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Violenza sul posto di lavoro. Per una proposta di legge a tutela delle vittime

di Marina Cannavò

In tema di violenza nei luoghi di lavoro, si fa ricorso ai principi contenuti nei documenti di derivazione comunitaria oppure alle disposizioni normative presenti nel nostro ordinamento, in materia civile, penale e previdenziale. L’unica tutela esistente è quella del codice penale, ma la violenza rientra nei reati procedibili a querela di parte. La proposta di legge vuole colmare il vuoto normativo attualmente esistente relativo alla salute e alla sicurezza dei lavoratori.

12 MAG - Il Dialogo sociale Europeo del 26 Aprile 2007 su "La violenza e le molestie sui luoghi di lavoro causate da terzi" è il documento che regolamenta la prevenzione e la gestione della  violenza e delle molestie sui luoghi di lavoro in Europa. L’Accordo condanna tutte le forme di   violenza e di molestie e sancisce il dovere dei datori di lavoro di tutelare i lavoratori adottando una politica di tolleranza zero nei confronti della violenza e promuovendo le procedure per prevenire e gestire i casi  di violenza  e di molestie, laddove essi si verifichino.

In Italia il Ministero della Salute ha riconosciuto “gli atti di violenza a danno di operatore” come "eventi sentinella", in quanto segnali della presenza di situazioni di rischio negli ambienti di lavoro. Nel Protocollo del 3° Monitoraggio degli eventi sentinella effettuato nel periodo 2005-2010, ha segnalato “la Prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari” al 7° posto tra i 16 eventi sentinella, salito al 4° posto nel 4° Monitoraggio relativo al periodo 2005-2011 (5,50%), con i valori ulteriormente incrementati nel 5° Monitoraggio relativo al periodo 2005-2012 (8,6%).

Nel Novembre 2007 il Ministero della Salute ha pubblicato la Raccomandazione n. 8 per “prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari”, finalizzata all'adozione da parte dei datori di lavoro di opportune misure di prevenzione e protezione contro la violenza nei confronti dei lavoratori, dalla violenza verbale alla violenza fisica fino all'omicidio, incoraggiando l'analisi  dei fattori di rischio nei luoghi di lavoro. 

Tale impostazione trova riscontro nell’art. 2087 del Codice Civile che sancisce: “il datore di lavoro è obbligato a tenere conto di tutti i rischi, non solo di quelli connessi alla prestazione lavorativa in senso stretto (safety), ma anche di quelli derivanti da cause esogene (security), almeno in tutti i casi in cui questi siano prevedibili”.

Tuttavia, il rischio di violenza non è incluso nella normativa di legge in materia di sicurezza e salute dei lavoratori dettata dal D.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), che oggi rappresenta il principale punto di riferimento in materia e, di conseguenza, la violenza è un rischio che non è compreso nella lista di programmazione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Mancano le politiche istituzionali di segnalazione e di programmazione della prevenzione della violenza nei luoghi di lavoro e quindi il riconoscimento dei fattori di rischio strutturali, ambientali e organizzativi, che possono favorire la violenza.

Pertanto, in tema di violenza nei luoghi di lavoro, si fa ricorso ai principi contenuti nei documenti di derivazione comunitaria oppure alle disposizioni normative presenti nel nostro ordinamento, in materia civile, penale e previdenziale.

L’Unità Operativa di Prevenzione e Protezione (SPP) è il Servizio che ha la responsabilità della valutazione dei fattori di rischio  e dell’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli ambienti di lavoro (la Safety),  in ossequio alla normativa vigente sulla salute dei lavoratori (Decreto L.gs 81/2008). Purtroppo questa normativa prevede i rischi biologici, fisici, chimici, ecc. ma non il Rischio di Violenza da parte di terzi (pazienti, familiari e/o visitatori).

Anche il Servizio di Vigilanza interviene solo a difesa della sicurezza dei beni immobili dei luoghi di lavoro, mentre non ha alcun obbligo contrattuale di tutelare la sicurezza dei lavoratori. Inoltre l’aggressione è considerata come un qualunque “infortunio sul lavoro”,  ma, a differenza degli altri infortuni,  non  è risarcito dall’INAIL, se non nei casi di esiti gravi.
Sebbene nel 2013 la Regione Lazio con la Circolare inviata a tutte le Direzioni delle Aziende del Lazio, ha invitato le Aziende a costituirsi parte civile nei casi di aggressione agli operatori da parte di terzi,  questo invito è rimasto inascoltato. 

Le Aziende non si costituiscono parte civile a difesa dell’operatore aggredito e l’operatore è ancora una volta solo di fronte all’aggressione. Non ha la tutela legale (in caso di denuncia deve pagarsi le spese legali), non ha la tutela assicurativa, né medica, né psicologica/psichiatrica (deve pagarsi le cure mediche), e non ha alcun risarcimento economico da parte dell’INAIL (l’INAIL risarcisce solo l’Azienda). L’unica tutela esistente è quella del codice penale, ma la violenza rientra nei reati procedibili a querela di parte (art.594 c.p. Ingiuria, art. 612 c.p. Minaccia, art. 581 c.p. Percosse, art. 582 c.p. Lesioni personali art. 583 c.p.). Soltanto in caso di Minacce di morte e con armi (art. 612 c.p., se le lesioni personali hanno una prognosi superiore a 20 giorni art. 582 c.p. o se le lesioni personali sono gravi o gravissime art. 583 c.p.). si può procere d'ufficio.

