“I farmaci innovativi ad alto costo ci fanno toccare con mano quali potranno essere i dilemmi della sanità futura se non si completano le riforme della governance di questo capitolo complesso della spesa pubblica (non solo federalismo, ma sistemi contabili e di reporting, schemi di compartecipazione al costo, screening delle prassi terapeutiche per sollecitare best practice etc.)”. Ma per gli esperti del Cerm, è del tutto evidente che il quadro normativo-regolatorio che presiede alla governance dei farmaci oncologici in Italia è attualmente insufficiente a governare in maniera positiva e programmatica la forbice tra risorse spendibili e necessità e urgenza delle terapie. E così, “quel trade-off difficile e drammatico che abbiamo di fronte, tra sostenibilità della spesa e domanda di prestazioni da parte dei cittadini, è, per i farmaci ad alto costo, già una realtà vissuta in tutti gli ospedali, anche se non adeguatamente documentata”. Dall’analisi del Cerm emerge infatti “un sistema con ombre e approssimazioni”. “Troppo frammentato e senza concrete motivazioni”. “Con impostazioni diverse e spesso incompatibili tra Aifa e Regioni, tra Regione e Regione, addirittura tra Als e Ospedali di una stessa Regione”.
Da dove iniziare per riorganizzare il sistema? Nell’approfondito rapporto su I farmaci oncologici in Italia: innovazione e sostenibilità economica, Fabio Pammolli, Nicola C. Salerno e Massimo Riccaboni avanzano alcune proposte di policy, distinguendo tra quelle attuabili in tempi brevi e quelle per le quali sono necessari tempi di attuazione più lunghi. Le due tipologie di intervento, secondo gli esperti del Cerm, “andrebbero avviate il prima possibile e auspicabilmente condotte in parallelo”.
Bisogna infatti, secondo Pammolli, Salerno e Riccaboni, distinguere il piano delle riforme di natura strutturale e sistemica e l’altro riguardante strumenti ad applicabilità immediata, per favorire l’approdo dei prodotti ad alto costo nei Drg il più velocemente possibile. “Questi strumenti, oltre a funzionare da liason con le riforme strutturali, potrebbero poi continuare a rimanere in funzionamento nella misura in cui si proveranno utili e collocabili all’interno del nuovo assetto”.
Tra gli interventi strutturali sistemici, in particolare il Cerm suggerisce di rendere unico su tutto il territorio nazionale il prontuario di fascia “H”, comprendendo tutti i prodotti che possono essere utilmente impiegati all’interno dei Drg. Le terapie con prodotti ad alto costo, e non solo quelle che si avvalgono di oncologici, dovrebbero essere registrate presso l’Aifa, in modo tale da permettere la ricostruzione di un quadro integrato dell’evoluzione della spesa e, a consuntivo di ogni anno, un dataset completo per analisi retrospettive di adeguatezza della terapie e di efficacia del farmaco. Questo file “F”, secondo il Cerm, potrebbe diventare lo strumento standardizzato con cui ogni ospedale dialoga con il sistema informativo dell’Aifa, in modo da cerare omogeneità tra strumenti utilizzati nei rapporti tra le Regioni e le loro Asl/Ao e strumenti usati tra Aifa e Regioni.
“Il rispetto delle compatibilità di bilancio – proseguono Pammolli, Salerno e Riccaboni – dovrebbe essere risolto con scelte esplicite, valutabili dai cittadini, alcune comuni a tutte le Regioni (la cornice nazionale), altre adottabili dalle singole Regioni. Tra le prime, sicuramente una profonda riorganizzazione della distribuzione territoriale. Se si abolissero la pianta e i limiti alle catene di farmaci e all’incorporation, si libererebbero risorse per oltre 1 miliardo di Euro/anno in fascia A e circa 400 milioni/anno in fascia C con obbligo di prescrizione, i primi direttamente nel bilancio del Ssn, i secondi nei conti delle famiglie”.
Sempre tra le scelte di cornice nazionale, secondo il Cerm “c’è lo snodo della revisione dell’universalismo assoluto, in un duplice senso: di ridisegno del perimetro delle prestazioni essenziali, espellendo quelle marginali e dando centralità alle funzioni cruciali per la salute e la sopravvivenza; e di adozione di schemi di compartecipazione del cittadino ai costi, a seconda delle condizioni economiche e sanitarie sue e della sua famiglia”.
Tra le scelte nazionali anche l’implementazione del reference pricing sui farmaci ospedalieri, per stimolare la diffusione degli equivalenti più economici tra gli off-patent; e anche la centralizzazione delle decisioni sull’esclusione dalle terapie di farmaci ad alto costo di cui non ci sia sufficiente evidenza dei ritorni terapeutici (come già avviene, per esempio, in Inghilterra).
Tra le scelte da compiersi a livello regionale: l’aumento dei livelli di compartecipazione al di là dello schema base nazionale; politiche di deospedalizzazione e raccordo socio-sanitario per ottimizzare le risorse e trovare spazio per l’utilizzo dei farmaci innovativi nei Drg; l’aumento automatico della leva fiscale regionale per il ripiano integrale, anno per anno, dei disavanzi del Ssr, come fattore di piena responsabilizza zione di politici e amministratori.
