Gentile Direttore,
in base al recente rapporto OCSE “The Economics of Diagnostic Safety”, circa il 15% delle diagnosi sarebbe errata o quantomeno tardiva.
Le diagnosi errate, le sovra-diagnosi o le sotto-diagnosi, oltre a mettere a rischio la vita dei pazienti, impatterebbero sulla spesa sanitaria dei Paesi UE per circa il 17,5%.
Pertanto, applicando banalmente tale percentuale alla spesa sanitaria pubblica italiana, gli errori diagnostici ci costerebbero circa 23 mld di euro l’anno. Dati che si commentano da soli!
Come correttamente e puntualmente rilevato da Quotidiano Sanità, ci si troverebbe al cospetto di un gigantesco “buco nero” per le casse pubbliche, su cui bisognerà intervenire urgentemente, poiché la riduzione degli errori diagnostici consentirebbe un contenimento della spesa sanitaria di circa l’8%.
Inoltre, se al fenomeno errori diagnostici si aggiunge anche quello delle risorse disperse a causa di inefficienze organizzative, di inappropriatezza e di altri fenomeni “patologici”, circa un quinto delle risorse pubbliche destinate alla sanità andrebbe in fumo.
Pertanto, un sistema complesso, come quello sanitario, non si governa solo col ricorso alle maggiori risorse finanziarie, ma anche – e soprattutto – con nuovi modelli di gestione costruiti per migliorare l’accuratezza diagnostica ed organizzativa, poiché questo libera risorsa da reinvestire in tecnologie avanzate e personale.
Bisogna quindi creare nuovi modelli organizzativi che prevedano l’utilizzo accorto degli strumenti dell’ecosistema digitale (FSE e IA in primis).
L’uso di tecnologie avanzate basate su soluzioni di IA è fondamentale quale supporto alla diagnosi clinica, all’identificazione precoce delle patologie, alla gestione appropriata delle cure, all’utilizzo oculato e razionale dei farmaci e delle prestazioni sanitarie, alla ottimizzazione dei processi di acquisto dei fattori produttivi, alla semplificazione amministrativa nonché al rafforzamento delle misure anti-corruzione e anti-frodi.
Inoltre, giova ricordare che l’attuazione del PNRR è ormai in fase avanzata e che, entro il 30 giugno 2026 (salvo proroghe), dovranno essere funzionanti le 1038 Case della Comunità, i 307 Ospedali di Comunità dovranno essere pronti e interconnessi, almeno 842 mila nuovi pazienti over 65 dovranno ricevere assistenza domiciliare, ed entro il 31.12.2025, almeno 300 mila persone dovranno essere assistite gli sfruttando strumenti di telemedicina.
Insomma, un appuntamento con la storia, al quale bisognerà giungere con la consapevolezza che il sistema salute nazionale non è più quello di quarant’anni fa, e che, per poterlo governare, occorrono competenze specifiche e, soprattutto, tanta formazione digitale.
Antonio Salvatore
Coordinatore del Dipartimento Salute, Sanità e Assistenza di prossimità – ANCI Campania
Vice-presidente della Fondazione Triassi per il management sanitario