Quindi La Proposta di Legge contro la violenza e le molestie nei luoghi di lavoro vuole colmare il vuoto normativo attualmente esistente relativo alla salute e alla sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, a tutela delle vittime di violenza sul lavoro, promuovendo i seguenti articoli:
1. Istituzione di una giornata nazionale “No alla Violenza”, per sensibilizzare i Cittadini ed i Lavoratori ad una politica per la prevenzione del fenomeno, che condanni e vieti qualunque tipo di comportamento violento;

2. Istituzione in ogni Azienda di Registri specifici per la segnalazione da parte dei lavoratori delle diverse tipologie di violenza (fisica, psicologica, sessuale e razziale). Nella scheda di segnalazione devono essere riportati tutti i dati dell’aggressore (età, sesso, stato civile, la presenza di una malattia psichiatrica o di abuso di sostanze);

3. Riconoscimento del ruolo di “pubblico ufficiale” ai lavoratori che svolgono un pubblico servizio (medici, insegnanti, giornalisti, avvocati, infermieri, operatori sanitari, ferrovieri, autisti, addetti allo sportello bancario, postale, ecc.);

4. Riqualificazione dell’art. 341 bis c.p. “Oltraggio a pubblico ufficiale” come reato penale procedibile di ufficio;

5. Promozione di un piano di prevenzione e gestione degli episodi di violenza nei luoghi di lavoro, attraverso un’attenta valutazione dei fattori di rischio strutturali, ambientali, organizzativi, individuali e sociali, che possono determinare e/o aggravare il rischio di violenza;

6. Promozione di una formazione obbligatoria sulla violenza nei luoghi di lavoro per i lavoratori, al fine di riconoscere precocemente e gestire gli episodi di violenza;

7. Inserimento del Rischio di Violenza e di molestie nei luoghi di lavoro nel D.Lgs. n. 81/2008 (Testo Unico per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro);

8. Inserimento del Rischio di Violenza nel documento di Valutazione annuale dei Rischi nei luoghi di lavoro (DUVRI);

9. Istituzione di un Codice Arancione per i pazienti a rischio di violenza e di aree di attesa per i pazienti differenziate per codice nei Dipartimenti di Emergenza;

10. Istituzione di misure di sicurezza nelle strutture a rischio, come l’adozione di telecamere di sorveglianza a circuito chiuso, per tutelare i lavoratori, soprattutto quelli che lavorano in posti isolati e/o da soli;

11. Istituzione di un Servizio di Vigilanza 24/24 ore nelle Aziende dove la violenza è molto diffusa; i vigilanti devono essere adeguatamente formati sul riconoscimento precoce e sulla gestione dei comportamenti violenti, intervenire nei casi di aggressione ai lavoratori e devono segnalare gli episodi di violenza. Le Forze dell’Ordine devono intervenire nei casi di gravi episodi di violenza;

12. Realizzazione nelle strutture a rischio di “vie di fuga”, per proteggere i lavoratori dalla violenza da parte di terzi (pazienti, familiari e visitatori);

13. Garantire la tutela legale d'ufficio gratuita alle “vittime di violenza” nei luoghi di lavoro;

14. Costituzione di parte civile da parte delle Aziende a difesa delle “vittime di violenza” nei luoghi di lavoro;

15. Riconoscimento della violenza fisica, psicologica, delle discriminazioni e delle molestie sessuali come causa diretta dell’insorgenza di conseguenze sul benessere psicofisico, sulla salute, sul diritto alla vita, sulla sicurezza e sulla dignità dei lavoratori;

16. Garantire la tutela della salute per tutti i Cittadini, come sancito dall'Art. 32 della Costituzione, eliminando l'attuale asimmetria esistente nei confronti dei Lavoratori/Cittadini aggrediti mediante:
a) Valutazione del rischio di violenza, del distress e dell’eventuale presenza di disturbi psicologici/psichiatrici nei lavoratori da parte dei Medici del Lavoro durante lo screening periodico, anche attraverso l’utilizzo di questionari sullo stress percepito;
b) Istituzione  di sportelli d’ascolto per le persone vittime di violenza sul lavoro, garantendo un percorso per il reinserimento lavorativo;
c) Istituzione di centri pubblici, ad alta specializzazione, costituiti da un team di medici specialisti (psichiatri, medici legali, igienisti, ecc.) per la cura e l’assistenza dei lavoratori vittime di violenza che presentano disturbi da stress correlati alla violenza e/o disturbi psichiatrici, con la mission di prevenire, gestire, sostenere e proteggere dalla violenza nei luoghi di lavoro;

17. Riconoscimento del danno psicofisico conseguente alla violenza e la sua valutazione percentuale utile al risarcimento operato dall’INAIL con rivalsa sul datore di lavoro, con indennizzo pieno indipendentemente dalla durata dell’inabilità temporanea e dal valore percentuale del danno biologico, non escludendo tutte le altre voci di danno.
 
In tal modo si avrà:
- la Riduzione dei costi per l’assenteismo o gli errori, gli incidenti e la demotivazione dei lavoratori, con conseguente aumento della produttività;
- la Riduzione dei costi delle cure mediche con le relative assicurazioni e polizze;
- la Promozione del benessere e della salute dell’organizzazione;
- la Promozione del benessere e della salute dei lavoratori;
- il Miglioramento del benessere e della salute dei Cittadini;
- il Miglioramento dell’immagine Aziendale.
 
Marina Cannavò
Responsabile centro studi del Tribunale dei diritti e dei doveri del medico (TDMe)

Medico psichiatra Dottorato di Ricerca in Neuroscienze Clinico sperimentali e Psichiatra

12 maggio 2018
© Riproduzione riservata

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