampio. Ma ciò non significa che anche una pianta organica basata solo sul numero canonico (demografico) delle farmacie non possa e non debba tenere conto delle esigenze derivanti dalla frammentazione della popolazione comunale in diversi nuclei.

5.4. E’ possibile che per effetto dei vincoli inerenti alla pianta organica taluno degli esercizi venga a trovarsi in una posizione meno vantaggiosa, dal punto di vista commerciale.
Ma di ciò il legislatore si è dato carico prevedendo speciali benefici per le farmacie “rurali” ossia quelle «ubicate in comuni, frazioni o centri abitati con popolazione non superiore a 5.000 abitanti» (art. 115, t.u.l.s.; legge n. 221/1968); che è, a quanto pare, la situazione dell’attuale appellante.

5.5. Ma, soprattutto, la contropartita escogitata dal legislatore per compensare i titolari di farmacia dalle restrizioni imposte alla loro libertà imprenditoriale è rappresentata dall’eccezionale regime di quasi-monopolio basato sul “numero chiuso” e su ulteriori regole anticoncorrenziali (limiti di distanza, etc.).
Il legame stabilito dalla legge fra una farmacia e il suo territorio non è solo un vincolo, ma anche una garanzia contro la concorrenza. Il tutto nel contesto di un sistema che consente di trasferire la titolarità con atto tra vivi o per causa di morte, e dunque configura la stessa titolarità come un bene patrimoniale il cui valore è esaltato dal regime di monopolio. Non si possono contemporaneamente godere i benefici di tale sistema e rivendicare la libertà d’impresa.

5.6. Si può ancora aggiungere che l’appellante denuncia una “manifesta illogicità” della scelta di mantenere invariato l’assetto della zona farmaceutica n. 3, con l’argomento che la popolazione di questa zona ha subìto una certa diminuzione, mentre altre hanno avuto un aumento.

In proposito, il Collegio osserva che si potrebbe parlare di “manifesta illogicità” solo se il villaggio di Sant’Antonio e zone circostanti risultassero interamente spopolati. Ma non è così, perché se è pur vero che vi sia stato un certo decremento, nondimeno dagli stessi dati esposti dal ricorrente emerge che vi è tuttora un certo numero di abitanti, sicché rientra nella normale discrezionalità la scelta di mantenere un esercizio in loco.
E’ verosimile che sia stato considerato, fra l’altro, che la conformazione pianeggiante del territorio e la presenza di diverse strade consentano l’accesso di avventori anche da un’area più estesa.

5.7. Infine, si può notare che la farmacia n. 4, di nuova istituzione, prevedibilmente non sottrarrà clientela all’appellante, bensì alle farmacie n. 1 e n. 2, visto che il territorio assegnatole è ricavato solamente da queste ultime (quello della n. 3 rimane intatto) e a quanto pare la sua ubicazione si colloca a sud del capoluogo (dove si trovano le altre due) mentre la farmacia dell’appellante si trova all’estremità nord.

5.8. In conclusione, tutte le censure sollevate dall’appellante contro la pianta organica vanno respinte.

6. Si passa ora all’esame delle domande subordinate. La prima di esse è rappresentata dall’impugnazione degli atti con cui la farmacia n. 4 è stata offerta in prelazione al Comune, e quest’ultimo ha esercitato la prelazione stessa, divenendone così titolare.

6.1. Viene in considerazione l’art. 9 della legge n. 475/1968 che dispone: «La titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica può essere assunta per la metà dal comune». Seguono disposizioni di dettaglio intese a disciplinare, fra l’altro, il caso in cui le farmacie si rendano disponibili una per una, in tempi diversi.

6.2. Almeno in prima approssimazione, sulla base di queste disposizioni la prelazione del Comune sulla farmacia n. 4 apparirebbe legittima, visto che l’ultima istituita in precedenza, e cioè la n. 3, è stata assegnata all’attuale ricorrente.
Questi, nondimeno, deduce che dal complesso dell’art. 9 si ricava una regola per cui il Comune può essere titolare, al massimo, della metà delle farmacie istituite nel suo territorio; peraltro, le sedi n. 1 e n. 2 sono già nella titolarità del Comune di Medicina, e quest’ultimo non può dunque esercitare la prelazione per divenire titolare di tre farmacie su quattro.

6.3. La tesi contraria (fatta propria dal T.A.R. nella sentenza appellata) si basa sul dato di fatto che la titolarità delle prime due farmacie è stata conseguita non grazie al diritto di prelazione, ma perché si tratta di farmacie che originariamente appartenevano a pubbliche istituzioni di assistenza e beneficenza, nel cui patrimonio e nelle cui funzioni il Comune è subentrato di diritto all’atto del loro scioglimento. Su tali vicende non si hanno maggiori particolari, ma a quanto pare il fatto non è controverso, così come non è controverso che la successione del Comune nella titolarità di quelle farmacie sia stata pienamente legittima.

