Gli ospedali Riuniti Padova Sud è un polo ospedaliero della bassa padovana inaugurato nel 2014 con un bacino di utenza di 180mila abitanti, residenti nei 46 comuni dell’area. Una struttura che è sorta su 250 mila metri quadrati e che dispone di oltre 430 posti letto, ai quali si aggiungono gli oltre 150 posti letto di lungodegenza e riabilitazione. Con l’arrivo del Covid l’ospedale Riuniti di Padova Sud, con sede a Schiavonia, è stato convertito in Covid hospital nel 2020 e nel 2021. Con il calo dei contagi è ritornato da qualche settimana un ospedale per acuti ed emergenze. OoSs e primi cittadini dei 46 comuni della bassa padovana, dopo due anni di chiusura (tranne i periodi estivi), hanno recentemente lanciato un allarme perché ora che questo ospedale è tornato ed essere nosocom
io per tutte le cure è arrivato altresì il momento di rilanciarlo.
“I dati – afferma Fabio Turato, dirigente CISL FP- sono impietosi e portano alla luce quello che dal febbraio 2020 la CISL FP ha sempre detto, ovvero, che a pagare lo scotto più grande della scelta della trasformazione di Schiavonia in Covid hospital, sarebbero stati i cittadini e i lavoratori. In questo periodo di conversione i ricoveri sono diminuiti di oltre 11.550, dove a soffrire di più è stata l’area chirurgica con oltre 2000 ricoveri in meno, senza dimenticare la cardiologia, l’ortopedia, l’urologia e persino l’ostetricia e ginecologia. Altro numero impressionante di questi due anni, sono gli oltre 34.950 accessi in meno in Pronto Soccorso, che ovviamente hanno costretto i cittadini a recarsi in altri PS dell’Ulss 6, a partire da quello di Piove di Sacco”.
Ad affermare il segno meno del PS, sono i dati forniti dalla CISL FP che attribuisce questo calo anche al declassamento che il PS degli Ospedali Riuniti ha avuto in Punto di Primo Intervento nel periodo di conversione in Covid hospital. “Il PS di Schiavonia non è solo stato declassato – afferma Alessandro Piovan Dirigente CISL FP – ma ha anche dovuto gestire migliaia di accessi Covid costringendo il personale a lavorare costantemente in condizioni di estrema difficoltà essendo il "primo filtro" dell’Ospedale.
Nell’ospedale di Schiavonia, dalla prima conversione in Covid hospital che risale al 2020, tutto il personale vive in continua pressione ed opera quotidianamente in affanno per l’eccessivo carico di lavoro, con tutte le conseguenze che ciò comporta in termini di elevato stress psico-fisico”.
Oggi l’ospedale di Schiavonia è in piena fase di riapertura, con sale operatorie, unità di cura intensiva coronarica e nuovi posti di area medica, il PS è aperto per l’area cardiologica e medica e a breve aprirà anche per l’area chirurgica.
“E’ arrivato il momento – sostiene CISL FP – di pensare ad una nuova riorganizzazione che permetta a questa struttura di non chiudere più i servizi garantendo ai cittadini della bassa padovana il diritto alla sanità che, in questi due anni, si sono visti togliere”.
L’organizzazione sindacale alza il tiro e dichiara che è “inaccettabile che un ospedale che copre 180mila abitanti sparsi in 46 Comuni, abbia come unico obiettivo quello della riapertura, quando la stessa ULSS 6 Euganea e la Regione Veneto devono assumersi la responsabilità di investire in risorse e responsabilità”.
Le richieste riguadano:
“Aumento di 60 posti letto dell’ospedale di Schiavonia”
“Attivazione di un reparto di malattie infettive permanente compreso di posti letto di terapia intensiva dedicati”
"Attivazione di un reparto di pneumologia e semintensiva pneumologica”
“Assunzione di personale di cui almeno 70 infermieri, 25 Oss, 10 tecnici di laboratorio oltre al personale medico, infettivologo, anestesisti e pneumologi”
“La Cisl FP – conclude Turato – ha ben chiara la necessità di garantire un'assistenza adeguata a un territorio che, dai numeri che abbiamo, possiamo affermare che in questi due anni, molti cittadini hanno dovuto rivolgersi altrove. Da qui parte la nostra proposta. Senza abbassare la guardia contro la pandemia, si dovrà passare da una organizzazione di emergenza a una nuova organizzazione che sia aderente ai bisogni sanitari dei 46 comuni rinforzando tutta la filiera dell'assistenza a partire dalla prevenzione, la presa in carico da parte dell'assistenza a domicilio, l'ospedalizzazione e la riabilitazione”.
Endrius Salvalaggio
