Gentile Direttore,
il collega Gianni Melotti ha recentemente sollevato una questione di grande importanza sul “sistema fisioterapia” e i suoi attuali limiti organizzativi: un paradosso che se non affrontato con urgenza potrebbe compromettere l’efficienza complessiva del nostro Sistema Sanitario Nazionale.
Il tema riguarda il ruolo del fisiatra, la cui figura viene considerata imprescindibile ma che nella realtà introduce significativi “colli di bottiglia” organizzativi, ostacolando un accesso tempestivo e appropriato alle prestazioni fisioterapiche. Ciò determina non solo un aumento dei costi ma anche un allungamento delle liste d’attesa, con ricadute negative per i cittadini.
Desidero innanzitutto richiamare l’attenzione su come in Regione Toscana la DGRT 595/05 – poi abrogata – per vent’anni ha rappresentato un modello gestionale efficace per le prestazioni fisioterapiche. In particolare il sistema basato su pacchetti di prestazioni correlati alle diagnosi (codici ICD9), prescrivibili non solo dai MMG, dai PLS e da specialisti di ogni branca, ha garantito un’efficace presa in carico dei pazienti, con l’inclusione della valutazione iniziale e finale del trattamento fisioterapico. Questo modello ha creato un circuito integrato tra i professionisti coinvolti favorendo una risposta tempestiva e adeguata alle esigenze di salute dei cittadini, in particolare per le disabilità segmentarie non complesse. L’approccio adottato in Toscana ha quindi permesso di rispondere in modo sostenibile alle necessità sanitarie, grazie a una gestione integrata che prevedeva la collaborazione tra MMG/PLS, specialisti e fisioterapisti e consolidando un sistema che, seppur perfettibile, ha garantito autonomia professionale ed efficacia terapeutica.
L’introduzione del “nuovo” Nomenclatore LEA del 2017 ha tuttavia modificato radicalmente il precedente modello. La separazione delle prestazioni dalle diagnosi, infatti, ha reso il sistema più rigido e meno efficace, aumentando il rischio di prescrizioni inappropriate e indebolendo la correlazione tra patologia e trattamento. Inoltre l’obbligo di una visita fisiatrica introduce ulteriori inefficienze organizzative e potenziali effetti negativi, come una minore appropriatezza delle cure, con un impatto sulla qualità del trattamento, o un allungamento dei tempi di attesa, con una penalizzazione soprattutto nelle Aree Interne, dove la cronicità e la fragilità sono sempre più diffuse. E ancora la duplicazione di prestazioni e visite, generando costi aggiuntivi per il sistema e per i cittadini, la perdita di autonomia dei fisioterapisti, che fino ad oggi hanno lavorato in modo autonomo e integrato contribuendo in maniera significativa alla qualità del servizio e l’interruzione di percorsi di cura consolidati, come quelli relativi alla chirurgia della mano, al linfedema e alla senologia, che rischiano di essere ostacolati dalla nuova organizzazione.
Alla luce di quanto sopra esposto desidero anche esprimere una riflessione in merito alle recenti dichiarazioni della Presidente di ANF Liguria sul Codice Deontologico della nostra professione. Le sue parole non sono infatti solo inadeguate, ma anche offensive nei confronti di quelle migliaia di fisioterapisti che quotidianamente operano con impegno e dedizione, rispondendo ai bisogni di salute della collettività. Ritengo che la Presidente di ANF Liguria debba scusarsi con l’intera categoria, che ha sempre promosso una visione strategica e costruttiva, in contrasto con chi ancora si limita a soluzioni precostituite e autoreferenziali, prive di reali benefici per i cittadini. Non mi soffermo, invece, sul silenzio di “altri” soggetti. Auspico ancora una volta che si possa intraprendere il percorso per il Nomenclatore per le Professioni Sanitarie al fine di garantire risposte tempestive, appropriate e sostenibili, senza compromettere l’autonomia professionale e l’efficienza del sistema.
Fabio Bracciantini
Presidente OFI Toscana Centro