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Disturbi del linguaggio. Colpito il 7% dei bambini, dagli esperti 4 punti per intervenire e sconfiggerli


Pediatri, neonatologi, psicologi, logopedisti, neuropsichiatri infantili e linguisti, uniti per affrontare un problema del neurosviluppo tra i più insidiosi, fonte di serie conseguenze se non affrontato adeguatamente e in tenera età. A Padova la presentazione della Consensus Conference sul Disturbo Primario del Linguaggio

25 NOV - “Disturbo Primario del Linguaggio” (Dpl) è la nuova definizione del vecchio Disturbo Specifico del Linguaggio (Dsl); 4 anni è l’età nella quale è consigliato effettuare la diagnosi; 30 mesi è il limite massimo entro il quale va prestata attenzione agli indici predittivi, con la raccomandazione di valutazione del vocabolario espressivo, del linguaggio ricettivo e dello status sociale ed economico;  abilità fonologiche e vocabolario espressivo e ricettivo devono essere al centro di un trattamento più adeguato, sulla base delle evidenze disponibili.
 
Sono questi i 4 punti chiave emersi sabato scorso dalla prima Consensus Conference dedicata alla diagnosi e al trattamento del Disturbo Primario del Linguaggio (Dpl), promossa dalla Federazione dei Logopedisti Italiani (Fli) e dall’associazione scientifica Clasta (Communication and Language Acquisition Studies in Typical and Atypical populations).
 
I risultati del lavoro degli esperti – condotto seguendo le indicazioni del Sistema Nazionale delle Linee Guida indicato dall’Istituto Superiore di Sanità – sono stati presentanti oggi a Padova.
 
Il Disturbo Primario del Linguaggio è il disturbo del neurosviluppo più frequente in età prescolare (i dati epidemiologici indicano un 7% circa dei bambini, in maggioranza maschi), e consiste nella difficoltà ad acquisire la lingua cui il bambino è esposto. Può presentarsi con diversi gradi di gravità, a volte riguarda solo la capacità di esprimersi in modo corretto, ma nei casi più gravi e più difficili da trattare coinvolge anche la comprensione linguistica. Una indagine basata sulle evidenze scientifiche non era, quindi, più rinviabile, ed era richiesta da tempo da tutte le professioni sanitarie coinvolte in questo ambito.
 
 “Nella pratica clinica – spiega Tiziana Rossetto, professoressa di Logopedia e presidente della Federazione Logopedisti Italiani – il disturbo del linguaggio attualmente viene trattato oggi ancora in modo disomogeneo nei diversi servizi nel territorio nazionale. Da qui nasce il lavoro, iniziato nel 2016, che ha portato a questa conferenza di consenso e al relativo documento, condotto seguendo le indicazioni del Sistema nazionale delle Linee Guida indicato dall’Iss. Già dal primo punto, in cui si modifica il termine base, da Disturbo Specifico del Linguaggio a Disturbo Primario del Linguaggio, si capisce che si entra in una nuova era. Un cambiamento che deriva da ciò che la ricerca scientifica ha ormai dimostrato ampiamente, ossia che si tratta di un disturbo primario, non associato o derivante da altri disturbi, ma non specifico, in quanto tende a presentarsi assieme ad altre vulnerabilità. I 4 punti consentono quindi di garantire un punto di partenza omogeneo per una corretta diagnosi, e quindi una corretta cura e riabilitazione del paziente.”
 
“In molti casi il Dpl – spiega Chiara Levorato, professoressa Ordinaria di Psicologia dello Sviluppo e Past President di Clasta– prelude alla comparsa di dislessia in età scolare; in altri casi il recupero della capacità linguistica avviene spontaneamente, anche se in ritardo rispetto a quanto avvenga nello sviluppo normale. Tuttavia, secondo la letteratura più recente, anche in questi casi si possono manifestare conseguenze a lungo termine: coloro che in età prescolare hanno avuto il disturbo sono più spesso soggetti ad abbandono scolastico, possono presentare maggiori difficoltà di adattamento sociale, uno scarso senso di autoefficacia e accedere ad attività lavorative meno soddisfacenti. Tutte queste conseguenze hanno origine dalla difficoltà a comunicare e a farsi comprendere (o a comprendere) da genitori, fratelli e sorelle, amici e insegnanti. La diffusione del disturbo e l’impatto negativo sullo sviluppo del bambino impone l’identificazione precoce dei bambini a rischio, al fine di garantire loro una vita di qualità, ridurre i costi dell’intervento socio-sanitario e programmare ed attuare politiche pubbliche adeguate”.
 
La Consensus Conference ha avuto l’obiettivo di affrontare a queste problematiche, cominciando con l’individuazione di risposte adeguate in tema di diagnosi e trattamento. Hanno partecipato una pluralità di associazioni scientifiche e professionali, oltre a clinici con comprovata esperienza clinica, e ricercatori accademici autori di studi scientifici sull’argomento. “Queste raccomandazioni – conclude Rossetto – sono fondamentali anche perché sollecitano maggiori dati e ricerche, necessari sia per la validazione degli strumenti in uso, sia per l’adattamento nel contesto italiano degli strumenti validati e individuati dalla revisione della letteratura scientifica. Servono insomma sviluppi di nuovi programmi di investimento sulla ricerca, uno per ogni punto affrontato dalla conferenza. Per la prima volta però si mettono tutte le carte in tavola, e si crea una base di partenza condivisa, che, naturalmente, come sempre per la scienza, potrà essere integrata e crescere nei prossimi anni”.

25 novembre 2019
© Riproduzione riservata

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