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Liste d’attesa. Dall’Anaao Piemonte un piano in “9 mosse”

Appropriatezza; nuove assunzioni; stop ai tempari; libera professione a favore dell’azienda, con defiscalizzazione o incremento della relativa remunerazione; telemedicina; più lavoro in equipe; controllo delle prestazioni nel privato convenzionato; meno adempimenti burocratici; non puntare il dito contro l'intramoenia che nulla c’entra con le attese 

18 MAR - E dunque la Ministra della Salute punta il dito sull’intramoenia. Causa, a Suo dire, delle tanto odiose liste d’attesa. 
Ma siamo sicuri che abbia fatto un’attenta analisi del problema? Le liste d’ attesa, oltre al ritardo nella diagnosi e cura di patologie dei pazienti, determinano almeno tre problemi indiretti: la rinuncia alle cure (5 milioni di italiani nel 2014), l’accesso inappropriato nei Pronto Soccorso (stimato del 25% su tutti gli accessi), l’aumento della spesa out-of poket (nel 2016 sono stati spesi  € 11.000 milioni  di cui € 1.300 milioni di ticket   per visite specialistiche ed esami diagnostici). Il problema esiste.
 
Cosa fare?

Prima nostra richiesta, detta a gran voca: coinvolgere i medici, quindi coinvolgere i sindacati.

Poi, andiamo per punti:
 
1. Consumismo sanitario. Le stime internazionali parlano di una percentuale di visite specialistiche ed esami inappropriati che oscilla tra il 30-50%. In una recente ricerca FNOMCeO-Slow Medicine, ben il 44% dei medici intervistati ha dichiarato di ricevere frequentemente richieste di esami non necessari, che nel 36% dei casi vengono prescritti se il paziente insiste. I più bersagliati sembrerebbero i medici di famiglia. Tra gli strumenti utili a convincere i pazienti, i medici mettono al primo posto (88%) il tempo per la relazione di cura, per il dialogo e la discussione, poi la disponibilità di materiale informativo. Quindi: lavoriamo sull’ appropriatezza. Ma non paventando sanzioni bensì condividendo percorsi,  con la consapevolezza che se non dedicheremo adeguato tempo ai pazienti  non otterremo nulla.

2. Assunzioni, assunzioni , assunzioni.  La quota spesa dal servizio sanitario per i dipendenti, è passata in Piemonte, dal 38% del totale della spesa nel 2001, al 33,7% nel 2016. I medici ospedalieri piemontesi sono 500 in meno dal 2010. Questa riduzione è causata prevalentemente dagli effetti del blocco del turn over, imposto dal Piano di Rientro.Che ha anche imposto la chiusura di servizi, di ambulatori, di reparti. Se vogliamo aumentare l’ offerta di prestazioni, bisogna assumere. Con rare eccezioni, la maggior parte dei medici dipendenti conclude ogni anno lavorativo con molte ore eccedenti, che non verranno mai recuperate o pagate. Come si può chiedere, per esempio, di lavorare ulteriormente ai circa 700 medici della città della salute (non tutti  1200 fanno straordinario, per differenti tipologie lavorative) che ogni anno maturano un totale di 230.000 ore  eccedenti ? E' importante ricordare che i medici nell'ultimo ormai antico CCNL hanno già accettato la sottrazione di 30 min a testa alla loro formazione per la riduzione delle liste d'attesa,  milioni di ore in aggiunta all'orario di lavoro sottopagate e spesso non utilizzate per scarsa volontà/capacità organizzativa. Occorre investire fortemente, in Sanità, sul capitale  umano: negli ultimi due anni (2016-2017), solo per fare un esempio, il Servizio sanitario dell''Emilia-Romagna ha visto 5.000 assunzioni a  tempo indeterminato, di cui 1.450 stabilizzazioni di precari, con un  costo complessivo per la Regione, di 24 milioni di euro ed un abbattimento rapido ed efficace delle lista d'attesa.

