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Resta garza nell’addome dopo l’intervento. Tribunale condanna solo infermiere di sala e strumentista

di Andrea Liberatore

Il Tribunale di Pescara non ha ritenuto l’errore “di èquipe”, come generalmente accade, ma ha dato piena responsabilità solo alle due infermiere. Il caso suggerisca riflessioni in merito al profondo cambiamento del ruolo che l’infermiere riveste, pagando in prima persona in caso di errore. LA SENTENZA

13 GIU - Lascia molto perplessi la sentenza del Tribunale di Pescara N° 483/2014 che rinvia a giudizio due professioniste infermiere, per lesioni colpose cagionate a seguito di dimenticanza, nel corso di un intervento chirurgico, di una garza nell’addome di un paziente, mentre viene archiviata la posizione del chirurgo.

Ecco i fatti. Nel 2010, nel corso di un intervento chirurgico per una appendicectomia e resezione del fondo cecale, l’equipe operatoria era composta dall’anestesista, dal chirurgo, da due specializzandi, dall’infermiera “di sala” e dall’infermiera “strumentista”. Nella scheda “conta garze – taglienti – ferri chirurgici” dell’intervento non sono riportate discrepanze tra il totale carico ed il totale usato (15 topper, 15 lunghette, 2 laparotomiche, 10 tamponi, 2 bisturi). Il paziente dopo alcuni giorni viene dimesso, con decorso post operatorio  svolto privo di sostanziali complicanze. Però nei giorni successivi il paziente viene di nuovo ricoverato per due giorni soprattutto a causa dell’insorgenza della febbre. Nella nuova lettera di dimissione è riportata la diagnosi di “cistite in paziente recentemente sottoposto ad intervento di appendicectomia con resezione cecale”.

Successivamente, il paziente veniva sottoposto a consulenza urologica e a Ecografia addome completo che evidenziava presenza di anse intestinali dilatate con materiale anecogeno all’interno. Presenza di versamento tra le anse. A causa di iperpiressia persistente e addominalgia diffusa, veniva di nuovo ricoverato in Chirurgia I con la diagnosi in “Occlusione intestinale post-chirurgica”. Il paziente veniva sottoposto a TAC Addome completo senza e con MDC che evidenziava esiti di appendicectomia e di resezione del cieco; in sede pelvica sopravescicale, si osserva “formazione rotondeggiante, con diametro di circa 5cm, a contenuto disomogeneo con aria e materiale lineare iperdenso, da riferire in prima ipotesi a garzoma. Non alterazioni volumetriche, morfologiche e strutturali di fegato, milza, pancreas, reni e surreni. Non tumefazioni linfonodali in sede retroperitoneale. Non versamenti liberi di peritoneo”.

Il paziente veniva sottoposto a nuovo intervento chirurgico urgente di laparotomia esplorativa per ascesso pelvico da corpo estraneo (garza) coinvolgente il cieco ed il sigma. Durante l’intervento viene constata la presenza di un corpo estraneo nell’intestino tenue. Viene praticata una “resezione ileocecale e sua ricostruzione con anastomosi ileo-ascendente meccanica. Nella lettera di dimissione si certificava che il paziente necessitava di complessivi 40 giorni di riposo.

E’cosi che le due professioniste vengono rinviate a giudizio ed imputate del delitto di cui agli artt. 113, 590, co. 1 e co. 2 c.p. perché, una essendo infermiera “professionale” con funzioni di “strumentista” e l’altra infermiera “professionale” con funzioni di “infermiera di sala” nell’ambito dell’equipe chirurgica dell’Ospedale Civile di P., U.O. Chirurgia, che in data 30/3/2010 procedeva nei confronti del paziente ad un intervento di “appendicectomia e resezione del fondo cecale”, per colpa, consistente in negligenza, imprudenza ed imperizia e inosservanza di regolamenti (in particolare: ”Raccomandazione n. 1 per la prevenzione della ritenzione di garze e strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico” delibera n. 390 del 1/6/2007), effettuando erroneamente la “conta delle garze e taglienti” durante il suddetto intervento chirurgico, cagionavano lo smarrimento in sito di una delle garze utilizzate, garza che doveva essere successivamente rimossa con altro intervento chirurgico e conseguenti lesioni.

