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Un nuovo percorso di governance per la gestione del paziente nefropatico


Sono 9.000 i pazienti che ogni anno entrano in dialisi con una spesa pari a circa 50.000 € all’anno per un totale di 2 miliardi e 350 milioni. Questa la ragione che ha portato sei Regioni italiane a progettare un nuovo approccio per la corretta gestione del paziente nefropatico. Lo studio al Forum di Arezzo.

21 NOV - Un nuovo percorso di governance per la corretta gestione del paziente nefropatico. Questo il lavoro portato a termine da sei regioni italiane – Piemonte, Toscana, Puglia, Lombardia, Sicilia e Sardegna -  che si sono fatte carico di razionalizzare il percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica con un preciso obiettivo: presentare la proposta in Conferenza Stato-Regioni al fine di un recepimento condiviso da parte di tutte le Regioni. Se ne è parlato durante il Forum sul Risk Management in corso ad Arezzo, nell’ambito della sessione dedicata alla “Gestione integrata delle malattie croniche. Efficacia ed efficienza”. Portavoce della nuova proposta è stato Marino Nonis, Direttore Sanitario dell’Ospedale Cristo Re di Roma e coordinatore del progetto.

Il nuovo percorso si basa su tre pilastri: organizzazione dei centri dialisi, valutazione delle scelte terapeutiche e scelta dei setting assitenziali. “Data la complessità di questa patologia – ha spiegato Nonis - la presa in carico dei pazienti deve essere supportata da una rete di servizi, non solo sanitari. In questo senso il mix assistenziale proposto non può dipendere solamente dalle caratteristiche della rete dei servizi e dai setting degli erogatori, ma deve offrire maggiore varietà e complessità. Nell’ottica di una diversificazione, l’offerta deve contemplare oltre alla struttura ospedaliera anche il distretto, i centri ambulatoriali, le residenze non ospedaliere, l’assistenza domiciliare, oltre a prevedere professionisti sempre più qualificati sulle nuove modalità di assistenza. Nella definizione operativa di questo percorso, dovranno essere chiari per le Aziende sanitarie o ospedaliere, gli obiettivi da raggiungere, con particolare riguardo alla percentuale di pazienti domiciliarizzati”.

Questo documento prende vita a Luglio scorso nell’ambito di un workshop istituzionale che ha visto coinvolti nefrologi, associazione pazienti e rappresentanti delle Regioni e delle Istituzioni. Un importante momento di confronto nel quale le 6 regioni proponenti, insieme a tutti gli attori coinvolti, hanno condiviso la proposta che oggi è stata presentata ufficialmente.

La proposta, condivisa e sottoscritta anche da parte dell’associazione nazionale dei pazienti in dialisi (Aned), ha ottenuto il plauso anche da parte della Società Italiana di Nefrologia. “Aumentare, fino a raddoppiare, il numero di pazienti in dialisi trattati a domicilio attraverso una gestione a 360 gradi che prenda in carico il paziente – ha commentato Giovanbattista Capasso, Presidente della Sin - rappresenta non solo un obiettivo che come SIN vogliamo raggiungere nei prossimi anni ma anche una vera e propria sfida per il Servizio Sanitario Nazionale.  Sono infatti circa 9.000 i pazienti che ogni anno entrano in dialisi con una spesa pari a circa 50.000 € all’anno per un totale di 2 miliardi e 350 milioni. Raddoppiare il numero dei pazienti trattati a domicilio in 5 anni  - prosegue il nefrologo - farebbe risparmiare alla casse dello Stato circa il 30% della spesa, oltre a migliorare la qualità di vita dei pazienti stessi. La parola d’ordine che la SIN si è data è ‘deospedalizzare chiunque possa essere curato a casa’. Trovare il sostegno istituzionale da parte delle Regioni attraverso questa proposta è un importante passo in avanti nel raggiungimento di questo comune obiettivo”.

In Italia, alcune Regioni hanno già avviato politiche di rimborso economico per i pazienti che svolgono la terapia dialitica a casa. Infatti, come ha spiegato nel suo intervento al Forum aretino, Alfonso Pacitti, Componente del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Regionale Malattia Renale Cronica della Regione Piemonte: “In Piemonte, grazie al contributo economico che la Regione dà ai pazienti, si è incrementato il numero di terapie domiciliari e si sono ridotte di 1/3 le spese di gestione della malattia da parte della sanità pubblica regionale. Ad oggi politiche simili sono state messe in atto anche dalla Sicilia, dalla Puglia e dalla Sardegna."


Attualmente in dialisi vi sono 45.000 pazienti prevalenti  e ogni anno  vi sono circa 10.000 nuovi casi di pazienti prevalentemente anziani. Numeri importanti per una patologia grave, invalidante, con forti ripercussioni non solo sulla persona ma sull’intero contesto familiare.
Le caratteristiche dei pazienti che arrivano alla dialisi si sono modificate negli ultimi anni. È aumentata l’età media dei pazienti che oggi si avvicina ai 70 anni. Sono diventati sempre più numerosi i pazienti “complessi”, affetti da altre patologie, quali malattie cardiovascolari e diabete. La maggior complessità dei pazienti si traduce in un carico sempre più importante per le strutture sanitarie e nella necessità di un coinvolgimento sempre più ampio delle famiglie e della cosiddetta società civile.

Una risposta a questi cambiamenti può venire dalla “deospedalizzazione” del trattamento dialitico grazie a un maggior ricorso alla dialisi domiciliare, in particolare a quella peritoneale. Le caratteristiche di questa modalità di dialisi la rendono infatti particolarmente idonea alla esecuzione a casa del paziente. Sotto il profilo squisitamente tecnico la dialisi peritoneale espone l’organismo a un minore stress emodinamico, garantisce un buon controllo dell’anemia e un minor rischio di disturbi del ritmo cardiaco, non necessita di un accesso vascolare e salvaguarda la funzione renale residua.

Tuttavia, nonostante la dialisi peritoneale domiciliare sia indicata per la maggior parte dei pazienti, ad oggi la percentuale di utilizzo di questa metodica non supera il 10%. Gli studi dicono che si potrebbe arrivare al 30%. Più precisamente nei pazienti incidenti, cioè quelli di nuovo arrivo alla dialisi, la percentuale in dialisi domiciliare dovrebbe essere fra il 30 e il 40%, mentre nei pazienti prevalenti, in dialisi per un periodo più lungo, potrebbe collocarsi  fra il 20 e il 30%.

 

21 novembre 2012
© Riproduzione riservata

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