E poi, le soluzioni adottabili nel breve termine, in attesa che il nuovo assetto maturi, per favorire l’accesso dei farmaci oncologici ad alto potere terapeutico nei Drg. Due le linee che secondo gli esperti del Cerm si potrebbero seguire. Da un lato, “la possibilità di accantonare in uno specifico fondo una quota proporzionale all’effettivo recupero delle note di credito nel File F. In tal modo, le Regioni che ottemperano agli obblighi di compilazione delle schede con maggiore regolarità potrebbero beneficiare direttamente di schemi premiali che consentano l’adozione di nuovi trattamenti terapeutici”.
Secondo il Cerm, questo meccanismo regolatorio permetterebbe infatti di favorire un più rapido arrivo di nuovi composti, specie laddove i risultati conseguiti con i trattamenti in uso dovesse risultare inferiore alle attese. “Tale schema – scrivono gli esperti – risulterebbe incentive compatible, garantendo alle Asl/Ap e alle Regioni che compilano regolarmente le schede margini di spesa ulteriori per la rapida adozione di nuovi trattamenti”. Inoltre, “lo schema permetterebbe di sostenere la spesa associata all’arrivo di nuovi composti in parte tramite risparmi conseguenti all’effettiva implementazione dei Pas, fronte sul quale sono necessari rapidi progressi. Infine, occorre che i risultati ottenuti mediante l’impiego di farmaci soggetti a monitoraggio siano condivisi in modo tempestivo e trasparente con le imprese e le altre amministrazioni sanitarie, al fine di favorire la diffusione delle best-practice e contrastare eventuali usi impropri di detti farmaci”.
Un secondo meccanismo di alimentazione del fondo per i farmaci innovativi ad elevato costo, da affiancarsi a quello descritto al punto precedente, dovrebbe, secondo il Cerm, garantire una prima attuazione di meccanismi di value-based pricing. “Il fondo per i farmaci innovativi dovrebbe includere infatti tutti i composti innovativi in aree in cui si ritiene persista un forte fabbisogno di nuovi e più efficaci trattamenti. I farmaci che sono ammessi al fondo sono sottoposti a schemi di Pas e di risk-sharing. Tali schemi permettono di definire un’adeguata base documentale della costo efficacia dei composti. Tali risultati andranno in seguito comparati con analoghi indicatori di costo efficacia degli altri farmaci non inclusi nel fondo. Laddove il margine d’innovatività e costo-efficacia dei nuovi composti dovesse risultare superiore ad una certa soglia occorre favore la ricomposizione della spesa farmaceutica a favore dei farmaci innovativi”.
Secondo il Cerm, “a tale proposito, è possibile definire tetti differenziati per le due tipologie di farmaci in funzione della loro costo-efficacia comparata. “Una ricomposizione della spesa tra farmaci maturi e nuovi farmaci presenta una serie di vantaggi in termini di incentivi alla concorrenza dinamica e permette di ridurre notevolmente le proiezioni di spesa. L’eventuale, ulteriore, espansione della spesa potrebbe in tal modo concentrarsi sui farmaci a valore elevato, attraverso un fondo dedicato e secondo schemi incentivanti come descritto al punto precedente”.
La costituzione di un fondo dedicato per i farmaci innovativi, da associarsi alla puntuale rilevazione della costo-efficacia comparata dei trattamenti in relazione ad accordi preventivi di risk-sharing con le imprese fornitrici rappresenta secondo il Cerm “uno snodo cruciale per garantire un accesso equo e tempestivo all’innovazione farmaceutica. Tale passaggio comporta la definizione di una visione unitaria nazionale di value based pricing dei farmaci. Il fondo dovrebbe essere alimentato attraverso il recupero delle note di credito relative agli accordi in essere e attraverso l’introduzione di prodotti biogenerici e versioni a minor costo dei farmaci presenti nel prontuario nazionale. La preventiva allocazione di risorse a tale fondo consentirebbe di garantire un tempestivo e omogeneo accesso ai nuovi trattamenti su scala nazionale, da modularsi con schemi premiali per le Regioni e le Aziende Sanitarie che ottemperano puntualmente agli obblighi di rilevazione delle modalità di impiego e dei risultati terapeutici associati ai nuovi trattamenti”.
Al fondo per i farmaci innovativi potrebbero inoltre essere chiamati a partecipare altri soggetti interessati all’innovazione in campo sanitario quali fondazioni e altri soggetti privati e del terzo settore.
“La definizione di quadro organico nazionale per tutti i farmaci innovativi in cui si preveda la costituzione di un fondo alimentato attraverso i risparmi derivanti dalla riduzione della spesa associata ai farmaci per i quali si è riscontrata una minore efficacia comparata – concludono Pammolli, Salerno e Riccaboni – rappresenta un passaggio chiave verso un adeguato bilanciamento tra le fondamentali esigenze di rapido, equo e diffuso accesso all’innovazione nel rispetto dei vincoli di spesa”.