Ora, l’intervento chirurgico è il risultato di un lavoro multidisciplinare, sia nella fase di preparazione che nell’atto vero e proprio. La legge prevede uno standard minimo di professionisti per attivare una sala operatoria: due chirurghi, un anestesista, un infermiere. In realtà, a seconda del tipo di intervento, può essere necessario un numero maggiore di figure professionali e/o il coinvolgimento di specialisti di discipline diverse

Il direttore di un U.O.C, nell’ambito dei suoi doveri organizzativi e gestionali, può delegare ai suoi collaboratori il compito di effettuare interventi chirurgici da lui ritenuti adeguati alla loro capacità e alla loro preparazione. Il dirigente medico, così individuato, assume il ruolo formale di capo-équipe. Il capo dell’équipe chirurgica è il medico che ha il dovere di controllo sull’operato dei collaboratori ai quali può affidare l’esecuzione diretta di un atto chirurgico o di una parte di esso. Il capo-équipe non riveste una posizione apicale, potendo tra l’altro fare sempre riferimento sul direttore, se presente, o sul vice-direttore da esso delegato, ma ha un effettivo dovere di vigilanza sull’operato dei collaboratori, non solo nella fase prettamente chirurgica ma sull’andamento dell’intera operazione (conteggio finale delle garze, modalità di sintesi parietale, gestione dei drenaggi, stesura del verbale di intervento, richiesta di esame istologico, etc.).

Sul tema dell’errore nella conta dei ferri chirurgici o garze a opera dell’infermiere c.d. “ferrista” e dell’ infermiere c.d. “di sala”, la giurisprudenza ha sempre ritenuto responsabile l’intera équipe chirurgica. Ciò sulla base del principio in forza del quale il medico, qualora si avvalga di “collaboratori” ai quali sia materialmente affidata l’esecuzione di un compito, conserva intatto, sull’attività degli stessi, il dovere di vigilanza, nonché sulla base della considerazione che, nel settore chirurgico, il personale infermieristico ha funzioni di assistenza ma non di verifica dell’intervento operatorio nella sua completezza, essendo quest’ultima prerogativa del medico chirurgo.

A quanto pare il tribunale non ha ritenuto opportuno applicare questa regola generale, cioè l’errore di équipe, ma ha dato piena responsabilità alla due professioniste infermiere dell’evento avverso accaduto. Però le mie perplessità, da infermiere che ha lavorato in sala operatoria, sono molteplici:
1.    Il professionista Infermiere che non viene mai coinvolto nelle varie decisioni preoperatorie, intraoperatorie ed postoperatorie , ma al quale viene solo comunicato che bisogna operare x paziente di x intervento, come può essere l’unico responsabile???
2.    Le due imputate avranno anche sbagliato la conta garze, ma l’atto vero e proprio dell’aver lasciato la garza in addome è propria del chirurgo che è tenuto ad ispezionare per bene il sito chirurgico prima di procedere alla chiusura;
3.    Quale sarebbe quindi, in quanto capo equipe, la responsabilità del chirurgo nel vigilare l’operato dei collaboratori???
4.    Se la conta garze, ferri e taglienti è così tanto importante, perché la consuetudine giornaliera nelle varie sale operatorie vuole che durante la cosiddetta conta l’infermiere “strumentista” debba continuare contemporaneamente, incalzato anche dal chirurgo, a seguire le varie fasi dell’intervento senza che l’intera equipe si fermi per dare priorità a tale operazione???
5.    Se questa figura è così tanto importante, perché ogni qualvolta che compaiono articoloni sui giornali di interventi chirurgici eccezionali, unici al mondo, ecc. ecc., si citano solo due figure quali il chirurgo e l’anestesista????
6.    Perché questo professionista se ha pari responsabilità o addirittura superiori al medico chirurgo, come in questo caso, in quanto unico colpevole del delitto sopra citato viene giornalmente de mansionato e sottopagato???? Basti pensare che lo stipendio di un infermiere “strumentista” è di media 1/3 di quello del chirurgo……..se gli va bene….ma a quanto pare la condanna viene comminata solo a questa figura professionale…..!!!!

Mi sembra quindi, a mio modestissimo parere, che questa sentenza debba suggerire riflessioni in merito al profondo cambiamento del ruolo che l’infermiere riveste nell’ambito dello svolgimento delle varie attività sanitarie, pagando in prima persona in caso di errore, laddove questo ruolo nell’attività quotidiana viene costantemente denigrato e de valorizzato da parte di una classe medica che lo ritiene ancora ancillare rispetto alla propria e di una direzione aziendale che tratta questa figura solo come una pedina o meglio “tappa-buchi”, da utilizzare e spostare a proprio piacimento. Si dovrebbe invece riformare questa figura creando un sistema meritocratico, che inquadra lo stesso in uno dei diversi ruoli, in base alle rispettive responsabilità, tenendo conto del percorso accademico e professionale, così come già avviene da molti anni in altre realtà europee, e quindi predisporre un adeguamento economico.

Spero tanto che questo sia da monito a tutti quei colleghi che non ancora si rendono conto di essere, oramai da quasi vent’anni, infermieri professionisti e quindi autonomi e responsabili al 100%, e non più infermieri professionali.
 
Dott. Andrea Liberatore

Infermiere
Nursind Pescara

13 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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