Intelligenza artificiale docet. La sua utilità condizionante per l’umanità deriva dalla capacità di contare su dati ineccepibili, rilevati coscientemente e con impegno selettivo rigorosamente scientifico, sulla base dei quali elaborare i calcoli previsionali. I suoi algoritmi, costituenti gli strumenti basici della IA, sono infatti così complessi da esigere verità assolute – siano esse immagini, testi, traduzioni omogenee di lingue – che rappresentano il loro continuo nutrimento. Una modalità di “rifornimento”, attento e progressivo, sulla quale fondare le loro elaborazioni con metodologie che richiedono tuttavia un perenne apprendimento degli operatori strategici, attesa la sua peculiare auto-generatività.
Dunque, una corretta rilevazione sta al prodotto della IA ineccepibile così come un accertamento corretto e attuale della esigibilità dei Lea in situ sta ad un dato di partenza certo di una programmazione ineccepibile. A fondare il da farsi su dati sui quali francamente si nutrono dei seri dubbi di rilevazione si rischia di avere una immagine distorta e pertanto inadatta ad essere posta a base della programmazione e successiva pianificazione dell’intervento pubblico. Il tutto, ovviamente, da perfezionarsi in armonia con la programmazione e il riparto perequato dei fondi di cui all’art. 20 della legge 67/88, mantenuti sino ad oggi completamente avulsi dal fabbisogno reale di generare le infrastrutture necessarie ove mancanti.
In sanità, le esperienze in tal senso sono state sempre pessime, finanche nei bilanci dei Ssr cui si pervenne con le metodologie di cui al cosiddetto “Progetto Mattone”, che ha ridotto a schemi (troppo) sinottici il bene pubblico per antonomasia: il bilancio, con ricadute pessime in termini di generazione di indebitamento progressivo e di lettura dei saldi. Ciò in quanto le differenze tra le Regioni nel processo di rilevazione dei fabbisogni epidemiologici hanno generato per decenni una esigibilità dei Lea non affatto corrispondente a quelli in reale godimento all’utenza. In buona sostanza, a fabbisogno desunto (quasi ovunque), spesso per sentito dire, sono conseguite azioni inadeguate!
Da qui, presenta grandi incertezze in peggioramento la lettura dei risultati elaborati dal Ministero della salute mediante il cosiddetto Nuovo sistema di garanzia, di cui all’acronimo (NSG). Quello strumento che dovrebbe consentire, assumendo i dati disponibili dal Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), di verificare ovunque la messa a terra, reale e non immaginaria, dei Lea e la loro godibilità da parte dei cittadini, in condizioni di equità, efficacia e appropriatezza.
Ed è qui che viene fuori il problema, nei confronti del quale è da tempo che si è alla ricerca della soluzione, vana sino a quando esisteranno nel Paese differenze assistenziali abissali tra Regioni e nelle regioni. Un tema, questo, che mette in seri dubbi le elaborazioni informatiche di ogni tipo, dal momento che le stesse sono viziate a monte da errate o mancate rilevazioni dei dati necessari a generare risultati attendibili.
La metodica degli indicatori rilevatori per macroaree rappresenta un processo corretto ma viziato a causa di relativi accertamenti regionali informatizzati deficitari ovvero fondati sulla inesistenza, spesso supposti e mai rilevati sul campo nonché spesso “manomessi” per dimostrare valori migliori finalizzati al godimento di benefit economici, altrimenti negati.
Un onere, peraltro, per alcune Regioni impossibile da rappresentare, considerato che in molte di esse – specie nel Mezzogiorno – è facile constatare la completa assenza di una attività di rilevazione, di quella assistenziale dedicata alla prevenzione e al territorio. Un vulnus che la dice lunga, così come dimostrato dalle graduatorie per sottosistema del report ministeriale al 2023 (si veda qui un ampio servizio ieri di Giovanni Rodriquez), che vede rispettivamente nelle anzidette tipologie di erogazione (di prevenzione e distrettuale) ultime la Calabria, la Sicilia, l’Abruzzo e il Molise (intervallato dalla Liguria) e la Calabria, la Sicilia, l’Abruzzo, la Basilicata e la Sardegna.
Dati risalenti al 2023, nei confronti dei quali è da notare che nel quinquennio pregresso – con un Covid in mezzo – si sono registrati solo miglioramenti nella erogazione dei Lea ospedalieri, con una valutazione conseguente che arriva all’incoscienza nel dimostrare una disattenzione totale verso la prevenzione e l’assistenza distrettuale nonché verso i raccordi con lo Stato in tema di profilassi anti-pandemica.
A ben vedere, siamo alle solite sia in termini dei fattori primari, indicativi dei fenomeni rilevati direttamente sul posto, che dei risultati che dimostrano che l’assistenza sociosanitaria, così com’è, sarà sempre più un disastro con una popolazione sempre più anziana ed esposta alle malattie.
Tutto ciò senza contare che i quattrini del PNRR tardano a rendere disponibili alla Nazione le Case di comunità, gli Ospedali di Comunità e Cot dei quali si vedrà la luce (forse) tra un decennio. Senza contare che in alcune Regioni, del tipo la Calabria, con una popolazione che tra qualche anno sarà ridotta ai minimi termini demografici si suppone di risolvere il tema dell’assistenza in generale costruendo nuovi ospedali (4), a suo tempo programmati per una popolazione di oltre due milioni che diverrà, alla posa dell’ultima pietra dell’ultimo ospedale, al di sotto di un milione e cinquecento.
Ho certezza e contezza che il ministro Schillaci stia già facendo da tempo siffatte considerazioni e, di conseguenza, agendo sui fattori negativi che hanno determinato e determinano sino ad oggi una prevenzione collettiva e una assistenza territoriale poco al di sotto della vergogna. Con questo, si prenderà cura di realizzare nel Sud una rilevazione reale dei fabbisogni epidemiologici, una tempestiva elaborazione delle mappe dei rischi emergenti e un accertamento delle prestazioni essenziali erogate, di certo oggi in valori peggiorativi rispetto a quelle rendicontate nel report ministeriale.
Ettore Jorio