3. Tempari. Questo punto lo liquidiamo velocemente. La Regione Lazio aveva cercato di abbattere le liste d’attesa attraverso il taglio della durata di 63 prestazioni specialistiche ma il TAR (sentenza di un mese fa) è stato chiaro: la durata della visita è esclusiva competenza dello specialista e le liste d’attesa si abbattono con l'aumento di risorse umane e strumentali. Voilà. Con buona pace del metodo Moirano-Gullstrand
 
4. Privato convenzionato. Nel 2017 il Piemonte ha speso 215,4 milioni di euro per le prestazioni ambulatoriali nel privato convenzionato. Secondo le dichiarazioni del presidente di ANISAP alla Stampa, il 65% delle prestazioni del SSN. Abbiamo risparmiato? Non abbiamo dati per sostenerlo, ma indagini giornalistiche fatte su altre regioni ci dimostrano che in realtà in privato convenzionato costa di più, molto di più. In Sardegna sembra le fistole artero-venose, che costano nel pubblico 800 euro, siano state pagate al convenzionato quasi 5000 euro. Quel che possiamo dire con certezza è che nel convenzionato l’appropriatezza non è una priorità ed il rischio di auto-induzione di accertamenti è alto.  Senza considerare la frammentazione del percorso di cura, in genere garantito nel SSN. L’ iniziale progetto regionale di riservare al pubblico le prime visite e di affidare al convenzionato controlli inseriti in precisi PDTA era una buona mediazione, ma non è mai partito.

5. Libera professione a favore dell’azienda, con defiscalizzazione o incremento della relativa remunerazione. Se non ci saranno abbastanza medici da assumere, e non ci saranno, questa potrebbe essere una valida alternativa. Ma solo se volontaria, perché comunque non siamo propensi a monetizzare il disagio. E senza pesare sui fondi contrattuali ma con fondi a carico del bilancio dell’azienda.

6. Telemedicina: la gestione a distanza di alcune specifiche prestazioni può  ridurre gli accessi (e quindi le liste di attesa) e migliorare gli outcome clinici, ma non ha al momento un riconoscimento drg: medici ed infermieri che svolgono attività di controllo remoto lo fanno spesso su base volontaria e queste prestazioni vengono raramente computate tra quelle svolte. 

7. Lavoro in equipe. Medici, infermieri, tecnici e personale amministrativo sono coinvolti a vari livelli nell'erogazione della prestazione sanitaria. Tutte queste figure hanno inquadramenti contrattuali differenti ma l'organizzazione del lavoro va armonizzata. E' esperienza comune di tutti i medici che terminano regolarmente l'attività oltre l'orario stabilito, che da una certa ora in poi il personale di supporto sia assente per cui il medico diventa anche infermiere, OSS e segretaria.

8. Adempimenti burocratici. La burocrazia toglie il 30% del tempo all'atto medico, riducendo di fatto il numero di prestazioni che possono essere erogate. I sistemi informatici attualmente in uso, invece che ridurre tali tempi, li moltiplicano: è necessaria ed urgente una riforma ed una omogeneizzazione dei sistemi informatici, che consenta di sveltire i procedimenti ed ai professionisti di dialogare tra loro. Arrivare a situazioni paradossali in cui si richiede di rinunciare ad erogare una prestazione perché il sistema informatico non è aggiornato è un esempio di inefficienza.

9. ALPI. Sostenere, come ha fatto il ministro, che la libera professione in intramoenia dei medici faccia aumentare le liste di attesa è demagogico e fuorviante. I medici esercitano la libera professione durante il proprio tempo libero, al netto della copertura dell'orario contrattuale e delle numerose ore di straordinario non pagato “regalate” alle Aziende. I dati nazionali relativi alla ALPI in regime ambulatoriale indicano come essa rappresenti circa il 7% dell'attività svolta in regime istituzionale. L’attività istituzionale rimane, pertanto, sempre ampiamente prevalente.
 
Insomma, il problema c’è da tempo ed è stato acuito dal taglio del personale e dei servizi degli ultimi anni. Ora non si pensi di risolverlo senza assunzioni, senza adeguata remunerazione del personale, senza un progetto a lungo respiro. E lasciando perdere l’ intramoenia, che nulla c’entra con le attese.

Dott. Emanuele Stramignoni
Dott.ssa Francesca Bianchi
Dott.ssa Chiara Rivetti 

Anaao Assomed Piemonte

18 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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