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A Venezia sempre meno abitanti ma anche sempre meno medici. E così l’ospedale Civile si regge quasi solo grazie ai medici “pendolari”

Lavorare a Venezia è scomodo, oltre che costoso. Da uno studio di Cimo Veneto, emerge che l’unico ospedale per acuti di Venezia è sostenuto per il 70% da medici che vengono da fuori e questo diventa motivo di alto turnover di personale sanitario se non addirittura di carenza di medici. Il sindacato avanza delle proposte alla Ulss 2 Serenissima e Comune di Venezia.

di Endrius Salvalaggio
20 APR - L’ultimo esodo dalla città di Venezia è cominciato alla fine degli anni Cinquanta ed è progredito in modo deciso durante gli anni Sessanta in particolare dopo la grande alluvione del 1966. “La vita è parametrato al turismo ed ai necessari trasporti delle merci su barca e perciò case, posti auto, garage in Piazzale Roma, alimentari, ecc., hanno un prezzo maggiore che in una città di terraferma, anche solo rispetto a Mestre”, spiega il segretario Cimo Fesmed Veneto, Giovanni Leoni, nato a Venezia e residente da sempre in centro storico.

Come emerge da un’analisi fatta da Cimo Veneto, tale aspetto incide anche sul personale sanitario presente nell’Ospedale Civile di Venezia. Negli ultimi 10 anni, i medici con domicilio e residenza a Venezia si sono ridotti al 30% di quelli in servizio. I medici provenienti dalla terraferma ma con domicilio a Venezia per motivi lavorativi, risultano essere circa il 50%, il rimanente 20% appartiene alla categoria dei veri e propri pendolari. Da questa analisi si capisce come il 70% della forza lavoro sia sostenuta da personale esterno.

“Nel 1960 il centro storico aveva 145.000 residenti e l’estuario 49.000; negli ultimi anni le presenze in centro storico superano di poco i 50.000 abitanti e con l’estuario si arriva a circa 80.000  residenti  complessivamente. Tornando al problema carenza dei medici, l’unico ospedale per acuti in Venezia è quello dei SS. Giovanni e Paolo Venezia – spiega Leoni – con il caso dell’Urologia, oggi senza  primario, con un solo medico in servizio ed uno in malattia, partendo dai 7 di pochi anni fa. Ma vi sono altri reparti carenti di personale visto che ci sono medici che, dopo un breve periodo in laguna, appena possono si traferiscono in ospedali della terraferma”.

“La grande maggioranza di tutto il personale sanitario che  regge il servizio ospedaliero a Venezia – continua il segretario Cimo Fesmed -  ha un viaggio di trasferimento da Piazzale Roma o dalla stazione Santa Lucia che prevede successivamente almeno 40 minuti a piedi o con il vaporetto fino all’Ospedale. Quindi si arriva ad oltre un’ora prima e dopo un turno di 8-10-12 ore. Se prima della pandemia era drammatica la condivisione del viaggio casa-lavoro con i 30 milioni di turisti a Venezia, in particolare d’estate, ora si ha il problema della corse ridotte per cui non resta altro che, per molti, una passeggiata di 30 - 40 minuti 2 volte al giorno. E’ un rito che, dopo un turno di lavoro, sia con condizioni atmosferiche favorevoli che avverse, alla lunga stanca”.

Da queste considerazioni sulla carenza di personale dell’ospedale civile di Venezia, Cimo Veneto avanza delle proposte.

Cosa si può fare per garantire un futuro allo scomodo Ospedale Civile di Venezia?
- Bisogna aiutare il personale pendolare che c’è ed incentivare quello nuovo attraverso delle indennità ad hoc.
- Mancano incentivi con una parte economica che coprano il disagio, ma anche con una parte che diano la possibilità di avere case in affitto riservate e posti auto per il personale sanitario a prezzi calmierati che ad oggi sono ad un valore oltre le possibilità della assoluta maggioranza dei lavoratori.   

“Se la Ulss 2 Serenissima ed il Comune, trovassero un accordo tra di loro, ed investissero in questo senso, non solo ci guadagnerebbe l’ospedale ma ci guadagnerebbe anche Venezia in termini di nuovi residenti”. Cimo Veneto, come istituzione rappresentante dei lavoratori, è a disposizione in tale senso anche per questo particolare problema.

Endrius Salvalaggio

20 aprile 2021
© Riproduzione riservata

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