6.4. Ciò posto, questo Collegio ritiene condivisibile l’interpretazione del T.A.R..
Nessuna disposizione pone un limite massimo al numero delle farmacie delle quali il Comune può essere titolare. Non vi sono neppure disposizioni che positivamente precludano al Comune di acquisire la titolarità di una farmacia in modo diverso dalla prelazione di cui all’art. 9; anche se è intuitivo che il Comune non può, ad es., partecipare al concorso; ma è sostenibile che possa ricevere la titolarità di una farmacia per disposizione testamentaria oppure acquistarla a prezzo di mercato.
In altre parole, il Comune può divenire titolare di una farmacia iuxta ordinem, ossia in forza delle regole generali, nella misura in cui la sua natura di ente pubblico glielo consente (dunque con l’esclusione del concorso, come si è visto).
In aggiunta, la legge (art. 9, cit.) gli conferisce il privilegio di acquisire la titolarità extra ordinem, vale a dire con una procedura dettata esclusivamente a suo favore: il diritto di prelazione. Contestualmente, il legislatore si preoccupa di porre un limite a tale privilegio: il diritto di prelazione non può essere esercitato che un numero limitato di volte.
Se tutto questo è vero, ne consegue che ai fini del limite posto dalla legge al diritto di prelazione entrano nel computo solo le farmacie già acquisite dal Comune extra ordinem, non anche quelle acquisite iuxta ordinem.

6.5. Concludendo sul punto, anche questa censura va respinta.

7. L’appellante invoca inoltre l’art. 3 della legge n. 287/1990 che contiene il divieto di “abuso di una posizione dominante”.
Il Collegio, aderendo a ciò che ha già osservato il T.A.R., nota che se per posizione dominante si intende (fra l’altro) l’occupazione di una rilevante quota di mercato, l’art. 3, di per sé, non vieta che detto fenomeno si verifichi; al contrario, esso vieta che chi gode di una simile posizione ne “abusi”, mediante appositi comportamenti (esempio: forme di dumping; oppure forzare chi intenda acquistare determinati beni o servizi, di cui il venditore è fornitore esclusivo, ad acquistarne anche altri di diverso genere, distogliendo clientela ai fornitori di questi ultimi).
Nella specie, dato e non concesso che il Comune di Medicina, per effetto dei provvedimenti avversati, abbia conseguito una “posizione dominante”, ciò non significa ancora che ne faccia “abuso” nel senso inteso dall’art. 3. Qualora esso adotti comportamenti qualificabili come “abuso”, saranno allora esperibili i rimedi del caso.
Le doglianze in esame non sono dunque pertinenti in questa sede.

8. Da ultimo vengono in esame le doglianze rivolte dall’interessato contro gli atti con i quali il Comune, dopo aver acquisito la titolarità della farmacia n. 4, ne ha affidata la gestione alla società partecipata Sfera s.r.l..
Secondo l’appellante, in sintesi, mancherebbero i presupposti per l’affidamento diretto (ossia senza gara) della gestione del servizio pubblico.
Questo gruppo di doglianze non è stato preso in esame nel merito dal T.A.R.. Esso, invero, ha osservato che una volta riconosciuto legittimo il conseguimento della titolarità della nuova farmacia, «il ricorrente non ha più interesse qualificato e differenziato a censurare le modalità gestionali della farmacia di nuova istituzione, comunque entrata nella disponibilità del Comune e, quindi, sottratta ai privati».
L’atto d’appello, benché non avaro di argomenti (alla riproposizione del terzo dei ricorsi di primo grado sono dedicate le pagine da 42 a 54), non tocca questa essenziale questione preliminare. Rispetto ad essa si è formato il giudicato. Pertanto per questa parte l’appello è inammissibile per difetto d’interesse.

9. In conclusione, l’appello va respinto e in parte dichiarato inammissibile.
Le spese del grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, in parte lo rigetta e in parte lo dichiara inammissibile. Condanna l’appellante al pagamento delle spese legali del grado, in favore della controparte costituita Provincia di Bologna, liquidandole in Euro 4.000 oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Lanfranco Balucani, Consigliere
Salvatore Cacace, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere

IL PRESIDENTE, ESTENSORE   
    
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2011

IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




    

 

                       
 

05 dicembre 2011
© Riproduzione riservata
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