Ipotesi Zamboni: la CCSVI potrebbe essere un effetto, non la causa della SM

Ipotesi Zamboni: la CCSVI potrebbe essere un effetto, non la causa della SM

Ipotesi Zamboni: la CCSVI potrebbe essere un effetto, non la causa della SM
Uno studio dell’Università di Buffalo, appena pubblicato su Neurology, conferma in parte l’ipotesi Zamboni. Ma la capovolge. Tuttavia, avvertono i ricercatori, questi risultati non possano essere considerati definitivi.

Sembra non esserci fine nella vicenda della correlazione tre insufficienza venosa cerebro-spinale cronica e sclerosi multipla.
Uno studio appena pubblicato su Neurology, la rivista ufficiale dell’American Academy of Neurology, conferma infatti l’ipotesi Zamboni: la CCSVI si riscontra più frequentemente nelle persone affette da sclerosi multipla. Tuttavia, potrebbe essere un effetto e non la causa della malattia.
A condurre lo studio, ricercatori dell’Università di Buffalo coordinati da Robert Zivadinov, tra i primi a essersi buttati a capofitto nella verifica di questa ipotesi. “Visto l’intenso interesse suscitato dall’ipotesi che la CCSVI possa essere la causa della sclerosi multipla, una valutazione indipendente è stata percepita come un bisogno urgente”, ha commentato Zivadinov.
Ma eccoli i risultati dello studio condotto su 499 partecipanti: 289 con sclerosi multipla, 163 sani, 26 con altre patologie neurologiche e 21 con sindrome clinicamente isolata, la comparsa di un episodio neurologico che può essere (ma non necessariamente) il primo sintomo di sclerosi multipla.
I numeri, in realtà, sono tutt’altro che chiari: quando si adottano i criteri più rigorosi, la CCSVI è presenta nel 62,5 per cento dei pazienti con sclerosi multipla, nel 45,8 per cento dei pazienti con altre malattie neurologiche, nel 42,1 per cento dei pazienti con sindrome clinicamente isolata e nel 25,5 per cento dei soggetti sani. Ma queste percentuali oscillano molto a seconda se i casi dubbi vengano conteggiati come negativi o positivi (in quest’ultimo caso la CCSVI è presente nell‘81,2 per cento dei pazienti con sclerosi multipla, ma anche nel 55,2 per cento dei sani).
Più utili per fornire un’interpretazione sono, secondo i ricercatori, i dati scomposti per tipologia di sclerosi da cui erano affetti i pazienti. È presente la CCSVI nell‘89,4 per cento dei pazienti con sclerosi multipla progressiva con ricadute, nel 67,2 per cento di quelle con SM secondariamente progressiva, nel 54,5 di quelle primariamente progressiva e nel 49,2 di quelle con SM recidivante remittente. In generale, comunque, la frequenza di CCSVI è più alta nelle forme progressive. Un dato, questo, che secondo Bianca Weinstock-Guttman, tra gli autori dello studio, “suggerisce che la CCSVI possa essere una conseguenza e non una causa della sclerosi multipla”.
I ricercatori sono comunque cauti e certi che questi risultati non possano essere considerati definitivi.
Il dibattito, insomma, continua. 

14 Aprile 2011

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