“L’Aris è pronta ad accogliere nei suoi hospice quanti, avvicinandosi il fine della loro vita, intendono concludere serenamente la propria avventura terrena, offrendo fraterna assistenza e cure palliative per lenire le loro sofferenze”. Così Padre Virginio Bebber, presidente dell’Aris, intende così dare seguito al messaggio con il quale i vescovi italiani hanno espresso la posizione della Chiesa in risposta alla recente legge sul fine vita approvata dalla Regione Toscana. Si tratta, in sostanza, di una risposta “operativa”, non solo teorica, in perfetta linea con l’esortazione della Conferenza episcopale italiana che – sottolinea il presidente dell’Aris -, nel suo messaggio mette in guardia affinché, in materia di fine vita, la scelta non sia ideologica e, tantomeno, politica, ma solo ed esclusivamente umana e non diventi un tema politicamente orientato e tantomeno sottoposto a polarizzazioni o giochi al ribasso…”.
Quanto alle cure palliative, Padre Bebber, si dice pronto a mettersi in gioco con tutti i mezzi di cui dispongono le strutture associate, in particolare le 46 RSA associate, la maggior parte delle quali dispongono di reparti hospice e, laddove non esistono, offrono lo stesso tipo di assistenza con cure palliative a domicilio. Facendo proprie le indicazioni dei vescovi, da padre Bebber, dunque, arriva un forte e deciso “no sia all’accanimento terapeutico che alla morte procurata” e, di conseguenza, “un no fermo e irrinunciabile all’eutanasia”. Ma anche un altrettanto forte e deciso “sì all’idratazione e all’alimentazione artificiali fino a quando la pratica non dovesse procurare sofferenze aggiuntive o risultare ormai completamente inutile”. E soprattutto, “sì alla libertà delle Istituzioni sanitarie gestite da enti e congregazioni religiose, seppure convenzionate con il pubblico, di seguire le proprie motivazioni etiche e i propri principi nel rispetto delle finalità delle stesse strutture”.
In merito alla recente legge approvata dalla Regione Toscana, Bebber avverte che “in tema di fine vita si va profilando una soluzione legislativa che tra le prestazioni sanitarie, iscrive, tra l’altro, “favorire la morte del paziente malato”. Una soluzione finale che “rappresenta una sconfitta per tutti”, sottolinea il presidente Aris”. Su queste tematiche, si sta “certamente configurando – aggiunge Bebber – un vasto campo di dissenso etico-antropologico che non può essere sanato da una norma del diritto positivo, per quanta considerazione e rispetto meriti il Parlamento e la funzione legislativa che, in virtù del suo titolo di rappresentanza popolare, gli compete. Tuttavia faccio nostra la dichiarazione immediata del cardinale Paolo Augusto Lojudice, Presidente della Conferenza Episcopale Toscana, soprattutto laddove afferma che “Sancire con una legge regionale il diritto alla morte (non certo tra i diritti sanciti dalla Costituzione) non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti. Del resto, dove da una parte c’è il diritto di morire, significa che dall’altra parte c’è il diritto di qualcuno ad ucciderlo. E questa è una situazione umanamente non accettabile”.
Il presidente dell’Aris non nasconde che si tratta di una posizione di un profondo dissenso che “non possiamo e non vogliamo sottacere”. E’ un “dissenso che rappresenta per noi non solo un‘opzione morale ovvia ed irrinunciabile, bensì anche un indirizzo che intendiamo assumere e mantenere quale elemento che identifica e caratterizza il servizio che le nostre strutture sanitarie di ispirazione religiosa, assicurano alla collettività, concorrendo in misura significativa alla funzione pubblica di tutela e promozione della salute e della vita. C’è inoltre da considerare l’incongruenza di una legge che – lamenta ancora Bebber – trasferisce i fondi erogati per dare sostegno alla disabilità, ad un percorso teso a procurare la morte della persona. I nostri – conclude Bebber – sono pensieri, analisi, parole e proposte che, in definitiva, trovano forza e sostegno anche con gli insegnamenti del Papa, che in piu’ occasioni – ricorda infine il presidente dell’Aris – parlando del fine vita si è augurato che in seno alle società democratiche, argomenti delicati come questi siano affrontati con pacatezza: in modo serio e riflessivo, e ben disposti a trovare soluzioni – anche normative – il più possibile condivise…Dunque rispetto per tutti. Ma anche per le istituzioni sanitarie religiose: che hanno diritto a mantenere fede alla missione affidata loro dal Cristo stesso: “Andate, predicate e curate gli infermi”. Non certo “procurate loro la morte”.