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Veneto. Un percorso su misura in Pronto soccorso per le donne vittime di violenza. Al via corsi di formazione per gli operatori

Entro l’anno verranno attivati 110 corsi in tutte le Ulss e le Aziende Ospedaliere del Veneto destinati a circa 3.000 medici e infermieri dei Pronto Soccorso e medici di medicina generale. Soltanto circa una donna su dieci che subisce violenza decide di denunciare, continuando a subire per anni maltrattamenti e abusi fisici e psicologici”, ha affermato l’assessore regionale al Sociale Manuela Lanzarin.


05 FEB - Istituire un percorso dedicato ad accogliere le donne che subiscono violenza sin dal momento in cui arrivano al Pronto Soccorso fino ai centri antiviolenza e alle case ‘rifugio’. E a tale scopo formare i professionisti dell’emergenza a un pronto riconoscimento delle vittime di violenza e alla loro gestione.

È con questo obiettivo che la Regione Veneto ha programmato un percorso di formazione che coinvolgerà circa 3.000 medici e infermieri dei Pronto Soccorso del Veneto e medici di medicina generale.

In totale saranno 110 i corsi attivati entro l’anno in tutte le Ulss e le Aziende Ospedaliere del Veneto. Per il Programma di formazione – curato, per la parte scientifica, dal Coordinamento regionale Emergenza e Urgenza e, per la parte organizzativa, dalla Fondazione Scuola di sanità pubblica, con il coordinamento amministrativo dell’Unità organizzativa Cooperazione internazionale - la Regione Veneto ha destinato un milione di euro, trasferiti nel 2017 dalla Stato nel quadro del Piano straordinario contro la violenza sulle donne.

“Soltanto circa una donna su dieci che subisce violenza decide di denunciare, continuando a subire per anni maltrattamenti e abusi fisici e psicologici”, ha affermato l’assessore regionale al Sociale Manuela Lanzarin. “Un percorso strutturato, con operatori preparati che lavorano in collaborazione con i Centri Antiviolenza del territorio, consentirà alle donne che subiscono violenza di essere accolte al triage del Pronto Soccorso con un percorso dedicato, così da garantire tempestività della presa in carico, privacy e sicurezza. Qui - ha aggiunto l’assessore - comincerà un confronto con l'operatore sanitario, improntato alla cura, al sostegno e all’attenzione di eventuali figli, ma anche attento a conservare elementi importanti nell’eventualità la donna voglia procedere a denunciare l’autore della violenza. Non dimentichiamo che nella maggioranza dei casi si tratta di violenze domestiche che coinvolgono anche i figli e spesso la paura di denunciare è dovuta al timore di un loro allontanamento”.

05 febbraio 2018
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