Le infezioni del sito chirurgico (SSI) sono tra le infezioni correlate all’assistenza sanitaria più comuni. Sono associate a ricoveri ospedalieri post-operatori più lunghi, procedure chirurgiche aggiuntive, trattamento in unità di terapia intensiva e mortalità più elevata. Ma il quadro è ancora molto limitato perché, come segnala la stessa Ecdc nel Rapporto appena pubblicato sulle Infezioni del sito chirurgico nel periodo 2021-2022, i dati a disposizione sono ancora pochi perché pochi sono i Paesi che forniscono dati al sistema di sorveglianza, così come ancora perfezionabile è la qualità stessa dei dati raccolti.
Il report dell’Ecdc, in particolare, raccoglie i casi segnalati nel 2021-2022 per 662.309 interventi per 9 tipi di procedure chirurgiche eseguiti in 1.638 ospedali di 12 Paesi (esclusa l’Italia). In particolare le procedure sotto la lente sono state 300.908 nel 2021 e 361.401 nel 2022. Quanto alle procedure, si trattava di bypass aorto-coronarico (CABG), colecistectomia a cielo aperto e laparoscopica (CHOL), chirurgia del colon a cielo aperto e laparoscopica (COLO), taglio cesareo (CSEC), protesi dell’anca (HPRO), protesi del ginocchio (KPRO) e laminectomia (LAM).
Le infezioni al sito chirurgico segnalate a seguito degli interventi citati sono state 10.193, il 38% superficiali, il 28% profonde e il 34% SSI di organo/spazio, cioè quelle infezioni che si manifestano in qualsiasi altro sito anatomico che sia stato aperto o manipolato nel corso dell’intervento chirurgico. La percentuale di infezioni al sito chirurgico variava dallo 0,6% nelle laminectomie al 9,6% nella chirurgia del colon a cielo aperto.
“Come previsto – spiega il rapporto -, la percentuale e la densità di incidenza delle infezioni erano inferiori nelle procedure laparoscopiche rispetto a quelle a cielo aperto sia per le operazioni CHOL che COLO”.
Tuttavia, sottolinea anche l’Ecdc, “la variazione inter-paese osservata e il fatto che non tutti i paesi Ue partecipino limitano la misura in cui i risultati possono essere considerati rappresentativi della situazione complessiva UE”. Anche “la durata della degenza ospedaliera post-operatoria e le differenze nei metodi di sorveglianza post-dimissione influenzano il tasso registrato di infezioni superficiali che vengono per lo più diagnosticate in ospedale e possono spesso essere trascurate e quindi non segnalate dopo la dimissione dall’ospedale. Inoltre, il fatto che una grande percentuale di SSI profonde e/o organo/spazio abbia un riscontro microbiologico positivo, quando segnalate, indica che anche le SSI superficiali sono probabilmente diagnosticate e segnalate con sensibilità variabile da diverse reti partecipanti”.
Insomma, per l’Ecdc i risultati presentati in questo rapporto costituiscono una fonte aggiornata, ma limitata, di informazioni sull’incidenza delle infezioni ai siti chirurgici. Ma considerato che “la sorveglianza è una componente chiave nella prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza sanitaria e uno strumento importante per monitorare l’efficacia delle misure di prevenzione e controllo”, l’Ecdc considera necessario potenziare il sistema. Un “piccolo” aggiornamento del protocollo di sorveglianza di queste infezioni, fa sapere l’Ecdc, “è in corso nel 2025” e includerà “l’introduzione di un indicatore per le infezioni al sito chirurgico con riscontri microbiologici positivi, che potrebbe consentire una sorveglianza più automatizzata, soprattutto per le infezioni profonde e di organo/spazio”.