“Siamo nel pieno della pandemia e abbiamo davanti a noi ancora mesi durissimi. Abbiamo bisogno di supporto, di aiuti, di considerazione e di riconoscimenti altrimenti, oltre ad essere sempre i soliti ad essere chiamati a risolvere i problemi, il personale sanitario ormai stanco, si sentirà sempre meno valorizzato”. A dirlo è Giovanni Leoni segretario di Cimo Veneto.
A distanza di un anno dall’inizio dell’emergenza sanitaria, rimangono ancora dei punti irrisolti che Cimo Fesmed Veneto ritiene fondamentali. Per questo il segretario Leoni li ripropone, punto per punto, ancora una volta alla Regione Veneto.
Nel dettaglio, quel che il sindacato chiede è che:
– Le vaccinazioni siano fatte a tutti i medici ed operatori dipendenti, convenzionati, e liberi professionisti ed odontoiatri del territorio in quanto tutti direttamente coinvolti nei servizi sanitari ed alla persona con metodo di contatto uniforme a livello regionale e nel rispetto della gerarchia del Piano Vaccinale Nazionale;
– Si dovrà considerare all’interno della casistica dell’infortunio professionale ogni reazione avversa causata dal vaccino. L’adesione alla vaccinazione anti Covid – 19, è sicuramente prioritaria, ma allo stesso tempo anche le reazione avverse non potranno essere scientificamente escluse ed i lavoratori devono essere adeguatamente tutelati.
– Sul piano dei vaccini, si devono considerare i medici specializzandi sullo stesso piano dei medici dipendenti in relazione lavoro nei reparti a maggior rischio.
– Appare necessario identificare da subito un’indennità Covid dedicata ai reparti in cui gli operatori, a qualsiasi titolo, realmente vivono tutto il loro turno di servizio con camici, maschere, doppi guanti, visiere e calzari e profondo disagio fisico e stress psicologico per la coscienza di respirare una atmosfera inquinata da un virus nuovo che si è dimostrato al altamente contagioso, mutevole e spesso mortale.
– E’ necessario riprendere l’attività programmata ambulatoriale in quanto collegata alla domanda di salute dei meno abbienti che non possono permettersi le visite private. Non possiamo dimenticarci che ci sono pazienti che non possono concedersi altre vie per essere curati se non quella della sanità pubblica.
– Si dovrà autorizzare la libera professione ai sanitari dipendenti anche in strutture esterne convenzionate o riprenderla all’interno degli ospedali del SSR.
– Il Veneto assieme alla Campania ed al Piemonte sono le uniche regioni ad aver bloccato queste attività, che sono sempre state mantenute anche in regioni limitrofe come Friuli Venezia Giuli, Emilia Romagna e Lombardia.
– La fiducia dedicata ad un particolare medico attraverso la visita privata determina un aumento di attrattività per tutta l’istituzione di riferimento, sia per l’attività chirurgica, ma anche naturalmente per le branche mediche e per le prestazioni strumentali
Leoni fa quindi sapere che “Cimo – Fesmed sarà a fianco, ai fini di una eventuale causa collettiva, di quei colleghi che abbiano sofferto un danno economico in questi mesi per il fatto di aver scelto di esercitare la libera professione solo in ospedale. Infatti nel privato puro, altri colleghi hanno continuato a visitare liberamente ed, anzi, hanno incrementato la loro attività a discapito di coloro i quali hanno scelto l’ospedale come unica sede dello svolgimento delle loro prestazioni; la loro fedeltà è stata, quindi, ripagata in un modo profondamente ingiusto”.
“Non ci si stupisca – conclude il segretario della Cimo Fesmed Veneto – poi se tanti medici si dimettono ed abbandonano anzitempo il loro lavoro in una struttura pubblica. Al contrario, essere tenuti a rispondere ai pazienti più gravi ed essere esposti al maggior rischio personale possibile, sono comportamenti con alto contenuto etico che devono essere valorizzati e riconosciuti, non solo con un periodico breve ringraziamento sui giornali”.
Endrius Salvalaggio